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Soffrire imparando: 66 ore di musica house

Volevamo scoprire quanto ci sarebbe voluto prima che subentrasse la voglia di strapparci le orecchie.

Foto di Jake Lewis

È divertente come la musica diventi e passi di moda, no? E questo vale ovviamente anche per la house—ultimamente a Londra sembra non ci sia altro, e gli anni passati, quelli in cui le discoteche che la mettevano venivano pubblicizzate soltanto sulle radio minori, appaiono come un distante ricordo. Eppure, la musica house rimane un genere capace di dividere in maniera molto netta: da una parte quelli che la giudicano ripetitiva, un’idiozia per senza cervello, e dall'altra coloro che la venerano come una versione tecnologicamente perfezionata del tambureggiare tribale dei nostri antenati, in un’euforica fusione kurzweiliana di uomo e macchina. Normalmente sono i tipi che non riescono a passare neanche il giorno di Natale senza il rumore dei bassi, quindi forse è meglio non prendere ogni loro singola parola come il vangelo.

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Tra tutte le informazioni reperibili sul genere tramite amici e siti internet, però, ce n'era una che nessuno sembrava conoscere: quanta house serve per farti venir voglia di strapparti le orecchie? Lo scorso fine settimana non avevamo particolari programmi, perciò ci siamo accordati per tentare questo glorioso esperimento. Abbiamo deciso di iniziare subito dopo essere usciti dall’ufficio, alle 5 del pomeriggio di venerdì, e finire alle 11 del mattino del lunedì successivo. Sono 66 ore di house, ovvero 506.880 battiti che hanno incessantemente preso a calci i nostri timpani.

Siamo andati a quante più serate house potessimo, ne abbiamo organizzata una noi stessi e usato delle cuffie durante gli spostamenti tra un luogo e l'altro, la doccia e mentre dormivamo. Come parte del nostro processo di ricerca altamente scientifico, ogni sei ore abbiamo provato a registrare il nostro benessere emotivo su un scala delle “vibrazioni” che andava da -10 a 10, per tutta la durata del weekend.

PRIMO GIORNO: VENERDÌ SERA / SABATO MATTINA

Prima ora, 17:00: Questi non sono sguardi concentrati, cari amici, sono l’espressione della completa sottomissione all’inesorabile ritmo clinico che sarebbe stata la nostra realtà per i tre giorni successivi. Fun fact: con la musica house a ripetizione, anche il semplice scroll dell'homepage di Facebook ti fa sentire in un film adolescenziale anni Novanta sugli hacker (tutti sanno che tutti gli hacker ascoltano techno).

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Terza ora, 20:00: Mentre eravamo sulla via verso la nostra prima tappa, l’house non era ancora diventata ripetitiva. Non vedevamo l'ora di poterci strappar via le cuffie e lasciare che il beat ci ingoiasse interamente. Sulla metro, Matt ha anche scoperto di non riuscire minimamente a sentire chiunque gli rivolgesse la parola, come sono sicuro avrete notato in questa sua foto, dove si comporta come se fosse un cacchio di turista australiano. Ma al diavolo le persone reali, tutta la comunicazione di cui avevamo bisogno era quella di Kyle Hall.

Quarta ora, 21:00: Siamo arrivati in discoteca, ed entrambi eravamo ancora abbastanza in alto nella nostra scala delle "vibrazioni". Ma sapevamo benissimo di non essere allo stesso livello di questo tizio, che continuava a ridere talmente tanto da mostrare a chiunque i suoi denti del giudizio.

È stato allora, forse richiamato dall'atmosfera di gioia, che ha fatto la sua comparsa il produttore house scandinavo Santos Klauss. Ci ha detto che era arrivato con il suo spazzaneve perché aveva sentito che l’evento sarebbe stato intasato.

Ottava ora, 01:00: Non so quanta fiducia possiate riporre in questa registrazione oraria, perché il tempo aveva già cominciando a non avere più senso. Ma ad un certo punto dopo mezzanotte, questa mantide delirante è avanzata lentamente verso di noi, battendo le mani con un'aggressività preoccupante. Probabilmente è ancora là fuori da qualche parte—avrà abbandonato gli occhiali senza lenti, e starà vagando per Brick Lane con un mix di sei ore di Roger Sanchez in loop a fare da colonna sonora alla sua discesa verso la follia.

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È stato allora, con altre 58 ore da passare con la house e l’ansia che cominciava ad insinuarsi, che sono comparsi i primi dubbi: avremmo fatto la sua stessa fine?

Nona ora, 02:00: Dopo che ci hanno offerto uno shot di MDMA (si beve prima o dopo tequila e limone? Me lo dimentico sempre) e abbiamo scattato qualche foto con gente sbronza, abbiamo lasciato il primo locale e ci siamo diretti a Vauxhall per andare a sentire Deadboy, Dark Sky, MJ Cole  e Loefah.

Non annoiatemi scrivendo stronzate del tipo “questa non è house” nei commenti, perché se insistete con quel fare da secchioni piagnucolosi non avremo nessun'altra scelta se non cambiare il nome in “66 ore di EDM”. E sapete benissimo che non sarebbe lo stesso.

Undicesima ora, 04:00: Non so se dalla foto si capisce, ma non appena siamo arrivati al secondo locale, siamo istantaneamente diventati gli sbronzi idioti senza maglietta di cui ridevamo fino a pochi minuti prima. Le incessanti vibrazioni di ottimismo emanate dalla house avevano cominciato ad alterare la nostra chimica. Eravamo ai primi stadi di una trasfusione di cinismo, ma a questo punto non ci importava: eravamo dall'altra parte dello specchio. La musica era di gran lunga migliore e avevamo dimenticato del tutto il terrificante  incontro con la donna-mantide. Non riusciamo a ricordare di un momento in cui non stessimo muovendo un arto e speravamo che il giorno non arrivasse mai più.

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Ah, l'area fumatori: l’apice sociale delle discoteche moderne, un posto dove ti puoi rilassare e parlare con altre persone di bell’aspetto che, per ragioni reali o chimiche, sono estremamente felici di essere nello stesso posto in cui sei tu quella sera. O un posto dove ti puoi sedere da solo ad ascoltare musica dalle cuffie e sembrare un coglione.

Già che siamo in tema coglionaggine, un inaspettato trend emerso durante la nostra ricerca era che la quantità di vestiti che Matt indossava era inversamente proporzionale alla quantità di ore di house che aveva ascoltato. Quando gli abbiamo chiesto di indossare dei vestiti, l’unica cosa che è riuscito a dire è stata, “I bassi sono i miei vestiti, vieni qui e fai scorrere le tue dita lungo queste vibrazioni.” Per fortuna questa ragazza era dell’umore giusto per seguire alla lettera il suo suggerimento.

Dodicesima ora, 05:00: Se c'è qualcosa che abbiamo imparato in 12 ore di house, è che una prolungata esposizione ad essa compie un ottimo lavoro nell’attaccare il midollo e spegnere l’intera centrale del sistema nervoso. Francey si è dovuto sedere per un po’ mentre contemplava il fatto che probabilmente le sue gambe non avrebbero mai più funzionato.

Tredicesima ora, 06:00: Per fortuna la security era a portata di mano per scuoterlo e rimetterlo in piedi.

Diciottesima ora, 11:00: Dall'area fumatori abbiamo iniziato a notare che la gente del resto di Londra si era svegliata per il brunch e i bar della zona avevano cominciato a riempirsi. Così abbiamo finito la serata e siamo andati a casa. “The Whistle song” non è esattamente la canzone che metterei nella mia “playlist per il sonno”, seguita da Harold Budd e “Cucurucucu Paloma” (sul serio, la prossima volta che siete svegli alle 6 del mattino perché avete forzato il vostro cuore a diventare un acceleratore di particelle, provate ad ascoltarvi almeno l’ultima). Nessuno di noi era impaziente di provare a dormire con su le cuffie, e a quel punto eravamo abbastanza in basso nella scala delle vibrazioni.

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SECONDO GIORNO: SABATO SERA / DOMENICA MATTINA

Ventiquattresima ora, 17:00: Ci siamo entrambi svegliati con l’emicrania, non vedendo l’ora di toglierci le cuffie e regalare ai nostri vicini un sabato musicale di quella house che si sente solo nelle pubblicità di macchine tedesche o nel foyer dei bordelli.

Entrambi abbiamo sviluppato velocemente il nostro meccanismo di difesa per trovare un’apparenza di sanità nella nebbia del groove  4/4. Matt si è tolto la camicia e ha cominciato a cucinare…

Mentre Francey ha preso degli analgesici ed è uscito a comprare una cassa di birra.

Ventisettesima ora, 18:00: Suppongo fossimo entusiasti all'idea di uscire—di nuovo—ma il mal di testa stava veramente abbattendo il livello delle vibrazioni. Avevamo bisogno di più alcool, così abbiamo inventato il “glow-mojito”, con cui abbiamo iniziato a fare dei gargarismi.

Ventinovesima ora, 22:00: Per raggiungere i livelli di accuratezza scientifica da liceo desiderati, è stato deciso che probabilmente avevamo bisogno di un punto di vista esterno, qualcuno che potesse essere completamente oggettivo. Va sempre bene ascoltare le parole di coloro che hanno sperimentato qualcosa di prima mano, ma se lo facessimo sempre, finiremmo col credere a quei pazzi fondamentalisti cristiani della tv americana che affermano di esser stati testimoni dell’aldilà.

Quello di cui avevamo bisogno era un osservatore, un esperto imparziale che potesse riconoscere la differenza tra la house e un singolo di Fat Boy Slim. Tutti gli indizi sembravano condurre a Clive Martin, che forse ricorderete per il suo illuminante articolo sui cocktail casalinghi a base di collutorio, pastiglie per la gola e crema idratante. Sì, esatto, proprio lui.

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“Mi sono diretto verso la casa dell’house con intrigata trepidazione e uno zaino pieno di birre. Sarebbe stata una delusione? Stavo per andare da una coppia di ragazzi che giocavano a Fifa e che ondeggiavano la testa a ritmo di "The Rockafeller Skank?” O stavo per esser messo al corrente di un rivoluzionario test psicologico? Sarebbe stato un esperimento degno dei metodi di tortura da prigione, o solo una scusa per farsi un carico di pillole e alcolici tutto spesato?”

“Entrando nel campo base, era chiaro che ci fosse qualcosa di strano. L’atmosfera non sembrava oppressiva o traumatica come temevo. Al contrario, era intensa. Tutti erano con gli occhi spalancati, impazienti di conoscere nuovi amici e di ascoltare la vita degli altri mentre l’impianto audio mandava bassi in sottofondo. Avevano forse raggiunto quello stato di euforia libero dalle droghe di cui tutti hanno sentito parlare, ma che nessuno ha mai sperimentato in prima persona?"

“Ho fatto qualche test e nel complesso sembravano a posto (a parte per qualche traballante incertezza alfabetica). Ma era solo il secondo giorno. Questo era un pit stop; l’intervallo. Mi sono consolato con la consapevolezza che d lì in poi sarebbe soltanto potuta peggiorare."

Trentesima ora, 23:00: Presa la metro siamo rapidamente saliti lungo il grafico delle vibrazioni. Qualcuno si era portato dietro del sapone per fare le bolle e un gigante… coso spara bolle, e noi ci siamo impegnati a trasformare la Central Line in una specie di paese delle meraviglie psytrance.

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Trentaduesima ora, 01:00: Appena entrati nel locale, la sindrome della mantide ci ha consumato immediatamente. Eravamo diventati la house. Alcune persone scelgono la vita; noi abbiamo scelto qualcos’altro, abbiamo scelto la house. Ogni volte che il dj cambiava leggermente melodia, ci sentivamo delle persone nuove. Nuove persone-mantidi completamente perse.

Trentaquattresima ora, 03:00: Nonostante il locale in cui ci trovavamo ci fosse sempre sembrato un posto per turisti con un cibo schifosissimo, è qui che abbiamo toccato il punto più alto della nostra scala. Eravamo bloccati in un momento sospeso, con un equilibrio perfetto su un filo delle vibrazioni altamente tirato e teso, tra un passato a cui non potevamo tornare e un futuro che sapevamo di dover raggiungere.

Quarantesima ora, 09:00: Per combattere gli effetti distruttivi di 40 ore di house, è importante mantenere il cervello attivo leggendo della buona letteratura, coinvolgente e divertente. Al contrario, il miglior modo per naufragare miseramente è far sì che una ragazza vi legga la biografia di Chris Evans. Niente mi spedisce direttamente nella mondo dei sogni come ascoltare di quella volta in cui Gazza e Noel Gallagher hanno lanciato il cane di Jimmy Five Bellies giù da un ponte.

Eravamo molto orgogliosi di noi stessi. Nonostante qualche momento incerto la mattina, fino a quel punto il fine settimana era stato fantastico. Le cose sarebbero solo potute andare meglio il terzo giorno, no?

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TERZO GIORNO: DOMENICA / LUNEDÌ MATTINA

Quarantaquattresima ora, 13:00: Merda, forse no. Quando Matt si è svegliato sofferente per i 400.000 beat che aveva in testa, era chiaro che la sua un tempo acuta mente lo aveva ormai abbandonato. I nostri mal di testa erano peggiorati, e la scala delle vibrazioni stava toccando i punti più bassi. Dovevamo far sbronzare Matt e farlo entrare in una discoteca il più presto possibile. Ci siamo rifugiati in uno di quei locali aperti fin dal pomeriggio, popolato esclusivamente dal personale e da individui lasciati dalla propria metà, ma non ci importava: la nostra priorità era fare in modo che gli occhi di Matt tornassero a puntare nella stessa direzione.

Quarantaseiesima ora, 15:00:  Se non avete mai fatto irruzione alla console di un dj alle tre di domenica pomeriggio, allora non avete mai vissuto. E probabilmente neanche capite realmente cosa significhi la house per le ribollenti, tragiche e disperate masse che ogni settimana fanno il loro pellegrinaggio in posti come questo.

Cinquantaquattresima ora, 23:00:Mentre il resto della Gran Bretagna concimava i propri cervelli con X Factor e il letargo da arrosto della domenica, noi eravamo ancora nella house. Per Francey, un ragazzo della vecchia religiosa Belfast, l’esperienza di far festa di domenica sera è sembrata così esclusiva che ha cominciato a credere di essere tra gli Illuminati.

Sessantesima ora, 05:00: Matt sembrava avere un aspetto migliore. Non ha più detto una parola dopo la cinquantacinquesima ora, così non potevamo dire se stesse ballando nel sonno o fosse semplicemente ubriaco, ma sicuramente il fatto che non potessimo più vedere i suoi occhi ha fatto sentire meglio tutti quelli che gli stavano intorno.

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Sessantunesima ora, 06:00: Il nostro ultimo evento era in un locale che sta aperto fino alle 11 del mattino e ha una piscina. E questo dovrebbe rendere l'idea. Ci fanno per lo più feste di addio al nubilato o per ex galeotti. La musica era orientata sui remix di Rihanna, la piscina era chiusa e le vibrazioni stavano precipitando.

Nonostante ciò c’era un numero sorprendentemente alto di persone—persone per cui tremare dal freddo accanto a una piscina di una discoteca di Shoreditch alle 6 di lunedì mattina era apparentemente una cosa normalissima.

Sessantaduesima ora, 07:00: La serata si chiamava “Can’t Stop, Won’t Stop”. Ma nel caso di questo tizio, sarebbe stato meglio un “Can’t Stop, Won’t Stop, Really Fucking Should Stop”.

Sessantaquattresima ora, 09:00: Anche per noi era il momento di uno stop.

QUARTO GIORNO: LUNEDÌ

Sessantottesima ora, 13:00: Abbiamo continuato a dormire nonostante le nostre sveglie suonassero—i bip e i beat elettronici erano la normalità per noi a quel punto, e una miserabile frazione di un bip non ci avrebbe fatto muovere. Così, la nostra maratona house si è inavvertitamente prolungata fino alle sessantottesima ora. Quando ci siamo finalmente svegliati, eravamo entrambi al punto più basso mai registrato. L’house ci aveva fottuto il cervello più di quanto i Pendulum abbiano fottuto la drum ‘n’ bass.

Sessantanovesima ora, 14:00: Ci siamo concessi una doccia rigenerativa di mezz’ora e abbiamo provato a riassemblare i nostri cervelli. Ma non abbiamo smesso di ascoltare house. Fanculo, eravamo andati oltre e non avevamo intenzione di fermarci. Walter Jones stava suonando in bagno, e noi ci sentivamo come se avessimo raggiunto la parte colpevole di uno squallido appuntamento segreto del fine settimana. Ci sentivamo come se avessimo scopato l’uno la ragazza dell’altro.

Settantesima ora, 15:00: Era l'ora di iniziare la nostra settimana lavorativa.

Siamo arrivati alla conclusione che la musica house diventa esponenzialmente migliore quanto più l’ascolti, e dà sempre maggiore dipendenza. Cominci a venerare il DJ e a desiderare ardentemente piccoli cambi, cosa che potrebbe spiegare la follia che affligge la scena house ogni volta che emerge un nuovo sottogenere. Ah, già, ti vengono anche dei fortissimi mal di testa.

Durante i due giorni successivi abbiamo dovuto svezzarci dal suono che aveva cooptato i nostri battiti cardiaci spostandoci prima sulla minimal techno (il metadone della dipendenza da house), e poi gradualmente al silenzio. Ai suoi apici, questo è stato uno dei migliori fine settimana delle nostra vite. Ai punti più bassi è stato come se fossimo stati trapanati da David Morales.

Se ti sei ubriacato o drogato così tanto da non riuscire più a provare emozioni, qui c’è il nostro week end riassunto in dati numerici su quel famoso “grafico delle vibrazioni” di cui parlavamo all'inizio.

HOUSE IS A FEELING Y'ALL