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Música

Kyary Pamyu Pamyu è la pop-star del futuro

Se solo il futuro fosse una convention di cosplay totale.

Nakata Yasutaka è uno dei produttori musicali più famosi in Giappone: oltre che dei capsule, la sua band di electro sempre più acida, è responsabile di tutti e tre gli straordinariamente artificiali album electro-pop delle Perfume e di alcune altre produzioni estemporanee per altrettante aidoru giapponesi (cantanti da un disco, clamore e via).

L'evoluzione musicale di Nakata Yasutaka, un omino tinto di biondo che veste solo di pelle nera e magliettine attillatissime e che senza occhiali da sole non sembra nemmeno un essere umano, è in poche parole questa: proveniente dalla scena musicale di Tokyo cosiddetta Shibuya Kei, ha trasformato i suoi capsule da duo jazz-lounge pseudo-sofisticato in un duo electro-pop in prima battuta, e in un duo electro e basta, con forti venature techno, negli ultimi album. Appena i capsule hanno avuto riscontri commerciali (ovvero quasi subito) ha cominciato a produrre dischi per altri con la stessa scioltezza con cui ci si fa un aperitivo. Con la specifica che per ora non ne ha sbagliato uno.

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Le Perfume, tre ragazzine di Hiroshima uscite dalla ASH (Actor's School Hiroshima), una specie di fucina di popstar, hanno raggiunto il primo posto delle classifiche giapponesi con il loro album d'esordio del 2007, Game, cosa che non capitava a un disco di elettronica dai tempi degli Yellow Magic Orchestra di Sakamoto, e poi altri due album di enorme successo e interi tour sold out in pochi giorni nei palasport più importanti del Paese. Ho avuto la fortuna di assistere a un concerto delle Perfume alla Osaka-jo Hall: pubblico trasversalissimo (dal nerd arrapato alla ragazzina al bancario all'iper gay che conosce a memoria ogni mossa dei complicatissimi balletti sincronizzati delle tre), un'atmosfera da evento del futuro con laser e luci accecanti, e loro tre, letteralmente idolatrate, al centro di un palco immenso su cui ballano e cantano in un semi-playback robotico i loro pezzi disumanamente pop e sintetici, che fanno sembrare gli anni Ottanta il sogno fantascientifico di una pecora elettrica.

Ultimamente Nakata Yasutaka ha aggiunto al suo carnet una ragazzina diciannovenne di Harajuku—il noto quartiere di Tokyo dove si inventano tendenze e stili troppo fantasiosi per tradursi in realtà—diventata famosa un po' come la nostrana Clio col make-up: partendo dalla popolarità derivatale dal suo seguitissimo blog sulla moda ha subito pensato di creare una linea di sopracciglia finte. Tutto questo da ancora minorenne.

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Lei si chiama Kyary Pamyu Pamyu—incredibile che i discografici le abbiano concesso un nome del genere ma va be', è il Giappone, e ancora più incredibile che il suo nome d'arte per esteso sia Caroline Charonplop Kyary Pamyu Pamyu—e per ora ha all'attivo una manciata di singoli e qualche video, numerose apparizioni televisive, un fan club di imminente creazione e un tour nazionale che partirà il 2 giugno da Osaka.

Per parlare di cosa faccia è essenziale esaminare i suoi video. Prendiamo ad esempio il penultimo, "Tsukematsukeru", titolo che giustamente non significa nulla e il cui relativo brano è stato scritto, prodotto e quant'altro dal suddetto Nakata Yasutaka. Kyary è in parrucca bionda su un trono vestita da regina pazza, davanti a due uomini mascherati da leoni che sembrano paralizzati ma che poi cominciano a ballare isterici. Accanto a lei tentacoli di pongo decorati da simil-fiori, e alle sue spalle un colonnato digitale in sobrio stile gallo-romano-kitsch à la mondo alieno di Star Trek. A un certo punto alle sue spalle spunta un enorme libro arcano su cui compaiono i disegni di Rorschach ma più squadrati e fluidi, tipo quelli del cappuccio del personaggio di Watchmen, poi figure geometriche in stile Miró, linee e bolle, stelle, eccetera. Poco dopo ritroviamo Kyary a ballare con gli ex-leoni-ora-volpi, conciata così: un enorme fiocco rosa in testa, un toppino viola che le sottolinea le tette con due ciglione finte, una gonna fatta di buste di caramelle colorate. Il video prosegue sfidando la più sfrenata immaginazione di chiunque (pianeti, galassie, fari, lastre di ardesia) e si conclude col ritorno del libro, che svolazzando la mangia. È un cortocircuito totale neanche della comunicazione, ma proprio di segni e simboli che evocano tutto.

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Giusto un accenno al suo video precedente, quello di "PON PON PON", che è meno escatologico e spaventoso ma più estremo in un citazionismo di pop art talmente assoluto da essere finto. Ecco tre elementi a caso delle migliaia che compaiono nel clip: Kyary con una scultura in testa fatta di pesci, uva e arti di bambole; ballerine grasse con la faccia viola ad alveare circondate da guantoni da pugile; una papera celeste con striature dorate e una corona fatta di proiettili e l'occhio a pallone da calcio.

Ma è il suo video più recente, tutto sommato il più sobrio dei tre, quello di "CANDY CANDY", a offrire una chiave di lettura interessante di ciò che fa Kyary Pamyu Pamyu, o meglio dell'idea di finzione totale che propugna inconsciamente. C'è uno studio televisivo dove quattro ballerine con la faccia numerata aspettano che cominci la canzone. Intanto vediamo Kyary vestita come al solito (?) correre al ralenti con una fetta di pane in bocca. Passa anche davanti a una Fiat Panda, e a questo punto non abbiamo modo di sapere se sia un caso o no, dato che è lo stesso. Quando Kyary raggiunge lo studio televisivo comincia un “normale” balletto da trasmissione generalista, con la differenza che qui la finzione è svelata: vediamo il retro del palco e i faretti (spenti). Nei secondi successivi entriamo e usciamo dal set—a momenti sembra che non esista altro che lei in un mondo infinito tutto rosa, com'è normale quando la finzione scenica è efficace, e altre volte vediamo porzioni dello studio spoglio e in penombra. Poi lei si sposta davanti a uno schermo verde per il chroma key (con un lecca-lecca a forma di cuore in mano) e da lì rientriamo nel suo solito sterminato mondo digitale di cipolle parlanti a cui lei spara con un mitra dipinto di rosa. Ma proprio quando pensiamo di essere al sicuro, di nuovo liberi senza alcun punto di riferimento “reale”, torna lo studio televisivo, con i carrelli e i faretti, il pezzo che finisce e lei che smette di ballare e sembra dire qualcosa a qualcuno.

Fermo restando che, come già detto, andare a pescare la citazione precisa in questi video è ridicolo, viene comunque in mente un capolavoro giapponese del 1967, Evaporazione dell'uomo di Imamura Shohei. Una troupe televisiva parte per un villaggio nel nord del Paese per fare un documentario su un uomo scomparso, forse volontariamente come succede talvolta in Giappone. Vediamo interviste ai famigliari e agli amici dello scomparso all'interno del documentario, mentre i commenti dell'autore, le sue difficoltà con la materia trattata, ci vengono mostrate come outtake, dei fuori onda. Man mano ci accorgiamo però che c'è del tenero tra lui e la moglie dello scomparso, il che ci viene rivelato lentamente e con tocchi leggeri, quasi impercettibili. Arriviamo a credere che i due si siano innamorati finché, all'improvviso, durante una scena particolarmente intensa, l'inquadratura cambia e li vediamo ripresi dalle telecamere, con i microfoni e gli operatori al lavoro, e capiamo che anche i fuori onda, cioè la parte “reale” del film, sono una messa in scena. E a quel punto viene da farsi delle domande, le stesse che sorgono spontanee dopo avere visto le creazioni di Kyary Pamyu Pamyu: cosa è davvero comparso su quel video? Cosa sono le immagini? Cosa abbiamo guardato per quasi due ore? Domande che non hanno risposta, in quanto si completano in se stesse.

(Se volete cercare i suoi video su YouTube, il suo nome si scrive così: きゃりーぱみゅぱみゅ)