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Abbiamo chiesto ai parigini cosa pensano dell'attacco a Charlie Hebdo

Il giorno dopo l'attacco alla redazione di Charlie Hebdo siamo andati in giro per Parigi a chiedere ai passanti, musulmani e non, cosa pensavano dell'attacco, e se si sentivano in pericolo.

Mercoledì 7 gennaio, attraverso l'uccisione di 12 persone, la libertà d'espressione e i valori repubblicani francesi sono stati colpiti in pieno, facendo calare sull'intera città un clima glaciale.

Tenendo conto del dibattito sollevato in Francia, tanto sul valore della libertà di espressione quanto sulla crudeltà di simili atti, siamo andati a chiedere ai parigini cosa pensano dell'attacco, e se da oggi si sentono in pericolo.

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Ryan, 23 anni

VICE: Come ti sei sentito dopo aver saputo di Charlie Hebdo? Hai subito pensato a un attacco terroristico?
Ryan: Non ci credevo, pensavo non fosse vero. Era una cosa troppo pesante: armi d'assalto, kalashnikov… Quando poi è uscita la notizia sui giornali e hanno iniziato a circolare i video mi sono chiesto perché. Abbiamo già abbastanza problemi, problemi di odio verso l'altro. Non era necessario, più che paura ho provato molta desolazione.

Sei musulmano?
Sì, sono di famiglia musulmana. La cosa che mi rattrista di più è che, su tutta la popolazione francese, un terzo o giù di lì ha chiamato in causa la religione. Sappiamo bene che non è così: nessuna religione dice di uccidere. Ed è ancora più triste doversi giustificare per le azioni di una minoranza, e di vedere tante persone farsi catalogare.

Pensi che ci sarà un "prima di Charlie Hebdo" e un dopo?
Vedere i "Je suis Charlie" su Facebook mi fa un po' sorridere. Bisogna tenere a mente che è una rivista indipendente che è nella merda a livello finanziario. Sono in pochi nella stampa a sostenerla. È brutto dirlo, ma lo spirito del giornale non c'è più. Ma un prima e dopo, non credo se ne possa parlare in questi termini. Siamo in questa situazione da anni. Quello che è successo è gravissimo, tutto sta nel capire come sarà questo "dopo" e come si evolveranno le cose.

Charles: Ero in giro con degli amici, e ho saputo che c'era stata una sparatoria, ma non avevo capito fosse successo a Parigi. Quando siamo tornati a casa la mamma di un mio amico l'ha chiamato per dirgli di non uscire. È stato allora che ho capito che la situazione era seria.

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Hai avuto paura?
Un po', non sapevo bene che fare, così sono rimasto in casa. Ma non ero troppo preoccupato.

E a scuola, ne avete parlato?
Quando sono arrivato a scuola ho visto che alcuni miei compagni di classe avevano fatto una specie di barricata con dei secchi della spazzatura; volevano approfittarne per non fare lezione. A mezzogiorno abbiamo fatto un minuto di silenzio, e ne abbiamo parlato un po' in classe, per discutere della libertà di espressione. Alcuni prof. però hanno evitato del tutto l'argomento.

Ci sarà un "prima di Charlie Hebdo" e un dopo?
Karina : Questa cosa è servita a farci prendere coscienza del significato della libertà di espressione, e a farci capire che le cose possono cambiare in un istante. Per quanto riguarda la stampa, però, non saprei.

Kaï, 24 anni, e Julien, 26

Julien: Ero al ristorante. Avevo sentito qualcosa, ma non ero informatissimo. Poi i miei amici mi hanno spiegato che c'era stato un attacco armato.

Cosa hai pensato dopo?
All'inizio, come ti dicevo, non avevo capito si trattasse di Charlie Hebdo, né che l'attacco era stato una specie di risposta diretta alle, chiamiamole così, azioni oltraggiose dei suoi giornalisti e vignettisti contro le religioni. Informandomi sui social network ho iniziato a mettere insieme i pezzi, e poi ho visto il video del poliziotto. Quello mi ha gelato il sangue.

Kaï: Io non ero lontano da lì. Ho ricevuto un messaggio ma non ho capito subito, né ho avvertito quel clima di terrore che regna in città.

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In questo miscuglio che è stato fatto tra islam e islam radicale, cosa ci aspetta?
Le cose peggioreranno, e già prima non andavano benissimo. Il Front National ha immediatamente approfittato della situazione. C'è già paura, anche se finora non aveva ancora toccato la Francia: Australia, Spagna, Regno Unito. E ora non diminuirà di certo. Ma chi è stato abbastanza intelligente da fare le dovute distinzioni le altre volte lo farà anche in questa occasione; me lo auguro. Si sta facendo un po' troppo il lavaggio del cervello.

Thomas, 27 anni, e Charlotte, 28

Quando avete sentito di Charlie Hebdo avete subito pensato a un attentato?
Charlotte: No, affatto. L'abbiamo letto su internet, e solo dopo aver raccolto più informazioni possibili abbiamo fatto il collegamento con un atto terroristico. Sapevamo che dal 2011 il giornale era già stato oggetto di attacchi. All'inizio le informazioni erano molto confuse, ma quando sono usciti i nomi dei vignettisti abbiamo capito la portata della faccenda.

Cosa pensi di ciò che si sta dicendo in queste ore sull'Islam?
Speriamo che la situazione non peggiori, ma è certo che alcuni partiti hanno trovato in fretta il modo di strumentalizzare l'accaduto e alimentare la confusione. Spero che i francesi avranno l'intelligenza di preferire la riflessione all'odio.

Maud, 20 anni, studentessa in una scuola di teatro

Maud: L'ho saputo appena sono uscita da lezione, si sono tutti attaccati al cellulare. Alcuni piangevano. Hanno subito parlato di attentato, quindi non mi sono posta troppe domande su quell'aspetto.

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Secondo te la comunità musulmana subirà delle pressioni?
Diciamo che molti hanno già puntato il dito. Ma la maggior parte dei politici fa sì che l'estremismo non venga confuso col resto. E lo stesso si può dire dei rappresentati religiosi. Ovviamente una parte della popolazione farà il collegamento, ed è triste che succeda. Ma l'aver visto la reazione del paese e del resto del mondo mi restituisce un pochino di fiducia. C'è chi si batte, e spero continui a farlo.

Secondo te in Francia ci sarà un prima e un dopo in materia di libertà di espressione?
È difficile stabilirlo adesso. È un fatto che inciderà di sicuro sul giornalismo. Spero che incida anche sulla gente comune, che ci si batta per la libertà di espressione senza guardare solo ai fatti propri.

Non pensi che potrebbe esserci anche un effetto inverso, che si ricorra all'autocensura?
No, affatto. Anzi, credo che questo fatto spingerà tutti quanti a dar voce alle proprie opinioni. O almeno, lo spero. Hai due possibilità: puoi avere le armi, ma noi abbiamo le nostre matite.

Cédric, 27 anni

Cosa stavi facendo quando hai saputo dell'attacco?
Stavo guardando la tv.

Hai subito pensato a un attentato?
Ho pensato che volevano fare come Mesrine. Non so se siano terroristi o meno. Io pensavo a un regolamento di conti con la rivista, con la redazione. Volevano difendere le loro credenze, che non so quali siano.

Quale sarà la portata reale di questo fatto, secondo te?
Penso che la situazione dei musulmani si sistemerà, non credo che per il momento le cose peggioreranno. È come per la storia di Mohammed Merah, sono tappe della storia del paese, ma ovviamente non so cosa succederà di preciso. In tutto questo, ovviamente per i musulmani la situazione non è delle più semplici. È stato indicato fin da subito come un atto terroristico per mettere in piedi tutte le misure che potrebbero, un domani, limitare la libertà di culto. Per calmare le acque si vuole dimostrare che la situazione è sotto controllo. C'è molta confusione, e la realtà dei fatti è un'altra.

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Hassan, 47 anni

Quando hai sentito la notizia hai capito subito che si trattava di un attentato?
Hassan: Sì. Pensavo che di lì a poco ci sarebbero state anche delle esplosioni. È una situazione molto grave. Sono musulmano, ma per me quest'atto non ha nulla della mia religione, che atti del genere li condanna. Abbiamo la fortuna di vivere in Francia, un paese che tutela le libertà di ognuno. Non mi piace che si faccia confusione con la questione religiosa, e non mi piace questa situazione. La nostra religione non dice cose del genere.

Pensi che dopo questo fatto verranno adottate misure più rigide in fatto di sicurezza?
Sì. Da noi, in Pakistan, la situazione è già molto complicata. Cerchiamo di lottare contro gli attacchi con estrema fermezza, e penso sia una buona strategia.

Lana, liceale

Lana: L'ho saputo tramite mia zia, è stata lei a mandarmi un messaggio. Era molto preoccupata.

Anche tu sei preoccupata?
Una cosa del genere, capitata in Francia… ci ha sorpreso. In tutto il mondo si sente parlare di attacchi e attentati, ma questo non è stato un attacco come altri. C'erano degli obiettivi ben precisi, delle personalità, con un simbolo sufficientemente forte per spaventarci tutti. È diverso.

Come avete vissuto la cosa a scuola?
Abbiamo fatto una lezione sul tema, e poi c'è stato il minuto di silenzio.

Di cosa avete parlato a lezione?
Abbiamo parlato del fatto che la Francia è un paese che sostiene la libertà, l'uguaglianza e la fraternità, del fatto che abbiamo il diritto di esprimerci liberamente. E lo stesso vale per i giornalisti. Non è stato un dibattito, ma più una discussione. L'idea era di insistere sull'importanza di questa giornata.