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Aggiornamenti dalla Siria, seconda settimana

Continua la rubrica più nera della storia attuale.

Attenzione: i video all'interno del post mostrano cadaveri e corpi gravemente feriti.

L’Esercito Siriano Libero sa cosa vuole e quanto è disposto a fare per ottenerlo

È passata una settimana dal nostro ultimo aggiornamento sulla Siria, e la situazione non è affatto migliorata. Da una parte, le ripetute condanne della violenza da parte dei capi di Stato occidentali sembrano non avere effetto; dall'altra, Cina e Russia, le due alleate della Siria, hanno apertamente appoggiato il regime e invitato a "dialogare" con l'opposizione. Questa mossa è stata considerata dai più una tattica dilatoria, adottata nella speranza che il presidente Asad possa fermare la rivolta prima che essa degeneri in una devastante guerra civile, fatto che impedirebbe loro di supportarlo ulteriormente—o di vendergli armi, munizioni e carburante per miliardi di dollari.

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Proprio la mancanza di carburante causata dalle sanzioni potrebbe del resto rivelarsi un fattore determinante per il collasso del regime. Come riportato in un servizio della BBC, Faisal al Qudsi, un investitore nel settore privato in Siria, ha affermato che le rivolte hanno distrutto il turismo e, unite alle sanzioni sulle esportazioni, causato una drammatica riduzione del PIL nazionale. Al Qudsi ha inoltre sostenuto che il regime militare potrà durare al massimo altri sei mesi prima che “milioni di persone si riversino nelle strade.” Nonostante si tratti di segnali incoraggianti per la buona riuscita della rivoluzione, ultimamente nulla è cambiato. A livello umanitario, la situazione rimane allarmante, e il simbolico invio da parte del Regno Unito di materiale sanitario per un totale di 2 milioni di sterline lascia il tempo che trova. Il popolo siriano ha bisogno di un intervento su scala più ampia.

Quanto al Governo americano, sembrano aumentare le voci a favore di un intervento nel Paese mediorientale: la scorsa domenica, i due senatori repubblicani John McCain e Lindsey Graham (entrambi membri della Commissione Forze Armate del Senato statunitense) hanno dichiarato: “Esistono modo per armare i ribelli senza che gli Stati Uniti siano direttamente coinvolti. Iraq e Russia stanno procurando armi a Bashar al-Asad. La gente che sta morendo massacrata ha il diritto di difendersi da sola.”

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La situazione rimane critica per la popolazione di Homs, che da ormai 18 giorni sta vivendo continui bombardamenti, sparatorie e assassini. Lunedì mattina è giunta notizia dell’arrivo di rinforzi militari da Damasco, e gli attivisti temono un attacco via terra che potrebbe “radere al suolo Bab Amr.” Ecco cosa hanno riportato gli attivisti con cui siamo in contatto:

“Homs: sono doglie o è l’ultimo respiro?”

“Sono ormai 18 giorni che i violenti attacchi su Homs, specialmente su Bab Amr, continuano ininterrotti. I bombardamenti si fanno ogni giorno più intensi e la distruzione aumenta.”

“La situazione umanitaria di Homs rimane preoccupante, specialmente nell’area di Bab Amr. Abbiamo notizia di numerosi casi di disidratazione tra i bambini per effetto della mancanza di cibo e acqua.”

“Si dice siano state impiegate armi chimiche e molotov.”

“Le forze di Asad stanno utilizzando nuove armi, alcune delle quali sono in grado di bruciare vive o incenerire le vittime. Non sorprende che un regime deciso a sterminare un’intera città si stia servendo di armi di questo genere, ad esempio chimiche. Per proteggere i fedelissimi, il regime potrebbe aver lasciato trapelare informazioni sull’impiego di armi chimiche, in modo da avvertirli e dare loro il tempo per allontanarsi dalle zone che potrebbero essere colpite.”

“Inoltre, Abdelsalam Ahmad Abdelrazzakm, un ex comandante esperto di armi chimiche che ha recentemente abbandonato l’esercito di Asad, ha dichiarato che le forze del regime stanno utilizzando gas velenosi e proibiti a livello internazionale sotto la supervisione di esperti iraniani e russi, che decidono quando e dove questi possano essere usati.”

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“I rinforzi militari continuano ad affluire in città secondo dinamiche che suggeriscono un'intensificazione dell'assedio in preparazione all'invasione vera e propria.”

“È praticamente impossibile trovare cibo, medicinali o attrezzature mediche. Tutte le comunicazioni sono interrotte e la corrente elettrica manca per la maggior parte della giornata.”

A Homs proseguono gli omicidi mirati, portati avanti dagli shabiha [miliziani a supporto del regime] e le unità operative dei mukhabarat [servizi segreti] nei confronti dei rivoluzionari e di chiunque sia sospettato di aver aiutato un manifestante ferito. Come mostrato da questo video, gli attacchi sono brutali e crudi.

La scorsa settimana, uno degli oleodotti di Homs è stato distrutto dalle forze del regime, anche se la tv di stato ha parlato di "terroristi armati." In ogni caso, l'attacco si è rivelato una sorta di autogol, dal momento che l’oleodotto forniva petrolio alla capitale Damasco, e a tutto il sud della Siria. Da quanto traspare, il regime si trova in una condizione disperata.

Homs non è stata l’unica città a essere stata attaccata la scorsa settimana. Anche città come Hama, teatro del famoso massacro del 1982, sono state assediate dai carri armati e bombardate, causando molte vittime e numerosi feriti.

Zabadani, per qualche tempo sotto il controllo dell’Esercito Siriano Libero, è stata invasa e bombardata da carri armati e probabili armi chimiche in seguito alla rottura della tregua da parte del regime. I residenti temono che la città possa presto diventare “un’altra Homs”:

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“Questo è un SOS da parte di decine di migliaia di civili disarmati che si trovano già in condizioni umanitarie estreme. Rivolgiamo un appello a tutto il mondo per salvarci dall’imminente massacro. Zabadani sarà un’altra Homs.”

“Alle ore 10 di martedì 14 febbraio, sono entrati nella città centinaia di veicoli con a bordo shabiha (in abiti civili, con lunghe barbe) armati di tutto punto, agenti di sicurezza e soldati della Quarta, Terza e Decima Divisione e della Guardia Repubblicana.”

“Nel brutale attacco sono rimasti uccisi 48 civili, ma 28 cadaveri sono ancora nelle mani delle forze di Asad. Gli altri 20 sono stati bruciati la notte stessa senza nessuna cerimonia.”

“L’esercito di Asad ha utilizzato fumogeni che hanno causato rash cutanei, dolori e bruciori di gola ad alcuni residenti. Il colore del fumo era bianco, tendente al giallo. Un altro tipo di bomba tra quelli utilizzati contiene un metallo arancione che causa rash cutanei e prurito.” In ogni caso, l’Esercito Siriano Libero non ha lasciato la città senza opporre resistenza:

La provincia di Idblib, nel nord della Siria, confina con la Turchia. Gli esperti sostengono il suo territorio sia controllato per un buon 70-80 percento dall’Esercito Siriano Libero. La tenuta delle forze di opposizione armata è stata messo alla prova la scorsa settimana, quando centinaia di carri armati e di truppe del regime sono entrati nelle principali città, circondando e uccidendo i rivoluzionari.

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Lo scorso sabato, mentre un diplomatico cinese era in visita a Damasco, nel quartiere di Mezzeh, non lontano dal centro città, si stava celebrando il funerale di tre manifestanti uccisi dalle forze del regime all’inizio della settimana. Le famiglie dei tre giovani si sono accordate con le forze di sicurezza locali per far sì che non ci fossero canti o slogan di opposizione al regime e che il tutto avvenisse pacificamente. Ma con l’arrivo migliaia di persone da tutta Damasco, il funerale si è presto trasformato in una protesta che ha spinto le forze di sicurezza ad aprire il fuoco, uccidendo altri tre protestanti e ferendone una dozzina. Mezzeh dista poco più di 3 km dal palazzo presidenziale, e la presenza di disordini in quella zona non può che causare al Presidente altri sudori freddi.

Da settimane circola voce che le forze di Asad si servano di scudi umani per proteggere i loro carri armati dai missili dell’Esercito Siriano Libero. Ma questa è la prima prova video che abbiamo:

L’offensiva contro Homs e alter città siriane è costata cara all’Esercito Siriano Libero: dal momento che le loro vie di rifornimento sono state distrutte o rese inagibili, le loro munizioni stanno finendo. E siccome le forze del regime non vogliono intervenire apertamente, preferendo bombardamenti ad ampio raggio e cecchini, l’Esercito Siriano Libero ha serie difficoltà a contrattaccare. Questo motivo li spinge ad adottare tattiche da guerriglia come lo sfondamento dei posti di blocco. Continuano inoltre le diserzioni di massa:

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Dal momento che le rivolte continuano e le probabilità di un intervento esterno sono scarse, il popolo siriano e l’Esercito Siriano Libero dovranno disporre da soli del proprio destino. Si spera che, visto il numero crescente di disertori e sanzioni, si arriverà a un compromesso e Asad sarà costretto a dimettersi. Fino ad allora, e finché continueremo ad aggiornarvi, la rubrica più nera della storia attuale rimarrà attiva.

Qui trovate un’efficace timeline della rivolta, creata dal Guardian.

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