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La routine dell'Alzheimer

Una giornata con mio padre, che ha perso la memoria a causa della malattia.

Circa tre anni fa, a mio padre è stato diagnosticato l’Alzheimer. Dopo una lunga degenza in ospedale e un periodo in due diverse strutture di ricovero, mia madre ha deciso che l’avrebbe portato a casa e curato lei stessa. L’ha fatto nonostante l’avessero messa in guardia; dicevano non sarebbe riuscita a gestirlo da sola—anche con un’assistenza regolare—perché le condizioni in casa sarebbero state troppo deprimenti da sopportare. Volevo sapere di più della quotidianità di una persona che ha nelle proprie mani la vita di un altro adulto, quindi ne ho parlato con lei.

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VICE: Come comincia una tua giornata?

BB: Solitamente mi sveglio prima di LD e mi vesto, e cerco di preparare il caffè e le cose per la colazione. Ma se si sveglia prima lui, lo lavo e lo vesto, e poi faccio il resto.

A che ora si sveglia?

Va a dormire tra le otto e le nove di sera e a volte sta a letto fino a mezzogiorno. Un giorno ero così stanca ed esausta che non l’ho sentito alzarsi, e alle sette di mattina è andato in salotto. Non so come ci sia riuscito, ma è caduto, e quando sono arrivata l’ho trovato per terra, incastrato in una sedia. Ma di solito mi sveglio prima di lui e mi vesto molto in fretta, perché altrimenti mi fissa mentre faccio ogni singola cosa, e mi fa ammattire.

Perché ti guarda?

Perché non ha nient’altro da fare. Mi fissa e basta. E vuole sempre vedere cosa cucino.

So che spesso di notte bagna il letto, anche se indossa i pannoloni. Dopo averlo fatto alzare gli cambi le lenzuola?

Prendo le lenzuola, il pigiama, la canottiera e i calzini e li avvolgo nel rivestimento di plastica che metto per non far bagnare il coprimaterasso. A volte, se lui si sveglia prima di me, si toglie da solo la biancheria. Lo porto in bagno e lo faccio sedere sulla tazza, così da togliergli i vestiti bagnati e pulirlo con delle salviettine.

Devi farlo sedere sulla tazza per vestirlo e svestirlo?

Sì, perché potrebbe averne bisogno. E se non sta male, posso usare le salviettine e pulirlo e mettergli il talco sulla schiena e nella biancheria, così che rimanga asciutto. Oggi era fradicio, si era spogliato da solo e non voleva entrare nella doccia. Non gli piace che gli tolga le mutande, e quando lo faccio mi afferra i polsi. Ho capito che per poterle toglierle devo arrivare da dietro, senza che lui se ne accorga. Mi afferra comunque, ma una volta che l’ho spogliato, si siede sulla tazza. È complicato. Quando mi prende i polsi lo minaccio. Dico, “Te la ritrovi in faccia questa mano, se non mi lasci andare.” [ride] Sa che non lo farò, ma… Mi arrabbio, perché in fondo sono lì per aiutarlo. Cerco di spiegarglielo, “Sto cercando di aiutarti, e tu mi stai facendo male.” È forte. A volte mi lascia i polsi rossi.

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Non capisce che lo stai aiutando.

Vuole fare le cose da sé. È sempre stato così.

Poi quando hai finito con i vestiti…

Una volta che entra nella doccia gli metto lo shampoo. Shampoo per bambini, così non gli bruciano gli occhi. Prima gli davo il sapone e si lavava da solo, ma adesso no, quindi metto i guanti, prendo il sapone nelle mie mani e lo lavo io. Ovviamente mi ritrovo bagnata fradicia. E a lui non piace affatto.

Quindi dopo che è vestito e ha mangiato, cosa fa tutto il giorno? Gira per casa? 

Tutto il giorno, sì. Sposta le cose. Devo assicurarmi che tutte le porte siano chiuse. Oggi, per esempio, quando sono entrata aveva tirato fuori il burro di arachidi e ci aveva infilato dentro due coltelli. Non so perché il frigorifero non fosse chiuso. Ho messo degli elastici che bloccano il rubinetto della cucina perché apriva l’acqua e la lasciava scorrere. Ha staccato la maniglia dalla porta dello studio. Smanetta con qualunque cosa trova finché non la distrugge.

Ma una volta che è pulito e vestito tu puoi più o meno fare le tue cose, giusto?

Devo continuare a controllarlo per assicurarmi che non stia rompendo cose o che non si faccia male. Ma cerco di fare qualcosa ogni giorno, o cucire o altro, perché altrimenti impazzirei. È la prima cosa che ti insegnano al corso per assistenti e badanti. È come la maschera per l’ossigeno in aereo: non la metti prima al tuo bambino, la metti prima tu in modo da poterla mettere a tuo figlio. Se non ti prendi cura di te stesso, non farai del bene neppure a lui.

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Hai notato qualche effetto sulla tua salute mentale?
A volte mi vengono delle crisi di pianto. Arrivo a decidere di non pensare a quello che sto facendo, perché lui mi fa impazzire. È in quei momenti che mi metto alla macchina da cucire, per togliermelo dalla testa. Come diceva Abraham Lincoln, “Ho capito che la maggior parte di noi è tanto felice quanto ordiniamo alla mente di essere.” Quindi ho deciso così: ordinerò alla mia mente di essere felice.

I suoi tentativi di distruggere la pianta in cucina ti hanno causato dei problemi, ma eri determinata a lasciarla lì.
Non voglio che pensi che può distruggere tutto. Voglio che impari. Credo possa fare più di quanto non faccia ora. Immagino sia tutto lì dentro.

Prima passavi ore a cercare di spiegargli chi sei, o chi sono io, e poi alla fine hai cominciato ad accettare il fatto che non avrebbe mai capito.
So che lui non sa chi sono. Sa che sono una persona di cui fidarsi. E a volte mi chiama Barbara. Ma non lo sa. Prima mi infastidiva, ora non più. Lui non può farci niente, e non cambierà. E quando fa… La cosa più divertente [ride] è stata quando mi ha detto… Io ho detto, “Smetti di tamburellare, mi stai facendo impazzire.” E lui mi ha guardato e ha risposto, “Be’, probabilmente è un problema tuo.” Quella volta mi sono fatta delle gran risate. Ha detto una frase razionale, e aveva riflettuto prima di pronunciarla. Quindi so che c’è qualcosa lì dentro, da qualche parte.

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A volte mi chiedo se sta davvero avendo un momento di lucidità quando dice qualcosa di spiritoso, o se è solo un caso.
Se non ci stava pensando, di sicuro sembrava lo stesse facendo. Ma per lo più dice cose senza senso. È arrivato al punto in cui ora se dico “Hai fame?” lui non sa cosa significa. Quindi dico, “Vuoi qualcosa da mangiare?” Allora capisce. Perciò ci sono alcune parole che sa.

Essere immersi in tutto questo ogni giorno è abbastanza impegnativo fisicamente, giusto?
Molta è routine, adesso. Ma la cosa fondamentale è che, se lui è nella stanza, non ti puoi concentrare su quello che stai facendo, e se lui è fuori dalla stanza pensi, Che cosa sta facendo? Ti preoccupi di quello che sta combinando. Ha rotto e distrutto talmente tanta roba… E lui pensa che sta lavorando. Quando Tommy [suo fratello] lo chiama e gli chiede, “Cosa stavi facendo?” LD dice, “Sto lavorando. Sono così stanco, sfinito.”

Perché eri determinata a portarlo a casa invece di lasciarlo in una casa di riposo?
Quando sono andata a trovarlo lì per la prima volta gli avevano messo un camice da ospedale, che non aveva mai indossato prima, e l’avevano fatto sedere su una sedia a rotelle. Sbavava, era pieno di medicinali. Non era assolutamente così prima di entrare. Quando ci siamo trasferiti nell'altra struttura, l’hanno obbligato ad andare nel reparto per i pazienti più gravi perché dicevano che non c’era abbastanza spazio in quello di base. Non riusciva nemmeno ad arrivare alla sua stanza perché avevano bloccato l’accesso con altri lettini. Quando ho deciso che lo volevo portare da un’altra parte mi hanno detto, “Non riuscirai a occupartene.” Si sbagliavano.

Per quanto possa essere impegnativo per te adesso, mi sembra che complessivamente sia meno distruttivo a livello emotivo. 
Ero sconvolta ogni volta che andavo a trovarlo. L’unico vero incidente stradale che abbia mai fatto è stato dopo essermene andata dalla casa di cura di Roswell. Pensavo che sarebbe stata bella, invece più tempo passavo lì con lui più mi sentivo mancare. La gente mi ha detto che mi sto facendo del male, ma sono determinata. Dormo meglio di quanto abbia mai fatto quando lui non c’era. Va a letto presto, e io posso stare sveglia fino a tardi. Gioco ai miei giochi, cucio, ascolto la musica, mi rilasso e bevo un bicchiere di vino, e dormo come un sasso. E anche lui dorme molto bene. Per quanto possa farmi impazzire, quando penso a lui nelle case di cura… Non riesco a sopportarlo. Lui probabilmente non vedrebbe molte differenze, ma comunque sento che sarebbe diverso.

Pensi che riuscirai a prenderti cura di lui quando peggiorerà?
Non si muore di Alzheimer; si muore per le complicazioni. E, fisicamente, tuo padre è sano. Probabilmente rimarrà con noi per un po’. E questo è un bene. Ma lui ha sempre detto che non avrebbe mai voluto essere così. Ha sempre detto, “Se finisco in un certo modo, fate qualcosa per me.” Questo quando c'era ancora il Dott. Kevorkian. Anche io vorrei la stessa cosa. Ma lui non potrebbe mai fare una cosa simile a me, e io non posso farla a lui. Penso che lo terrò qui fino a quando potrò.

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