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Anti-Santi

Terrorismo tabbozzo

L'attentato di Tolosa e il ritrovato amore dei giornalisti per la retorica sulla "guerra d’attrito" fra civiltà.

L’attacco alla scuola ebraica di Tolosa che ha visto la morte di tre bambini e un insegnante ha sconvolto il mondo intero la scorsa settimana. L’attenzione si è per la maggior parte, ovviamente, concentrata sul perpetratore della violenza, Mohammed Merah, il ragazzo di origine algerina che pochi giorni prima aveva ucciso anche diversi militari francesi e si è scoperto solo ieri essere riuscito a inviare a parecchie televisioni le video-riprese dei suoi attentati. Nel momento di maggior tensione, durante l’assedio delle forze speciali nella sua abitazione, è diventato anche l’entità più odiata e discussa su Internet, superando per un giorno addirittura Trenitalia e il Comic Sans.

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Ma è quando accadono fatti come questo, che ci accorgiamo come in realtà siamo fortunati ad avere la vita e soprattutto tutti gli amici che abbiamo su Facebook; esperti—di volta in volta—di sismologia, contenimento nucleare, insider trading e alta finanza, geopolitica mediorientale, diritto giuridico, disastri naturali o, come nel caso francese, Tattiche Avanzate di Intervento Urbano Militare. Discussioni imperdibili su quale tipo di fucile Benelli sia meglio usare per sfondare una porta blindata senza colpire in modo letale chi ci sta dietro o quale tipo di gas usare per stordire o addormentare il Nemico, tutto questo mentre il livore e disprezzo monta per chi è stato pagato e addestrato senza giocare a Call of Duty sulla Xbox.

Il meglio, come sempre, avviene però dopo la morte. Alla conclusione della vicenda sono subito tornate polemiche scomparse ormai da anni. Quella retorica da guerra d’attrito interminabile fra civiltà. Fra multiculturalismo e percepita purezza salvifica.

L’editorialista di Repubblica Renzo Guolo descrive, per esempio, così l’ascesa estremista che spingerebbe Merah—e quelli come lui—ad attivarsi: “Sono spinti dal magnete della loro "bussola" ideologica. Un percorso che rivela come l'ideologia qaedista possa sopravvivere alla stessa crisi di Al Qaeda. Tanto lunga è la sua genesi e la penetrazione nell'immaginario collettivo della "generazione del fronte". Un'ideologia forgiata attorno alla figura del Nemico, che cristallizza il campo degli antagonisti irriducibili.”

A leggere razionalizzazioni come questa—uguali a tante altre uscite nell’ultima settimana—sembra che si stia parlando di qualche mega-terrorista definitivo, composto da carne e isolamento sociale. Ma Merah com’era veramente? Le uniche immagini disponibili sulla sua vita sono quelle di un ragazzo sovreccitato impegnato a spremere una BMW nuova in un parcheggio e a riprendersi ridendo insieme con gli amici. Ora, io non sono un esperto di intelligence ma non credo che Osama Bin Laden abbia mai accennato alle derapate con i macchinoni al Carrefour. Non era “Morte all’Occidente” e “Drifting”. Era morte e ancora morte. Per questo mi appare strana e fuori luogo tutta quest’ansia per riportarci ai tempi Post-11 Settembre di diffidenza verso tutto. Mi sembra manchi di empatia, contatto con la realtà. Sembra inoltre che si stia ripetendo l’errore che i media spesso hanno compiuto nel passato identificando un qualcosa come metodo per spiegare l’origine del Male Assoluto. Una volta erano i “videogiochi violenti” o “Marylin Manson”, e invece di capire che esistono intere generazioni e strati di società a cui viene occultata una vita decente —un concetto concreto e approcciabile e risolvibile—che utilizzano quindi un qualsiasi pretesto per sfogare una frustrazione repressa, si preferisce immaginare invasioni armate di islamozombie che si attivano in nome della causa del giorno, l’Islam.

Merah vendeva fumo, rubava motorini, picchiava a sangue chiunque guardasse la sua ragazza, si vestiva Dolce & Gabbana e Armani Exchange. Volete sapere chi era Merah? Un tamarro, un coatto, un truzzo, un tabbozzo, un pigro che aveva più in comune, come riferimenti culturali, con Tony Montana e GTA San Andreas piuttosto che Bin Laden e il Corano. Basta vedere i metodi stessi usati durante gli attentati: l’uccisione dei soldati spruzzando colpi dallo scooter stile drive-by, cioè quegli attentati da ghetto\video musicale\video gioco effettuati dal finestrino di una macchina in corsa. Vedere poi che ha ripreso tutto con telecamere HD in prima persona, come gli attentatori vessati con voglia di riscatto sociale e attenzione dei licei americani. Basta vedere come ha scelto di terminare la sua vita, saltando dalla finestra e sparando—in quest’ordine! Una morte più da videogioco si sarebbe potuta verificare solo se fosse stato colpito da un guscio vuoto di tartaruga che schizza avanti e indietro.

Quale razza di terrorista jihadista sceglie di morire così, invece di farsi saltare prendendosi più vite possibili? Qualcuno che non lo è mai stato.

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