FYI.

This story is over 5 years old.

Tech

L'età dell'oro delle app è già finita?

La fase selvaggia e anarchica del boom tecnologico, quella che ha portato allo sviluppo della produzione di app, sembra volgere al termine. Ma quante altre app inutili dovremo scaricare prima di esserne sicuri?

Foto via Flickr / William Hook

L'immagine di un tassista di San Francisco con cinque smartphone collegati al cruscotto è la prova che il percorso verso un futuro in cui la tecnologia ci semplificherà la vita è più arduo del previsto. Aveva un qualcosa di surreale, degno di stare in Brazil di Terry Gilliam.

“È il segno che abbiamo raggiunto il picco delle app?” si chiedeva Thomas Purves, l’uomo che ha twittato la foto. Una domanda lecita, che rievoca il concetto di “picco del petrolio” e allo stesso tempo sconvolge la metafora che ci sta sotto. Il concetto di raggiungimento del “picco delle app”––nel senso di "sono sommerso di app inutili"––è certamente comprensibile. Ma considerato che le app ingombrano i nostri smartphone e non le nostre auto, forse il concetto risulta più efficace se articolato diversamente. La fase selvaggia e anarchica del boom tecnologico, quella che ha portato allo sviluppo della produzione di app, sembra infatti volgere al termine. Se lasciamo da parte i videogame e ambiti di scarso valore, restano sempre meno aree della nostra vita quotidiana che possono essere “rivoluzionate” dagli smanettoni utopisti della Silicon Valley.

Pubblicità

Potete odiare il narcisismo di Instagram, l’assenza di privacy di Venmo, la crudeltà di Uber e più o meno tutto di chi usa Yelp, ma queste app soddisfano bisogni legittimi. Persino Secret, che in apparenza sembra l’apoteosi della banalità, è importante, perché le persone avranno sempre bisogno di confessare qualcosa e non perderanno l'interesse per il gossip anonimo. Ma molte nuove app sembrano impegnate in una gara al più piccolo aggiornamento (vedi Winelandia o Silvercar) o al superamento di ogni limite di inutilità (prendete per esempio Yo o Shots, l'app per condividere i selfie di Justin Bieber).

Proprio come si può prevedere la rovina partendo dai più rosei indicatori economici, nel caotico alternarsi delle tendenze tecnologiche è possibile scorgere tutto e il contrario di tutto. Ma è difficile non accorgersi che lo sviluppo delle app sta attraversando una fase di crisi. Come ha scritto l’anno scorso George Packer sul New Yorker, “Le migliori startup tecnologiche si rivolgono a un pubblico di ventenni pieni di soldi, perché i loro creatori appartengono a questa categoria di persone.” Snapchat potrà sembrarvi inutile e stupida, ma almeno non si basa sugli stessi presupposti infantili che stanno alla base di questo servizio di consegna di alcolici a domicilio, pensato per spennarti quando sei troppo ubriaco o troppo fatto per comprarti una birra.

I bisogni del bambino interiore di ognuno vengono soddisfatti anche da Alfred, un “servizio maggiordomo” da 99 dollari al mese che comprende altre app come Homejoy e Instacart. Alfred non fa che combinare, o “ottimizzare” più app in una. Se vi sembra insignificante, sappiate che non lo è stato per la giuria del TechCrunch Disrupt, che quest’anno ha premiato gli sviluppatori con la Disrupt Cup. Se l’idea che i residenti della Silycon Valley si spertichino in lodi per un costoso intermediario che vivacchia di idee altrui non vi puzza di declino, dovreste sapere che uno degli organizzatori della conferenza è tra gli investitori di Alfred. (Al pubblico è stato assicurato che questi non potesse votare.)

Pubblicità

La app più meta di tutte è forse Checky, che ti aiuta a liberarti dalla dipendenza da smartphone dicendoti quante volte sblocchi il dispositivo. Ma questo tipo di banalità non si limita alle app. Un altro esempio di una cultura ossessionata dalle novità e convinta di salvare il mondo è Vessyl, la tazza da 200 dollari che ti dice che tipo di bevanda ci hai appena versato dentro. Perché dovrebbe esistere una cosa del genere? Per darti la possibilità di aumentare la tua aspettativa di vita facendo scelte più prudenti quando ti disseti, naturalmente!

Il mese scorso Bill Gurley di Benchmark Capital, uno dei primi investitori di Snapchat, intervistato dal Wall Street Journal ha detto che, sul medio termine, si aspetta di vedere dei fallimenti di “alto profilo” perché “nella Silicon Valley ci sono molte più persone che lavorano per aziende in perdita rispetto a 15 anni fa.” (Anche se, va ricordato, il fatto che un’azienda sia in perdita non significa che sia vicina al fallimento; Amazon per esempio non ha mai registrato utili, anche se le sue entrate annuali si avvicinano ai 100 miliardi di dollari.) In ogni caso, al di là dei discorsi sull’efficienza dei metodi con cui si decide dove investire, la teoria di Gurley non tocca la questione se le app esistenti siano sufficienti a migliorare la nostra vita nel ventunesimo secolo, o quante altre ne possano servire.

La rete di app esistenti fornisce servizi che erano inimmaginabili solo nel 2005. Anche calcolando l’insaziabile brama di novità dell’essere umano, nel mondo della tecnologia c’è una certa stabilità. Gli utenti di Facebook non si riverseranno in massa su Ello, o forse sì, ma se avverrà non sarà perché ultimamente Facebook non funziona bene. È possibile che nessuna azienda o servizio possa soppiantare Facebook come Facebook ha soppiantato MySpace perché non c’è molto margine di miglioramento?

Pubblicità

Daniel Pennypacker, uno sviluppatore software di San Francisco, è convinto che ci siano ancora molti intermediari in grado di essere eliminati dall’equazione. “Per esempio, il settore Risorse Umane,” mi ha detto. “Potrebbe essere sostituito da una app. Detta così sembra una cosa cattiva, ma le richieste di ferie potrebbero essere automatizzate. Per ogni app banale che attira l’attenzione ce n’è un’altra di cui non hai mai sentito parlare e che si inserisce in un nuovo settore di mercato e potrebbe fare molti soldi.”

L’età dell’oro delle app è già finita? “Penso che il picco sia stato raggiunto qualche anno fa, e adesso ci stiamo godendo lo spettacolo,” dice Pennypacker. “L’esempio perfetto è Secret. Smetteremo di avere idee come Secret? Penso di no, perché ci sarà sempre qualche cambiamento nella condizione dell’uomo, di questi tempi."

Come tutti gli ecosistemi, anche il mondo della tecnologia––in cui i superpredatori in cima alla catena alimentare sono gli investitori––si preoccupa della propria sopravvivenza. Per questo continueranno a uscire nuovi prodotti, e i più fortunati o talentuosi continueranno a fare soldi. Ma anche se la bolla non dovesse scoppiare, l’evoluzione del settore va sempre più verso la formazione di mega-corporazioni, cosa che abbiamo iniziato a vedere con l’acquisto di Instagram e Whatsapp da parte di Facebook.

Non è che tutto quello che si poteva fare sia stato già fatto. Ma la crescita vertiginosa delle app—che ti aiutano a comprare frutta e verdura, a muoverti in città o a parlare di stronzate con gli amici—è destinata a rallentare. E il punto più alto potrebbe esser già passato.

Segui Peter Lawrence Kane su Twitter.