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Andare a letto coi colleghi è giusto, se sai come farlo

Passiamo al lavoro una grossa fetta del nostro tempo di veglia, perciò è il momento di smettere di considerare le relazioni tra colleghi una cosa strana e iniziare a fare un pensiero serio sul vostro nuovo compagno di scrivania.

Non sappiamo se queste persone hanno relazioni in ufficio. Foto di VICE Media.

La stragrande maggioranza delle persone che conosco passa al lavoro molto più tempo delle ore previste dal contratto. Mangiano in ufficio, leggono le notizie dal computer dell'ufficio e le commentano in ufficio, escono con i colleghi, si portano a casa il lavoro. Ma anche se accettiamo che il lavoro sia una cisti sempre più grossa nell'ovaio della vita, una cosa resta inspiegabilmente ancora un tabù: le relazioni tra colleghi.

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Ho perso il conto dei telefilm che insegnano che le relazioni tra colleghi sono da evitare per il dovere di tenere separata la vita privata dalla vita professionale. La verità è che sarebbe bello che vita privata e vita professionale fossero divise, ma, nel 2016, a volte non è proprio possibile. I rapporti sono più fluidi e quando ti accorgi di avere gruppi Whatsapp con colleghi e un thread di mail che si chiama "aperitivo del venerdì," vorresti tornare indietro e prendere a schiaffi il te stesso appena laureato che ha deciso di incastrarsi in una situazione del genere.

Perciò, dato che anche in un mondo di stacanovisti e stagisti a vita uno dei bisogni primari rimane quello sessuale e affettivo, per una semplice questione matematica diventa spesso inevitabile considerare anche i colleghi come carne da macello. A pensarci è quasi naturale: sono persone con cui condividiamo l'interesse o l'odio per il nostro lavoro e tutte quelle discussioni inutili che si generano tra persone obbligate a condividere uno spazio comune, come la temperatura dei termosifoni. Dato che solitamente che per finire a letto bisogna "avere qualcosa in comune", essere obbligati a passare del tempo insieme può farci scoprire lati apprezzabili in persone di cui, se lo chiediamo al nostro io 16enne, avremmo volentieri ignorato l'esistenza per tutta la vita.

In un momento di estemporanea e lucidissima saggezza un mio amico definì questo atteggiamento Effetto Sirena, ovvero quel meraviglioso meccanismo che per ogni giorno di convivenza forzata abbassa l'asticella dei tuoi standard sessuali. Secondo lui per ogni settimana di convivenza il nostro cervello cancella automaticamente un difetto e porta a galla un pregio e non so voi, ma per me che faccio tre settimane di ferie l'anno, questo è un problema bello grosso.

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Anzitutto, credo sia necessario sfatare un mito: quando si pensa a relazioni tra colleghi si pensa a relazioni clandestine. Ma la clandestinità non è affatto un elemento necessario. Siamo noi che considerando queste relazioni in ogni caso "fuori luogo" l'abbiamo resa tale. La clandestinità nasce piuttosto come scrupolo anche comprensibile nel non voler mettere in piazza la propria vita, ma dopo un po' diventa la cosa più importante e veniamo assaliti dall'ansia che nessuno lo sappia. Eppure chiunque rimarrebbe deluso dallo scoprire che per le relazioni tra colleghi vale esattamente quello che vale per quasi tutto il resto: è la segretezza a rendere pruriginosa una cosa e non viceversa.

Anche perché, dalla fissa che tutti abbiamo in ufficio alle storie di puro sesso nei bagni alle relazioni serie, i colleghi se ne sono accorti prima ancora che voi aveste il coraggio di immaginarvi insieme da soli sulla scrivania del capo.

La situazione base è quella della storia di sesso tra colleghi. Nella casa editrice in cui ho lavorato per un po' c'era un grafico alto con cui non avevo scambiato più di qualche parola. Dopo qualche mese, alla cena di Natale, annebbiati e resi loquaci dal vino abbiamo preso un taxi insieme perché abitavamo nella stessa zona, poi siamo finiti a fumare erba a casa sua, poi siamo finiti a fare sesso sul tappeto. Dopo, lui mi ha detto che era fidanzato. Mi sono messa a ridere: non lo reputavo un problema, perché a quel tempo ero convinta che le relazioni tra colleghi, se esistevano, potessero essere di un solo tipo—sessuali. La mattina dopo era vacanza, io l'ho detto alle mie due amiche più strette al lavoro e lui ha taciuto. Ci siamo visti un'altra decina di volte a casa sua. Non siamo mai usciti. La segretezza ha funzionato da elemento di coesione della nostra storia, e il fatto che le premesse fossero chiare ha evitato i drammi. Siamo rimasti per qualche mese due colleghi che qualche volta si vedono, bevono, vanno a letto e in ufficio sono come sempre: ogni tanto fanno una pausa sigaretta insieme, come gli altri, e non arrivano insieme al lavoro. Finché io ho iniziato a uscire con un altro e ho cambiato lavoro; lui è ancora oggi con la stessa ragazza.

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Da un certo punto di vista, la storia di sesso in ufficio è la situazione migliore: c'è il brivido della segretezza, è comodo, l'uscita di scena telefonata con il be', siamo colleghi lo sai, non era niente di serio. L'unica cosa che penso dobbiate tenere a mente dopo che una collega ti spiega la regola del naso applicata alle dimensioni del dirimpettaio di scrivania, è che questi dettagli potrebbero non interessare proprio a tutti.

Diverso è il caso di una relazione seria. Un paio di anni dopo il grafico ho avuto un'altra storia, questa volta duratura, con un ragazzo che mi piacque nel momento stesso in cui misi piede nella nuova agenzia (questo potrebbe alzare un polverone sulla superficialità di quei sentimenti e sul mio deficit d'attenzione, ma lasciamo perdere). Abbiamo iniziato a sentirci sui social, siamo usciti una volta, ci siamo messi insieme e siamo andati a vivere nella stessa casa. I primi tempi cercavamo di dissimularlo: io uscivo prima di lui ma lo aspettavo al parcheggio. Poi abbiamo iniziato a non fare niente per dissimularlo, ma nemmeno niente per attirare l'attenzione: non parlavamo di "noi", ma ci presentavamo insieme alle serate e ce ne andavamo quasi sempre insieme. Alla fase "siamo andati a convivere" a qualcuno abbiamo persino dovuto spiegare perché e in che modalità.

Ma la costante, dal primo giorno che siamo arrivati in ufficio insieme a dopo che tutti hanno saputo che vivevamo insieme, è stata che nessuno ha battuto ciglio. Perché, diciamoci la verità, a nessuno dei tuoi colleghi frega un cazzo di chi si fa chi—o meglio, smette di fregargliene quando anche solo una persona conferma la voce. A quel punto il caso è chiuso, chi ci aveva visto giusto è felice e chi non aveva notato niente deciderà di pranzare fuori più spesso perché chissà quante altre cose si sta perdendo. Prima o poi ci sarà qualche trasferta e quindi qualche altro legame su cui indagare.

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Ma perché allora continuare a nascondersi? Tanto arriverà il momento in cui tutti se ne accorgeranno: quello della fine.

Pensando ai lati negativi, infatti me ne vengono in mente essenzialmente due: 1) quando finisce è un casino 2) se la relazione non è semplicemente tra colleghi ma tra capo-sottoposto, entrambe le persone coinvolte si troveranno a dover rendere conto (talvolta anche a se stesse) della natura stessa di quella relazione.

Non c'è bisogno che dica che quando una relazione finisce e nessuno dei due può andarsene è una vera merda, perché tutti abbiamo fatto le scuole dell'obbligo e abbiamo affrontato la ricerca di qualcun altro da cui farci passare le verifiche. Dimenticare diventa impossibile, hai scoppi passivo-aggressivi a ogni singola risposta, sei estremamente paranoico su qualunque cosa dica l'altro e inizi a pensare cosa sanno i colleghi delle tue perversioni sessuali. La vera vittima nel frattempo sono i colleghi, che non sopporteranno più di dover prendere parti ogni volta che vi rivolgono parola e dover annuire mentre reinterpretate Jersey Shore con la postilla "questo senza nulla togliergli da un punto di vista professionale."

Quanto alla relazione capo-sottoposto, non è sconsigliabile su basi morali, ma su basi di sopravvivenza: appena si sa in ufficio la vita diventa un quiz di psicologia inversa in cui ogni successo sarà accompagnato dal dubbio che la persona di turno se lo sia procurato facendo attività che contemplano la nudità e l'assenza di inibizioni.

Resta da capire se queste situazioni aumentano o diminuiscono la produttività, che in teoria è il motivo numero uno per cui siamo in quell'ufficio e abbiamo la possibilità di conoscere tante persone interessanti con cui accoppiarci. Certo, in un mondo ideale avere un motivo in più per essere felici di andare al lavoro dovrebbe essere sempre bene. Ma a essere onesti, la ruota del sistema non gira grazie alla tua felicità né grazie alle frasi argute che lasci sui post-it alla sua scrivania.

Comunque, è il mio decadimento biologico contro il sistema, perciò ho deciso di mettere in campo il modello Kurt Cobain: penetrare nel sistema e farlo marcire dal dentro.

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