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Colpo di stato per idioti

Abbiamo raggiunto i sostenitori di Berlusconi a Palazzo Grazioli per assistere alla manifestazione in attesa del voto per la decadenza.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Per liberarsi di Salvador Allende in Cile ci sono voluti i carri armati e la CIA; in Italia, molto più modestamente, il colpo di stato si è consumato nel più classico dei modi: con un voto parlamentare. Dopo la breve

guerra civile di questa estate, le forze controrivoluzionarie hanno deciso di alzare il livello dello scontro e cacciare Berlusconi dal Parlamento per rimuovere l'ultimo ostacolo alla loro scalata al potere supremo. L'omicidio politico inizia verso le 10 di mattina del 27 novembre 2013 dentro l'aula sorda e grigia del Senato—quella che la vittima ha frequentato solo un paio di volte quest'anno—e si dipana tra schermaglie procedurali, senatrici fedeli al Cavaliere vestite a lutto, aggressioni verbali ai senatori a vita e parlamentari che paragonano Berlusconi a Mandela, Mussolini, Craxi, Pertini e addirittura Matteotti. Nel frattempo, mentre il plotone di esecuzione democratico lucida i fucili e pregusta il bagno di sangue, i Pullman della Libertà rilasciano dal proprio ventre centinaia di guerrieri forzisti diretti a Palazzo Grazioli, la Moneda berlusconiana, pronti a combattere per la democrazia e dare la vita per il Capo. Berlusconi non decadrà tanto facilmente, questa volta. Un maxistriscione che statuisce l'ovvio ("è un colpo di Stato") viene issato sulla facciata dell'ingresso di palazzo Grazioli, ma subito alcuni funzionari di polizia ne intimano la rimozione. La motivazione ufficiale è per fantomatici "accertamenti"; la realtà è che la Verità è sempre scomoda e rivoluzionaria, e in un regime democratico non è mai tollerata. Daniele Capezzone lo ribadisce con forza: "È letteralmente incredibile la notizia del sequestro preventivo di un cartello a via del Plebiscito. In Italia non c'è free speech? La libertà di parola e di espressione è sottoposta al vaglio preventivo di qualcuno?"

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L'angosciante domanda è destinata a rimanere senza risposta. Ma l'attacco delle istituzioni non si ferma qui: "Sta accadendo un altro fatto molto grave, a dimostrazione del sistematico tentativo di ostacolare una libera e pacifica manifestazione," si legge in una nota di Forza Italia. "Alle decine e decine di pullman in arrivo a Roma viene impedito di avvicinarsi al centro per permettere la discesa dei sostenitori di Silvio Berlusconi. Riteniamo questo un fatto gravissimo e ci auguriamo che cessino queste prove generali di boicottaggio."

Ma il boicottaggio non cesserà. Non si spiega altrimenti il fatto che, nel giorno in cui decade la democrazia italiana, la partecipazione del Popolo in via del Plebiscito non sia così massiccia.

Per caricare a dovere i rivoluzionari, l'organizzazione del Partito ha pensato bene di far andare in loop "Azzurra Libertà" e il solito video di un'ora e mezza che ripercorrere le gesta del Condottiero negli ultimi vent'anni. L'età media dei soldati è, neanche a dirlo, elevatissima. Nella battaglia, tuttavia, la prestanza fisica conta fino a un certo punto: servono coraggio, forza di volontà, ferrea determinazione a difendere la Libertà e, soprattutto, occhialoni da sole per difendersi dai raggi dell'Indivia e dell'Odio emanati dalla sinistra.

Girando per la piazza è palese che sia in atto un vero e proprio colpo di Stato. I guerrieri di Silvio, infatti, lo ribadiscono con l'ausilio di palette distribuite dai vari banchetti.

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Altri reggono in mano elaborati cartelloni che—sono disposto a mettere la mano sul fuoco—hanno vergato e realizzato di proprio pugno.

Nonostante l'ora buia per la democrazia, il popolo azzurro non rinuncia a momenti di sana giovialità, come in questo selfie realizzato con l'ausilio di Renato Brunetta.

Qualcuno individua anche la causa primaria dell'accanimento contro il leader.

Agguerrite signore lanciano vigorosi anatemi contro la magistratura rossa, che ha fatto di tutto per liberarsi dell'uomo che ha portato benessere e prosperità a questo Paese.

Mentre in Senato si susseguono gli interventi dei vari onorevoli e si avvicina sempre di più il voto per la decadenza, in via del Plebiscito i volti cominciano a tingersi di scuro e a farsi più gravi e battaglieri.

Facendo una rapida ricognizione della piazza è chiarissimo come la maggior parte delle persone non sappia nemmeno il motivo per cui è lì. Qualcuno urla che "Silvio Berlusconi è il nostro Nelson Mandela italiano," altri dicono che la Boccassini è "un'invertita" e "una zozzona", altri ancora lanciano strali verso Alfano e gli altri "traditori" di Ncd (Nuovo centrodestra).

Non mancano i momenti di tensione. A un certo punto la troupe di Servizio Pubblico viene aggredita da alcuni individui. Uno di questi tiene in mano un quadretto con una croce celtica e pensa bene di spaccarlo in testa al giornalista Luca Bertazzoni, che aveva semplicemente chiesto: "Perché ha la croce celtica?"

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Il protagonista dell'aggressione si chiama Salvatore Lezzi, noto fascista napoletano e leader dei disoccupati di destra. Arnaldo Capezzuto ne ha fatto un breve profilo sul Fatto Quotidiano: "un passato da consigliere alla circoscrizione Avvocata nelle fila di Forza Italia, deluso è passato con Forza Nuova. Poi aderisce al Pdl e transita successivamente con La Destra di Francesco Storace. […] Famoso per le aggressioni, occupazioni e irruzioni nelle sedi istituzionali. […] Lezzi, infatti, è stato più volte denunciato e fermato per tafferugli, intemperanze e blocco stradale con relativo incendio di cassonetti." Insomma, si tratta di un fulgido esponente dell'Italia che Ama.

Silvio Berlusconi sale sul palco poco dopo le quattro e mezza, preceduto dal solito sventolio di bandiere e dal solito inno d'Italia. Il Capo pronuncia il solito discorso che ho sentito almeno tre o quattro volte solo nell'ultima settimana: parte con un po' di vittimismo, paragona Magistratura Democratica alle Brigate Rosse, fa un accenno triste/polemico ad Alfano e promette di non mollare.

Il comizio dura poco, e non è nemmeno uno dei più carichi. Nonostante ciò, in piazza c'è rabbia per l'ingiustizia.

Ma anche la rabbia dura pochissimo; ci sono i pullman da prendere, e non c'è tempo da perdere. Con mia grande sorpresa, via del Plebiscito si svuota nell'arco di qualche minuto e i guerrieri si allontano dal campo di battaglia, lasciando che il colpo di Stato si consumi nell'indifferenza generalizzata.

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Quando alle 17.43 arriva la conferma dal Senato che Silvio Berlusconi è decaduto, la piazza praticamente non se ne accorge. Anzi, se ne fotte altamente. Sono pochi quelli che si rendono conto della gravità del momento storico. Meglio: sono pochi quelli che capiscono cosa stia succedendo.

Eppure, come gridano Il Giornale e gli altri quotidiani berlusconiani, la libertà in Italia è finita, il putsch è riuscito e nessuno ha fatto nulla per impedirlo. Mi aggiro spaesato sotto palazzo Grazioli, senza parole, stordito dalla "violenta operazione politica" (cit. di Marina Berlusconi) che ha spazzato via dal Parlamento il leader del centrodestra.

Un uomo, naturalmente avanti con gli anni, mi invita a unirsi a un gruppetto di manifestanti. "Andiamo al Senato!", mi dice. Mostro subito il mio entusiasmo per l'iniziativa, e gli chiedo: "Andiamo ad assediarlo, vero?" L'uomo sembra un po' interdetto: si allontana velocemente, balbetta qualcosa e imbocca una via laterale insieme agli altri.

E dire che ero venuto in via del Plebiscito sperando di assistere a una sollevazione popolare contro il regime dei giudici. Invece, quello che vedo sono solo anziani e persone che continuano a farsi i selfie con i deputati di Forza Italia.

La tristezza e la rassegnazione aleggiano sulle vie del centro di Roma. I guerrieri della Libertà ripongono le bandiere, quasi le nascondono, e aspettano mestamente gli autobus. Silvio Berlusconi intanto è già volato ad Arcore, decaduto ma assolutamente non finito. Cammino a testa bassa e vedo la prima pagina de La Discussione, quotidiano politico diretto da Emilio Fede.

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Già, non sarà un addio. Da più parti ho letto e sentito che il Ventennio berlusconiano si è concluso per l'ennesima volta, e che l'anomalia ha finalmente cessato di produrre i suoi nefasti effetti sul Paese. Ma non è così. Berlusconi può anche essere finito politicamente, ma ormai ha stravinto in tutti gli altri campi.

Ieri, il giorno della decadenza e della presunta morte politica, c'è stata l'ennesima conferma del fatto che la visione berlusconiana del mondo è una letale sub-cultura con cui diverse generazioni dovranno fare i conti per il resto della loro vita.

Segui Leonardo su Twitter: @captblicero. Foto di Federico Tribbioli.

Nelle puntate precedenti:

I testimoni di Silvio

Forza Hogan