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Calderoli è solo la punta dell'iceberg

Se paragoni da Terzo Reich e sparate razziste non bastano, cos'altro deve succedere?
Leonardo Bianchi
Rome, IT

L’altro giorno, nell’ambito di una tipica festa leghista in cui l’attività più eccitante consiste nel misurarsi la lunghezza dei pollici opponibili, Roberto Calderoli ha aggiornato l’ormai sterminato campionario delle Dichiarazioni Razziste Che In Realtà Sono Sagaci Battute. “Io mi consolo quando navigo in Internet e vedo le fotografie del governo,” ha detto il vice presidente del Senato. “Amo gli animali, orsi e lupi com’è noto, ma quando vedo le immagini della Kyenge penso subito alle sembianze di un orango.”

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L’ennesimo insulto xenofobo alla ministra per l’Integrazione mi ha subito ricordato una frase recentemente pronunciata dal Führer neonazista di Alba Dorata, Nikos Michaloliakos. Durante una trasmissione televisiva, Michaloliakos ha paragonato il giocatore di basket greco Giannis Antetokounmpo (di origine nigeriana e selezionato dai Milwaukee Bucks) a uno “scimpanzé”, chiedendosi anche se “dare una banana e una bandiera a uno scimpanzé in uno zoo” equivalga a farlo diventare greco.

Ad ogni modo, la “boutade” del politico leghista ha comprensibilmente causato un putiferio politico, anche all’estero. Calderoli si è sentito di replicare alle polemiche con una sconclusionata intervista al Corriere della Sera: “Ho fatto una premessa al comizio, cioè il mio amore per gli animali. Lì—sbagliando, lo ammetto—ho esplicitato un pensiero: citare l'orango era un giudizio estetico che non voleva essere razzista.” Chiarissimo.

Il leghista ha poi esplicitato di fare spesso “paragoni estetici con un animale”, e si è lanciato in un esilarante bestiario governativo: “Io vedo il presidente Letta un po' come un airone: le gambe lunghe, zampetta nella palude. Il vicepresidente Alfano? Forse un po' rana. Il ministro Cancellieri? Mi dà l'idea del San Bernardo, che è pacioso ma sa anche mordere.” Non pago, Calderoli ha continuato dicendo che è “assurdo” scegliere “ministri tedeschi o del Congo.” All’obiezione del giornalista—“Cécile Kyenge è italiana, però"—il mancato padre costituente respinge definitivamente le strumentali accuse di razzismo: “Ha la cittadinanza italiana, è diverso. Ma secondo lei parla in un italiano corretto? A chi la ascolta, il giudizio…”

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L’intervista si chiude con l’invito ufficiale alla Ministra all’imperdibile Berghemfest nel mese di agosto, la tradizionale festa della Lega, dove Cécile Kyenge potrà sicuramente trovarsi a suo agio tra cappucci, croci infuocate e illuminati progressisti che la considerano un’appartenente al Quarto Reich.

L’estremismo xenofobo di Calderoli (ampiamente documentato) non è un fatto isolato. Anzi. La scorsa notte i neofascisti di Forza Nuova hanno lasciato davanti alla sede della Provincia di Pescara—città dove la ministra Kyenge era in visita—una serie di cappi e manifesti contro l'immigrazione e lo ius soli.  “Con quest’azione," si legge in una nota, "Forza Nuova intende ribadire, da un lato, la ferma contrarietà all’immigrazione come fenomeno d’invasione ed a qualsiasi forma di Ius Soli. […] Nei prossimi mesi, quando la situazione economica nazionale si paleserà con un peso ed una durezza senza precedenti, il tema dell’invasione allogena non potrà non essere posto al centro del dibattito politico.”

Un collega di partito di Calderoli, l’assessore regionale alla protezione civile del Veneto Daniele Stival, ha condiviso una serie di foto raccapriccianti sul proprio profilo Facebook.

Interpellato sul punto dal Mattino di Padova, l’assessore regionale ha fornito questa brillante spiegazione: “Ho solo visto una bella foto di una scimmietta e l'ho postata. La Kyenge è una nostra amica. Se uno non è neanche libero di dire come la pensa… A me non me ne frega nulla di queste polemiche. A noi ci minacciano di morte e nessuno dice niente, invece se la prendono per paragoni ad animali, si vede che oggi va di moda così.” Il quotidiano locale riferisce di una chiamata successiva di Stival, che evidentemente si è sentito in dovere di puntualizzare: “Quando parlavo di scimmietta non mi riferivo alla Kyenge.”

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Ed è sempre su Facebook che le miriadi di pagine razziste si sono letteralmente scatenate. Gli utenti di “Io sto con Dolores”—gruppo di sostegno a Dolores Valandro (la leghista di Padova che aveva invocato lo stupro per la Kyenge), che già si erano fatti notare per frasi concilianti quali “Vivisezionate la Kyenge come una cavia negra da laboratorio”—non si sono fatti troppi problemi a mostrare solidarietà a Calderoli.

Il paragone tra la Kyenge e l’orango, del resto, sembra essere stato molto apprezzato in certi ambienti. Ieri qualcuno si è sbizzarrito su Wikipedia con questo redirect (ora rimosso).

Altri raffinati intellettuali hanno aperto una pagina Facebook, intitolata “Orangutan Pongo querela Calderoli dopo commento sulla Kyenge”, e hanno partorito foto argutissime quanto quella qui sotto.

Le polemiche intorno all’uscita di Calderoli hanno fatto entrare in fibrillazione anche i blogger dell’estrema destra. Su Identita.com, blog collegato al raccapricciante sito anti-immigrazione “Resistenza Nazionale”, sono apparsi due post particolarmente violenti. Nel primo (“L’orangutan Pongo minaccia querela a Calderoli”) si legge: “Studi scientifici ci dimostrano che le persone, non solo i bianchi, alla richiesta di associare un africano ad un animale, lo associano ad un primate non umano. E sfido chiunque a negare la somiglianza tra Kyenge e un membro della specie orangutan. Non è ‘razzismo’, è la semplice osservazione della realtà.”

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Anche il secondo post, dal poco fraintendibile titolo “Contro lo ius soli, fino alla morte”, è rivolto alla ministra Kyenge: “Non ci faremo dire da una clandestina proveniente dal Congo cosa fare e cosa pensare, né dai suoi servi e accoliti del Pd, Pd+L e frattaglie varie. Diciamolo chiaramente: al governo c’è un’abusiva. Non è normale che un’africana sia stata cooptata prima in parlamento e poi al governo dalla classe politica più ladra e oscena del dopoguerra per ‘occuparsi’ di immigrazione. E’ cosa che grida vendetta. […] Non può essere una straniera a decidere chi e quando deve essere italiano: non solo è demenziale, è anche criminale.” L’articolo si chiude con queste affermazioni distensive: “L’Italia non vuole la congolese. L’Italia non vuole più voi, andatevene, finché siete in tempo.”

Come si può vedere, la frase di Calderoli è solamente la punta istituzionale di una propaganda xenofoba sempre più esasperata e violenta, che salda populismo e “identità nazionale” e ha trovato in Cécile Kyenge il bersaglio perfetto su cui vomitare tutta la rabbia repressa e la frustrazione.

Il punto è che le frasi di persone come Calderoli servono a sturare il pozzo nero del risentimento, solleticare il razzismo latente e mobilitare schiere di utenti/elettori/cittadini. E nonostante la folle irresponsabilità di questi comportamenti sia sotto gli occhi di tutti, i vari Calderoli non si dimetteranno mai e non arretreranno di un passo, perché comunque hanno una più o meno implicita legittimazione popolare a spostare il discorso pubblico sempre più verso l’estrema destra.

E se fare paragoni da Terzo Reich e appendere cappi per le città non è ancora abbastanza per prendere provvedimenti, cosa deve succedere ancora?

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Era solo una battuta, ovviamente