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A9N1: Sangue al cervello

Casablanca come Susa

Anche in Marocco si protesta per l’alta velocità.

Sion Assidon, 64 anni, militante di Stop Tgv seduto su una poltrona della hall dell’hotel Balima a Rabat.

Presto il Marocco avrà la sua Tav, come la Francia, la Spagna, e la Val di Susa. Se la modernità viaggia su treni veloci, l’innovazione inizia da una ferrovia lunga 350 chilometri che attraverserà, entro il 2015, tutto il nord del Paese, da Casablanca a Tangeri, passando per Rabat.

Tutto ha inizio nel 2007, quando il re marocchino Mohammed VI e l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, reduce dal fallimento di un contratto per l’acquisto di aerei militari avviato sotto Chirac, firmano l’accordo per il progetto di costruzione della linea ad alta velocità, assegnato senza gara al colosso francese Alstom. Le proteste degli attivisti non tardano ad arrivare, guidate dal militante e blogger Omar Balafrej sotto il nome di “Stop Tgv”. Viene creato un sito, in cui invitano a firmare la petizione contro la costruzione della linea fornendo una serie di dati piuttosto eloquenti: il valore del cantiere è stimato per 25 miliardi di dirham marocchini (oltre due miliardi di euro), gestito dalle società Alstom, SNCF e RFF. Il protocollo di accordo firmato il 22 ottobre del 2007 tra il regno marocchino e la Francia ha aggirato tutte le regole sugli appalti pubblici. Solo un veto della Germania, come scrive anche il quotidiano Jeune Afrique, impedisce alla Bei, la Banca Europea per gli Investimenti, di finanziare il progetto, per il mancato rispetto delle regole in vigore sugli appalti.

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Sion Assidon, attivista marocchino imprigionato per oltre un decennio durante gli anni di piombo nel Paese, ha 64 anni. È uno dei militanti di “Stop Tgv”, l’associazione che si oppone alla costruzione della Tav guidata dal militante e blogger Omar Balafrej. Lo incontro all’Hotel Balima, su Avenue Mohammed V, seduto su una delle polverose poltrone della hall. Parla con voce da tenore e ha lo sguardo sorridente. È appena tornato da Beirut, e tra una domanda e l’altra canticchia le arie di Verdi. “La mia preferita è ‘Ella giammai m’amò’. Voi italiani dovreste esserne orgogliosi”.

VICE: Perché vi opponete alla linea?
Sion Assion: Secondo un report di Capdema, associazione di studenti marocchini con sede a Parigi, il costo dell’opera è stimato intorno ai 25 miliardi di dirham marocchini. Le opere che si possono realizzare con quel denaro? 5.000 scuole o 3.000 licei nelle zone urbane, cento grandi centri di ingegneria, 300.000 istituti di formazione tecnica, 25 centri universitari ospedalieri, 6.000 ettari di zone industriali. Quello dell’istruzione in Marocco è un problema molto serio, e abbiamo bisogno di scuole.

A quanto ammonterà il prezzo del biglietto?
Capdema ha fatto una stima. Per coprire i costi del treno, compresi manutenzione e ammortamento, il prezzo del biglietto dovrà aggirarsi intorno ai 40 euro. Un’enormità. La maggior parte delle persone in Marocco non ha mai preso un treno in vita sua. Non c’è stato dibattito pubblico su questo progetto. Il treno avrà un costo enorme, e la gente non è stata informata.

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Secondo le autorità governative, la costruzione dell’opera creerà tantissimi posti di lavoro.
Sì, crea posti di lavoro. Ma cosa lascia alla collettività? Un’opera inutile. Mentre al nord si vuole costruire una linea ad alta velocità, a sud mancano infrastrutture e trasporti essenziali. Ad Agadir, che è una delle mete turistiche più gettonate, non c’è la stazione ferroviaria. Abbiamo bisogno di trasportare merci e persone da e per Casablanca. Ma non c’è la linea ferroviaria.

Dopo gli scontri del 20 febbraio, il re Mohammed VI ha fatto un discorso alla nazione, in cui ha promesso una riforma costituzionale. Come si viveva in quel periodo nel Paese?
In quei giorni il governo parlava di riforme, prometteva di separare i poteri. Venne organizzata la commissione per cambiare la Costituzione, ma alla fine i suoi membri hanno fatto quello che voleva il Re e ciò ha disorientato la rivoluzione. Oggi c’è un movimento sociale molto forte, ma è diviso al suo interno.

Perché le cose non sono cambiate?
Persone di tutte le età si sono radunate perché volevano il cambiamento. Abbiamo una lunga storia di paura in questo Paese. Il potere sfrutta la paura, ma lascia che le persone sognino in direzione del sistema.

Alla fine dell’intervista, Sion mi passa il contatto di un altro membro di Stop TGV, Omar Radi, 25 anni. È un attivista di Stop Tgv e di Attac—organizzazione indipendente per l’affermazione dei valori della dignità umana e della protezione dell’ambiente— ma è anche un giornalista. Era in piazza durante la rivoluzione del 20 febbraio. Siamo nel periodo del Ramadan, e quando incontro Omar sembra un po’ teso, finché non suona una sveglia sul suo telefono che indica la fine del digiuno e che può concedersi una sigaretta.

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Sulla tratta ferroviaria che unisce Rabat a Tangeri, molte famiglie viaggiavano per raggiungere i parenti e festeggiare la fine del Ramadan.

Quando vi siete accorti che era in atto una rivoluzione?
Omar Radi: Fino al 19 febbraio, alla manifestazione per il riconoscimento dell’Attac, c’erano dieci persone. Il giorno dopo per strada ce n’erano cinquemila. In quel periodo tanti ricevettero minacce di morte, compresi me e la mia ragazza. Le proteste maggiori si sono scatenate quando un ragazzo, Kamal Omari, è morto a Safi in circostanze ancora non chiare, ma probabilmente in seguito al pestaggio da parte di alcuni membri delle forze dell’ordine.

Come ha reagito il resto del mondo alla violenza che si stava perpetrando in Marocco?
Alla fine di maggio, l’Unione Europea disse che la violenza in Marocco era diventata insostenibile. Un messaggio dalla politica estera al regime. Anche l’ambasciatore USA si oppose, a parole, alle violenze. A Rabat c’erano migliaia di persone, a Casablanca e a Marrakech anche. Questo impaurì il regime, che comprese la forza del movimento e la sua pericolosità.

La nuova Costituzione ha cambiato le cose?
Il testo della nuova Costituzione è stato approvato l’1 luglio del 2011, con un’affluenza alle urne del 72 percento e con una maggioranza dei voti favorevoli del 98,5 percento. Ma la commissione è stata nominata dai membri del palazzo e il re, con il nuovo testo, è rimasto a presiedere il consiglio supremo della magistratura e il consiglio dei ministri. Anche con la nuova costituzione, il re è il capo supremo: il primo soldato, il primo imam, il primo giudice. Tutti i poteri sono nelle sue mani.

Avete fatto qualcosa per impedire che venisse approvato il nuovo testo costituzionale?
Dopo le manifestazioni, invitammo la gente a boicottare il referendum. Ma la campagna del re fu decisiva. Nel suo discorso Mohammed VI disse che votare no al referendum avrebbe significato dire di no al re. Gli imam alla preghiera del venerdì dissero di votare per l’approvazione.

Quali saranno le vostre azioni future per impedire che venga costruita la linea ad alta velocità?
Insieme ai ragazzi di Capdema abbiamo dato vita al sito Stop Tgv. Chiediamo alla gente di firmare la petizione contro la costruzione della linea. Inoltre, cerchiamo di dare gli strumenti ai cittadini per capire cos'è il PIL, come funzionano i prestiti, e altre nozioni di economia. Non mi rassegno all’idea che cambiare le cose sia impossibile. Distribuiremo volantini, organizzeremo dibattiti nei caffè. In questo modo cercheremo di influenzare il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, il partito islamista moderato che ha la maggioranza, in modo da avere almeno un minimo di dibattito in parlamento.