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Sono andato al CNEL a vedere se c'era davvero una festa

Fino a pochi mesi fa nessuno conosceva il CNEL, oggi è tra i protagonisti e sopravvissuti di questo post referendum, e a poche ore dal voto la rete lo immaginava in festa. Siamo andati a verificare la situazione, e no: non c'erano trenini né spumante.

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ngresso della sede del CNEL. Tutte le foto di Melania Andronic.

Nella contesa che ha accompagnato il referendum costituzionale, solo un punto sembrava mettere tutti d'accordo: l'abolizione del CNEL, ovvero il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro—un organo consultivo di cui fino a pochi mesi fa tutti ignoravamo l'esistenza, e di cui tutti pensavamo di poter fare a meno.

Ma la riforma costituzionale non è passata, e se c'è un vero sopravvissuto, questo è sicuramente il CNEL—ieri istituto ignoto e a rischio di estinzione, oggi protagonista di articoli di giornali, soggetto di interviste e dell'"ironia della rete"—che subito dopo il risultato ne dipingeva la sede in festa, tra "trenini e spumante". Per verificare sul campo come fosse la situazione nella sede dell'organo all'indomani del risultato che ne conferma i parametri vitali, ieri ho deciso di effettuare un sopralluogo esplorativo.

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Nonostante la sede dell'ente si trovi a pochi passi da Piazzale Flaminio, a Roma, e precisamente nell'interregno tra la piazza e Villa Borghese, la sua posizione defilata lo rende particolarmente difficile da trovare. Decido dunque di importunare casualmente qualcuno tra la folla con una richiesta di informazioni, e la mia scelta ricade su una ragazza appoggiata alla banchina della metropolitana che sembra in attesa di qualcuno.

Elena, che pur non avendo potuto votare al referendum ha le idee molto chiare sul CNEL.

Chiedo dunque a Elena se sia a conoscenza del fatto che il CNEL si trovi proprio a due passi da lì, e lei mi risponde di no. Facendole qualche altra domanda scopro che non ha votato perché straniera ma che, se avesse potuto farlo, avrebbe decisamente preferito il "No", essendo tra le altre cose in disaccordo—incredibile dictu—proprio con l'abolizione del CNEL.

Altri passanti che decido di interpellare a riguardo mi ripetono praticamente la stessa cosa, ovvero che non hanno la minima idea di dove si trovi questo ente di cui tutti negli ultimi mesi abbiamo sentito parlare a ripetizione, e la mia curiosità sull'effettivo rapporto tra il CNEL e il mondo reale cresce sempre più.

A quel punto penso che forse il problema è che sto chiedendo alla parte di votanti sbagliata, forse del CNEL se ne sono curati solo quelli che hanno votato per mandarlo alla ghigliottina. Ma sono costretto ad abbandonare la mia ipotesi quando, proprio dietro il CNEL—in prossimità del palazzo—incontro un ragazzo, Alessandro, e gli chiedo se sappia cosa sia o dove si trovi il CNEL: mi risponde di non averne la più pallida idea, pur avendo votato Sì al referendum.

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La confusione, a questo punto, è massima.

Sembra—e dico sembra, perché non voglio prendere posizioni che poi non avrei modo o voglia di sostenere—che il CNEL sia stato, all'interno di questa campagna referendaria, una sorta di grimaldello ideologico, quasi uno spauracchio o un'argomentazione di riserva da utilizzare una volta esauriti tutti gli argomenti a sostegno della propria posizione di voto. "Eh ma comunque l'abolizione del CNEL"—è rimbalzato da una parte all'altra. A farmi sorridere è il fatto che un'argomentazione passe-par-tout come questa, che chissà quante volte è stata tirata fuori nel corso delle cene pre-referendarie, sia poi così poco ancorata alla realtà concreta.

Eccola, la realtà concreta del CNEL.

Ma ora ho una domanda a cui rispondere: qualcuno, al CNEL, si è reso conto di essere passato da un imbuto storico in cui poteva rimanere incagliato ed essere arrivato dall'altra parte illeso? Qualcuno sta festeggiando come vogliono i giornali? A quanto pare, no.

All'ingresso del CNEL la situazione è piuttosto statica e non rilevo traccia di coriandoli né di festoni. Ci sono solo piccioni e giornalisti dell'ANSA evidentemente disperati e logorati dalla noia al punto da tentare di intervistarmi, che quando però scoprono che sono lì per il loro stesso motivo, e che no, no, non faccio parte del CNEL, perdono anche questa speranza di riuscire a trarre almeno una dichiarazione di giubilo per lo scampato pericolo.

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Ovviamente cerco di entrare, ovviamente non mi lasciano. Vogliono tenersi la festa per loro.

A un certo punto, però, la monotonia della mattinata particolarmente afosa viene interrotta da un uomo sulla quarantina, forse il portiere, che esce a fumare sulla gradinata principale. Mi avvento su di lui con la fame di un avvoltoio e gli chiedo se tra quella mattinata e domenica sia cambiato qualcosa; lui mi risponde laconicamente che quello che è cambiato è che ieri era domenica ed oggi lunedì, lanciandomi uno sguardo particolarmente torvo e—l'ho proprio percepito—invitandomi col pensiero ad andare via.

Aspetto ancora un po', rosolato dalla mia stessa inanità, finché dall'edificio esce una donna che ha l'aspetto di una persona che potrebbe lavorare al CNEL, e che comunque non vedo perché altrimenti dovrebbe essere lì, quindi decido di importunarla.

Daniela, la prima che sembra sapere a cosa serva il CNEL.

La donna si chiama Daniela, lavora effettivamente al CNEL (!) e mi fornisce qualche chiarimento sull'istituto e sulle sue funzioni: nonostante la fortissima campagna denigratoria degli ultimi mesi, mi dice, il CNEL ha sempre svolto una funzione consultiva e non legislativa. Il suo compito, cioè, è quello di fornire pareri che contribuiscono alla formazione delle leggi. Il potere di iniziativa legislativa che il CNEL ha in base all'articolo 99 della costituzione, conclude Daniela, è una competenza meramente accessoria, un plus che è stato scambiato per il suo compito principale.

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Ok. Pur non sembrandomi che Daniela sprizzi gioia da ogni poro, penso che ora almeno posso dare un volto alle persone che—ne sono certo—senza che io abbia il permesso di vederle stanno sbocciando tra le mura del palazzo.

Poco dopo esce anche il vice presidente dell'ente, Gian Paolo Gualaccini, subito disponibile a rispondere a un paio di domande. Gli chiedo se ci siano dei festeggiamenti in corso o se quantomeno ci siano stati, ma lui mi risponde di no, né quella mattina né la sera precedente poiché tutti, dai consiglieri ai dipendenti, erano tranquilli e sereni, dal momento che se avesse vinto il Sì sarebbe stato abrogato l'articolo 99 e tutti i membri del CNEL sarebbero passati alla Corte dei conti.

Ah. Quindi non c'è in realtà molto da festeggiare, dal suo punto di vista.

Gian Paolo Gualaccini, vice presidente del CNEL.

Quando gli espongo i miei dubbi sull'effettiva conoscenza di questo organo da parte dei cittadini prima del referendum (e tra l'altro, nonostante fossero usciti articoli al riguardo, non so quanti sapessero che in caso di abolizione del CNEL tutti i suoi membri sarebbero passati alla Corte dei conti), il vice presidente si dimostra piuttosto d'accordo, dicendomi che questo ente era conosciuto quasi esclusivamente dagli studenti di giurisprudenza ai quali era anzi utilissimo. Molti, infatti, lo preparano come domanda a piacere, essendo l'articolo 99 lungo solo cinque righe.

Per il resto, mi conferma quanto già detto da Daniela: il CNEL ha funzione consultiva di governo e parlamento, in virtù del suo rappresentare i corpi intermedi come i sindacati e le associazioni datoriali. Nonostante negli ultimi anni, conferma amaramente, il CNEL si sia dimostrato effettivamente poco incisivo, il risultato referendario aumenta la sensazione di responsabilità da parte di chi ci lavora, e li spingerà a mostrare ai cittadini il valore di questo organo.

Checché ne dica, sono sicuro che stanno festeggiando. Lo vedo dal bagliore dei loro occhi. Intanto, un anziano a passeggio si dimostra piuttosto interessato alla facciata dell'edificio. Scopro che si chiama Valentino e che il suo aver votato no al referendum è dipeso proprio dal CNEL: se fosse stato abolito tutti i suoi dipendenti avrebbero perso il lavoro, mi dice, aggiungendo di aver camminato fin lì perché sperava che avrebbero offerto dello champagne.

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