I bagnanti del "fiume dei miracoli" sotto l'Ilva di Taranto

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I bagnanti del "fiume dei miracoli" sotto l'Ilva di Taranto

Abbiamo parlato con i membri del Collettivo DAV delle acque miracolose del fiume Tara, accanto all'Ilva, e dei pugliesi che da anni ci fanno il bagno dentro, tra sacro e profano.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Tutte le foto del Collettivo DAV.

Negli ultimi anni chi abbia sentito parlare di Taranto non l'ha di certo pensata da un punto di vista taumaturgico: il nome della città è spesso legato a quello dell'Ilva e dei rischi per la salute che questo complesso industriale pone per chi ci lavora e vive intorno. Eppure, proprio nei pressi di Taranto scorre un fiume delle cui qualità curative si vocifera da tempo: il Tara.

Le proprietà del fiume—che è anche al centro del mito della fondazione della città da parte di Taras—si tramandano in numerose leggende; la più nota riguarda un asino gettato nel Tara a morire, e che invece fu salvato proprio dal contatto con le acque e i fanghi del fiume. In effetti, il corso è sempre stato meta di un turismo "curativo", tanto che fino agli anni Cinquanta proprio sulle sue sponde sorgevano anche impianti balneari e facility per consentire le abluzioni nell'acqua fredda e gli impacchi di fango. Oggi questi impianti non esistono più, ma è rimasta una vera e propria comunità di "affezionati" del fiume, che crede alle sue proprietà miracolose.

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Il Collettivo DAV, composto da Dalila Ditroilo, Antonio Maria Fantetti e Vito Bellino, ha cominciato a fotografare il Tara e la sua comunità di "credenti" nel 2014, all'interno di un progetto promosso dalla sezione locale dell'INU, l'Istituto Nazionale di Urbanistica.

"Da subito," mi hanno spiegato i ragazzi del collettivo, "ci è apparsa un'immagine spiazzante: nel nulla che caratterizza i dintorni di Taranto, segnati dalla presenza dell'Ilva e da un paesaggio brullo, c'era una realtà verde acceso, con un corso d'acqua abbondante e un'umanità intenta a rilassarsi e godersi questo autentico angolo di benessere." Questa "frattura visiva con il contesto circostante" li ha spinti a voler conoscere meglio il luogo, ed è alla base del progetto Tara, il fiume dei miracoli, che uscirà a settembre per Doll's Eye Reflex Laboratory.

La comunità che si ritrova sulle rive del fiume è molto varia, e proprio la trasversalità—che "ha evidenziato come questo lembo di territorio sia una risorsa, un punto di aggregazione"—è stata motivo di sorpresa per i fotografi.

Un momento di particolare raccoglimento, che ha qualcosa del rito sacro (come rimando al ritrovamento nel fiume di un'icona raffigurante la Madonna) ma anche pagano, è l'alba del primo settembre: alla cinque del mattino uomini e donne si immergono nelle acque del fiume per recitare il rosario e affidare alla corrente dei lumini. Ovviamente il fine è la buona salute, che sarebbe assicurata così per tutto l'anno a venire.

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Ma al di là dei presunti motivi curativi, c'è qualcosa di più concreto, secondo il collettivo DAV, alla base della comunità del fiume Tara: "[Il fiume] costituisce una rottura con la difficile realtà sociale e ambientale in cui queste persone vivono tutti i giorni. È un luogo di riappacificazione con il proprio territorio e con la propria identità." E forse è per questo che, nonostante tutto, la leggenda non sembra destinata a perdere di vigore, "perché il Tara dà alle persone il 'proprio' posto, un posto dove raccogliersi, incontrarsi, rifugiarsi, riconoscersi."

Tara, il fiume dei miracoli del Collettivo DAV, a cura di Doll's Eye Reflex Laboratory, è in uscita a settembre. Il progetto del libro è di Irene Alison, la direzione artistica di Alessandra Pasquarelli, e la postfazione di Alessandro Leogrande.

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