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A8N5: È tutto molto strano

Come se fossero ancora vivi

Yojani Solìs è il miglior imbalsamatore di tutto il Messico.

Yovani estrae liquidi da un cadavere. 

Tutti i giorni per andare e tornare dall’ufficio prendo il tram. Sono anni, ormai, che lo prendo. Il percorso comprende alcuni dei quartieri più belli di Città del Messico, come Colonia Roma, ma anche uno dei quartieri più difficili: i Doctores, dove ogni strada ha il nome di un fisico famoso. L’anno scorso, era una mattina di aprile, guardavo fuori dal finestrino quando ho visto due enormi container appoggiati alla porta di quella che sembrava una normalissima abitazione. Un nutrito gruppo di fotografi scattava in direzione dei container, mentre i soldati circondavano il perimetro, bloccando la strada. Era uno spettacolo inusuale, ma non mi ha provocato nessun roosveltiano sospetto.

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Più tardi quello stesso giorno, mentre guardavo il telegiornale, ho scoperto che la casa che ho visto dal tram era una specie di sosta obbligata del passaggio nell’aldilà—un obitorio a gestione famigliare.

La scena continuava a tornarmi in testa, finché la curiosità ha avuto la meglio e ho deciso di tornare in quella casa e vedere cosa vi stesse succedendo. Ho bussato alla porta, aspettandomi che rispondesse qualche strambo, vampiresco vecchino. Ad accogliermi invece c’era dolce giovanotto dalla voce suadente di nome Yovani González Solís, l’unico impiegato della Embalsamadora la Piedad (Imbalsamazioni La Pietà).

La prima cosa che ho chiesto a Yovani è stato dei rimorchi che ho visto dal tram, uno dei quali era al momento sul marciapiede, appoggiato all’edificio. Mi ha detto che i container erano pieni di corpi, e che gli erano stati spediti. Le autopsie, in Messico, sono in mano al SEMEFO, l’Istituto di Medicina Legale, un’agenzia governativa che ha il compito di identificare i corpi e investigare sui casi di morte violenta. Ma a quelli come Yovani è accordata la fiducia per la pulizia e l’imbalsamazione. È outsourcing mortuario, per così dire.

Quando ho chiesto a Yovani da dove venissero i cadaveri e i container, mi ha detto che li stavano trasferendo dalle famigerate sepolture comuni dei narcos di Tamaulipas—erano le vittime delle brutali esecuzioni perpetrate dal cartello della droga lo scorso anno. Ne ero scioccata e ho pensato fosse meglio andarmene e riflettere su quello che stava succedendo a casa di Yovani, ma gli ho chiesto se per lui fosse un problema se fossi tornata per parlare un po’ del suo lavoro. Mi ha detto che non era un problema.

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Mi sono presto ritrovata a passare lunghi pomeriggi con Yovani, a parlare di corpi in decomposizione, dei misteri della morte, e della sua vita. Mentre molti ragazzini di Città del Messico celebrano il loro quindicesimo compleanno con grandi feste tipo bar mitzvah, a quell’età Yovani ha dovuto cominciare a lavorare come imbalsamatore. Anche se ha solo 27 anni, Yovani si è guadagnato un’ottima reputazione nel mondo dell’imbalsamazione, tanto da avere tra i suoi clienti fidati il SEMEFO e l’Heróico Colegio Militar (l’accademia ufficiali dell’esercito messicano).

Yovani in posa nel laboratorio di imbalsamazione dopo una dura giornata di lavoro.

Yovani passa quasi tutti i giorni nel suo bunker di morte, e gran parte del quartiere Doctores partecipa al business della sepoltura: ci sono ben due ospedali in questo quartiere, innumerevoli pompe funebri e negozi di bare spuntano un po’ ovunque, e anche il quartier generale del SEMEFO è qui nei paraggi. È un paradiso gotico adolescenziale.

È difficile avere una vita sociale quando lavori in una ditta di imbalsamazione, come Yovani. Non può nemmeno prendersi una pausa perché il lavoro non dà tregua e perché non riesce a trovare assistenti a tempo pieno che stiano al passo con un lavoro faticoso, che mette a dura prova l’olfatto. Fa tutto da solo. È ironico che in un Paese dove i ragazzini sono pronti a firmare con i cartelli per diventare sicari e uccidere una persona per meno di 50 dollari, nessuno voglia lavorare per pulire un po’ tutto il sangue.

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Come Yovani mi fa notare più volte, ogni corpo arriva in condizioni diverse, e alcuni richiedono più lavoro di altri. Le vittime di assassinio spesso sono portate al SEMEFO prima di poter essere preparate per la tomba e, se sono fortunate, per il funerale. Dopo che le autorità hanno eseguito l’autopsia per determinare la causa del decesso, il corpo deve essere imbalsamato in un particolare modo chiamato legale. Nel cadavere vengono iniettati almeno due litri di formaldeide—prima nella vena giugulare, poi nella carotide del collo e nella vena succlavia del tronco, e infine nelle arterie femorali delle cosce. Quando il corpo arriva al luogo di imbalsamazione, le interiora (il cuore, il fegato, l’intestino, i polmoni) vengono messe da parte in una busta di plastica. Questo aiuta a rallentare i tempi di decomposizione.

Yovani svolge dal lenzuolo un corpo prima di adagiarlo sul tavolo chirurgico.

Se una persona muore in modo particolarmente cruento, Yovani copre le ferite con polvere di formaldeide, che rende il sangue gelatinoso e impedisce che i liquidi iniettati fuoriescano durante il funerale. Anche tutti gli altri liquidi corporei devono essere estratti. Per risucchiare l’acqua dalle cavità addominali, Yovani misura tre dita sopra l’ombelico e buca il cadavere con il trocar, un ago azionato a vapore, l’attrezzo del mestiere dell’imbalsamatore. Quando gli ho chiesto quale fosse la parte del corpo più dura da bucare, mi ha risposto “il cuore.” Mima il gesto. “Quando il corpo lascia questo laboratorio sembra appena uscito dalla doccia. Li laviamo, li asciughiamo, e a volte li trucchiamo anche.”

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Il suo laboratorio contiene tutti gli attrezzi che vi immaginereste—scalpelli, forcipi, filo da sutura, un paio di tavoli su cui adagiare i corpi—con qualche aggiunta personale. “Non posso lavorare senza supercolla, perché quando devo chiudere i buchi nel collo da cui ho risucchiato i fluidi, non mi piace usare i punti. Non è bello da guardare al funerale, per i parenti; se invece incolli la pelle, sembra molto ben fatto, e pulito.” Tiene a portata di mano anche rossetto e cipria, per ragioni analoghe.

 A volte, però, le famiglie chiedono cose che vanno al di là del talento di Yovani: “Quando arrivano clienti con i corpi di donne molto anziane, sono assai esigenti. Mi portano sempre una foto della morta quando era giovane e aveva un sacco di capelli, ma non posso andare oltre certi limiti. Non sono un mago.”

Guardando Yovani risucchiare litri e litri di sangue, piscio, acqua e altra materia non identificabile dai cadaveri, mi chiedo cosa se ne faccia di tutta quella roba, o delle lenzuola macchiate di sangue e dell’altra immondizia assortita. Mi risponde che i fluidi finiscono nella fogna, ma non prima che ci abbia aggiunto un agente chimico che fluidifica i rifiuti più densi, rendendoli “acqua.” Davvero, acqua? Sembra una cosa da alchimisti. “Be’, non proprio acqua potabile, ma elimina l’odore e il colore dei fluidi. E una volta che ha fatto il suo dovere, aziono lo sciacquone e i liquidi finiscono giù nello scarico.” Per quanto riguarda i rifiuti solidi, vengono prelevati da un furgone che di solito raccoglie la spazzatura degli alberghi. Ovviamente, Yovani dà loro generose mance per l’aiuto.

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Nel tentativo di avere una visione più ampia del suo lavoro, ho scoperto che, nella sua attività, Yovani ha preparato centinaia di corpi, se non migliaia. Ma il cadavere di gran lunga più famoso che ha imbalsamato è quello dell’ex presidente messicano José López Portillo. Ha lavorato anche su Espectrito Junion, un lottatore nano che, in un “incidente” costruito su misura per i giornalisti, è stato trovato morto nella sua stanza d’albergo con La Parkita, il fratello e partner sul ring, anche lui nano; dai tabloid sembra che siano stati avvelenati da due prostitute che li hanno poi derubati.

Il lavoro più leggendario—e cruento—che Yovani abbia mai fatto è quello sui cadaveri nei rimorchi che ho visto dal finestrino del tram. I corpi erano stati ritrovati nella città di San Fernando, nello stato di Tamaulipas, area conosciuta come snodo dei clandestini che dal centro America cercano di raggiungere gli Stati Uniti. Secondo le notizie, il cartello Los Zetas sequestrava interi pullman di persone, tenendole in ostaggio dietro richiesta di riscatto o cercando di costringerle a lavorare per loro. Alcune notizie riportavano anche che degli ostaggi fossero obbligati a combattere tra di loro fino alla morte, e molti dei rapiti erano stati dichiarati scomparsi fino alla scoperta delle fosse comuni. Quando si è sparsa la notizia della situazione, tutte le società di imbalsamazione dei Doctores hanno spedito i corpi su cui stavano lavorando ad altri quartieri e si sono unite a formare una specie di squadra estemporanea che si occupasse dei corpi, per gestire l’improvvisa ondata di morte.

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“È arrivato un carico di circa 80 corpi, ma il giorno dopo ne abbiamo ricevuti altri 75,” dice Yovani. “Molti sono arrivati in stadio avanzato di decomposizione; erano praticamente irriconoscibili. In alcuni casi, l’unica cosa che potevamo fare era mettere le ossa e i lembi di pelle nella formaldeide. Abbiamo formato una cordata di dieci imbalsamatori, e ci siamo divisi a coppie.” Gli ho chiesto dell’odore. “Non so dirti. Dopo circa due anni di lavoro, ho perso l’olfatto.”

Dopo alcune settimane, durante le quali si erano succedute notizie contrastanti riguardo al conteggio definitivo dei corpi di San Fernando, il governo ha rilasciato la dichiarazione ufficiale, riportando che sono stati trovati 193 corpi in 47 fosse comuni clandestine. Gli esercizi di imbalsamazione regionali del nord del Messico erano assolutamente inadatti a gestire una tale quantità di cadaveri, così son stati spediti a Città del Messico in container frigoriferi. Una volta imbalsamati, i cadaveri sono stati mandati al SEMEFO. Secondo il PGR (l’analogo messicano della Procura della Repubblica), solo 34 sono stati identificati.

Prima di mandare un cadavere alla sua destinazione finale, Yovani fa un’ultima ispezione per assicurarsi che sia ben composto e pulito. 

Non è la prima volta che Yovani deve lavorare su una tale quantità di cadaveri. Nel settembre del 2010 ha ricevuto in laboratorio 56 corpi, ovvero la maggior parte delle 72 vittime di un’esecuzione perpetrata dal cartello Los Zetas a San Fernando. Quel massacro è uno degli eventi più tristemente famosi della storia recente, dal momento che la maggior parte delle vittime, se non tutte, erano innocenti migranti da El Salvador, Guatemala, Honduras, Brasile, e uno anche dall’India, che stavano solo cercando, come molti avevano fatto prima di loro, una vita migliore.

Secondo il SEMEFO, quando nel 2011 è avvenuta la seconda strage, 14 dei 72 immigrati del massacro precedente dovevano ancora essere identificati, e in seguito alla scoperta di nuovi cadaveri, quelli non identificati della prima partita hanno dovuto essere spostati nella vicina città di Toluca. Uno di questi corpi, alla fine, è stato rivendicato dai parenti, ma i restanti 13 hanno dovuto essere sepolti, destino beffardo, in un’altra fossa comune, stavolta in un sito legalmente adibito a tale utilizzo, a Città del Messico.

I cimiteri clandestini non sono una novità in Messico, ma le narcofosas (le tombe di massa dei narcos) sono dilagate a partire dal 2006, lo stesso anno in cui il governo di Felipe Calderón è salito al potere e ha dichiarato guerra ai cartelli. Tra il 2006 e il 2011 sono state ritrovate 174 fosse comuni sparse per 19 Stati (con maggiore concentrazione negli Stati di Guerrero, Tamaulipas, Durango e Chihuahua), contenenti in totale 1.029 corpi. Le stime sul numero totale degli assassinii legati allo smercio di droga degli scorsi cinque anni variano molto, e chissà quanti corpi sono ancora da disseppellire. I dati ufficiali emessi a gennaio dalla Procura messicana riportavano che le morti erano circa 47.515, ma Semanario Zeta, un settimanale di politica di Tijuana, ne ha contate più di 60.000 e l’organizzazione Mexico United Against Crime è arrivata a 80.000.

In tutto questo c’è un risvolto positivo: fino a che i cadaveri si moltiplicheranno, come risultato della guerra tra il governo e i cartelli, lavori come quello di Yovani continueranno a prosperare. Mi sento fortunata ad aver trovato un amico fidato come lui, con cui posso parlare per ore di vita, morte, e della nuova stagione di The Walking Dead.