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Attualità

A proposito dei commenti schifosi sotto gli articoli scritti da ragazze

Perché nei commenti agli articoli scritti da donne prima o poi compare sempre qualche allusione alle presunte voglie sessuali/preferenze sessuali dell'autrice o la parola "troia"? Senza fare di tutta l'erba un fascio, è anche l'ora di finirla.

Se ruotate intorno al mondo editoriale, come lettori, autori o commentatori, vi sarete probabilmente resi conto che la scorsa settimana si è manifestata una concatenazione di eventi riassumibile in 1. su Internazionale è stato pubblicato un articolo a mio parere contestabile e che in effetti è stato contestato 2. oltre alle contestazioni di sostanza, questo articolo è stato bersaglio di commenti sessisti 3. la polemica intorno all'opportunità dell'articolo e intorno al sessismo dei commenti si è ammosciata in quella che mi piace pensare come una lotta dell'ornitorinco tra persone che con l'articolo c'entravano solo relativamente.

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Se invece non ruotate intorno a questo mondo e vi siete persi il pezzo di Violetta Bellocchio su un incontro con la polizia da lei avvertito come spiacevole alla stazione di Milano Rogoredo, poco male. Quello che mi interessa della questione non è tanto l'articolo, né le—sia detto con rispetto—pugnette che ne sono seguite al punto 3: quello che mi interessa sono i commenti pieni di allusioni sessuali del tenore di "forse speravi che [i militari e l'ufficiale della PolFer] ti mettessero dentro il cazzo, in quel gabbiotto" che hanno popolato le bacheche e la pagina Facebook di Internazionale. Vorrei fare i grab, ma molti sono stati rimossi.

E poi è solo un esempio: commenti simili non sono affatto nuovi, e se a volte hanno più risonanza perché Emily Ratajkowski parla di femminismo, o si fa selfie mezzi al naturale con Kim Kardashian, e in quel caso entra in gioco lo slut shaming—termine coniato apposta per indicare l'offesa fatta a donne che secondo l'offensore, cito da Wikipedia, violano i codici di comportamento e di "buon costume"—nella realtà dei fatti se sei una donna e scrivi per una testata online oppure esprimi pubblicamente le tue opinioni sui social network, queste reazioni sono una costante (ovviamente succede anche in altri ambiti, ma mi preme non generalizzare in questo articolo). Mi pare che in fin dei conti, il codice violato in questo caso sia aver scritto, anche se sei donna.

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Ora, dato che il terreno è sdrucciolevole, cercherò di picchettare il discorso: pontificare sul fatto che qualunque commento venga mosso a una donna sia un commento sessista è non solo ingiusto, ma anche controproducente. A prescindere dalle critiche motivate, che sono la base del dibattito in ogni senso, esistono un sacco di commenti che pur essendo commenti aggressivi, inutili o molto offensivi non sono sessisti. Non che siano meglio o peggio, sono semplicemente una categoria più inclusiva e che riguarda tutti, indipendentemente dal sesso.

Ciò detto, la verità è che se io e Mattia Salvia scriviamo lo stesso pezzo, e dieci persone ci insultano per quel pezzo in modo avulso dal contesto, i commenti a lui dedicati saranno (cito reali commenti comparsi sul nostro sito): "E magari vorresti essere pagato, per le puttanate che scrivi," che a proposito rischia di essere il commento più diffuso, e "Questo articolo, come tutti quelli scritti da Salvia, è un mucchio di stronzate da hipster del cazzo che gioca a fare il progressista."

Tra i dieci in fondo al mio presunto articolo, invece, ce ne sarà probabilmente almeno uno dedicato al campo semantico del sesso, degli animali che hanno a che fare con gli insulti sul sesso, o con le voglie o meno, più o meno violente ma comunque sgradite del commentatore:

In particolare, ci sono tre grandi filoni in cui si incanalano gli insulti che compaiono ogni volta che pubblichiamo un post scritto da una ragazza, e in particolare quelli che trattano esperienze personali, per non parlare di relazioni o sfera sessuale—se non li vedete è perché vengono rimossi. Il primo è quello in cui la detta autrice è accusata di avere la possibilità di scrivere solo per la sua bella faccia o, in caso di non riscontrata bellezza fisiognomica, per le sue abilità in campo sessuale—ovvero, i cazzi che ha preso, prenderà etc. Di questo primo filone fa parte anche il mero giudizio estetico.

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Altri sono i randomici cagna, troia, puttana, con annessi e connessi un po' meno "evidenti". Per esempio, è di qualche tempo fa un commento in cui un'autrice veniva invitata a "giustificare il suo abbaiare".

E qui mi collego a due questioni: il problema di fondo, qui, non sono gli uomini. Il problema di fondo è un sentire sociale a cui siamo tutti abituati, uomini e donne, per cui una delle prime cose che viene in mente per insultare una ragazza è ricollegarsi alle sue presunte doti o mancanze o preferenze sessuali. Che prima ancora di essere sessista, parola che tolta questa occasione ho cercato di non usare nell'articolo preferendo rimanere sul piano dell'esemplificazione e della statistica, è abbastanza bieco e inutile. E infatti sono spesso le donne quando commentano a presumere una troiaggine o una facilità da parte delle altre appartenenti al loro sesso.

La seconda questione riguarda il fatto che se un articolo scritto da una ragazza risulta privo di sostanza o non compiacente a chi legge, la stessa viene invitata a levarsi di collo per cominciare a scrivere su riviste viste come "sminuenti": riviste dove, secondo chi scrive il commento, scrivono le oche. A parte l'opinabilità di un giudizio simile, non è mai successo che qualcuno fosse invitato a scrivere per La Gazzetta dello Sport o per Libero. Insomma, quando una ragazza viene invitata a tornare a occuparsi di quanto le compete, sia la cucina o una colonna dedicata alla depilazione, lo trovo un passo indietro per l'umanità. Perché evidentemente non è un consiglio "professionale"—è un consiglio esistenziale.

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Sicuramente a chiunque nel privato capita di scivolare nel caustico, nel non politicamente corretto etc, e meno male, altrimenti sai che palle. Non possiamo essere ipocriti. Però la mia paura è che in alcuni casi, quando si parla di donne "che sono un po' troie" o che "dovrebbero tornare a occuparsi d'altro", la linea tra "faccio una battuta scorretta" e "forse un po' lo penso" non sempre sia chiarissima.

Il punto, per quanto mi riguarda, non è nemmeno vedere l'insulto scritto. Non sono una persona particolarmente sensibile al catcalling o alla questione femminile a livello filosofico o teorico, e sono anche sicura che chiunque faccia questo lavoro vi dirà che si impara in circa un mese a non prendere sul personale qualsiasi cosa non contenga un'informazione costruttiva, o distruttiva in senso concreto, sul nostro lavoro. Quello che mi fa schifo è che ci siano persone, uomini o donne, per cui urlare "troia" a una ragazza, per strada o su internet, è un modo di far sentire la propria voce al mondo.

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