FYI.

This story is over 5 years old.

News

Cosa significa la vittoria di Trump per l'Italia?

Ho chiesto a Nadia Urbinati, professoressa di scienze politiche alla Columbia University, cosa possiamo aspettarci da Trump e quali saranno le ripercussioni su di noi della sua presidenza.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Foto via Facebook.

Martedì notte, mentre i voti iniziavano a segnalare l'avanzata di Donald Trump, non riuscivo a non pensare a un romanzo che ho letto qualche anno fa. Scritto e ambientato negli anni Trenta del secolo scorso, il protagonista di questo libro è il senatore populista Berzelius "Buzz" Windrip, che da outsider riesce a scalare il Partito Democratico e candidarsi per le presidenziali.

Rivolgendosi a un elettorato di maschi bianchi arrabbiati e fiaccati dalla Grande Depressione, il candidato promette di riportare gli Stati Uniti alla grandezza perduta, facendo leva sul patriottismo e sui valori tradizionali. Naturalmente non va a finire bene: dopo aver vinto le elezioni, Windrip instaura una dittatura fascista avvalendosi anche di una milizia paramilitare.

Pubblicità

L'autore di questa distopia fantapolitica è il premio Nobel americano Sinclair Lewis , e il titolo è It can't happen here ("qui non può succedere"). Ecco: con tutte le differenze possibili—si tratta pur sempre di un romanzo del 1935, scritto in un periodo storico diverso, e di certo Trump non è un dittatore— è successo qualcosa di simile anche nella realtà.

C'è chi, scosso da un simile risultato, cerca di farsene una ragione (ri)leggendo la "profezia" di Michael Moore e condividendo le autocritiche dei media americani; e chi rimprovera a questi ultimi di non aver saputo (o voluto) vedere le cose come stavano.

Certo, il primo discorso presidenziale di Trump è stato tutto sommato moderato, tra i richiami all'unità nazionale e la disponibilità a collaborare con tutti. Ma stiamo parlando di una persona che durante la campagna elettorale ha detto tutto e il contrario di tutto, che non ha una linea politica chiara, e che è totalmente imprevedibile.

Per provare comunque a immaginare cosa possiamo aspettarci—e capire quali saranno le ripercussioni a livello europeo e italiano—ho contattato Nadia Urbinati, professoressa di scienze politiche alla Columbia University, esperta di populismi e autrice di molti saggi.

VICE: La mia prima domanda è abbastanza semplice: com'è stato possibile un risultato del genere?
Nadia Urbinati: Anzitutto, Hillary Clinton non era una candidata convincente e ha fatto una compagna elettorale molto povera. E soprattutto, ha basato l'ultima parte sull'attacco diretto a Donald Trump, per tutte le cose orrende che ha detto, ad esempio, sulle donne o gli ispanici.

Pubblicità

In generale è stata una campagna elettorale d'opposizione, che Clinton ha abbracciato invece di parlare di temi reali, di proposte concrete. C'è una situazione sociale a dir poco disagiata in gran parte dell'America che non sta nelle grande metropoli, e che si trova in una condizione di grandissima sofferenza: perdita di lavoro, caduta verticale del potere d'acquisto e dei salari, eccetera.

Questi problemi non si possono semplicemente ignorare, o pensare che comunque la classe lavoratrice avrebbe seguito i Democratici come è successo con Obama. Da questo punto di vista, ci sono stati sicuramente errori da parte della contendente Hillary Clinton e del suo staff, se non anche del Partito Democratico medesimo.

Trump, invece, non viene dalla politica—e anche se è ricco non è un problema, anzi. Quello che lo ha veramente legittimato agli occhi della gente ordinaria è che non viveva di politica, cosa che invece ha sempre fatto Clinton, arricchendosi enormemente. È una donna che vive di potere, e questo non è piaciuto ai cittadini ordinari.

Se i democratici avessero candidato Bernie Sanders, le cose sarebbero andate diversamente?
Non è possibile dirlo, ma sicuramente Sanders—e non da populista—aveva individuato temi molto importanti. E aveva capito che il problema sociale e di classe esiste fortemente, come anche quello del capitale umano, sociale ed economico. Lo stesso aveva fatto con la disfunzionalità del Partito Democratico, ormai ridotto a un'oligarchia inaccessibile rinchiusa dentro le istituzioni.

Pubblicità

Un articolo del Washington Post sostiene che i mediauno dei bersagli principali di Trumphanno voluto guardare altrove, convinti che Trump non avrebbe mai vinto. Ma davvero nessuno ci aveva capito nulla?
A mio avviso non è soltanto così. I media, anche in Italia, hanno un'altra colpa: quella di essere schierati. Hanno deciso di stare da una parte contro l'altra, di entrare nel gioco politico da organi di propaganda. Si sono polarizzati e radicalizzati, trasformandosi in una sorta di megafono del populismo.

A livello geopolitico, la presidenza di Trump cosa potrebbe comportare? Ammesso che Trump abbia idea di cosa fare, ovviamente.
Nessuno sa cosa farà Trump. Ritengo però che i problemi maggiori riguardino la politica interna americana , soprattutto a livello di diritti, più che quella estera. Da questo punto di vista, a essere sinceri, Trump da qualche mese a questa parte non ha detto cose così demenziali—come il cambiamento della politica americana nei confronti dei paesi del Medioriente: non l'intervento militare, ma soluzioni diverse.

Andando sul piano europeo, e più precisamente su quello dei movimenti populisti europei, Marine Le Pen è stata la prima a congratularsi con il neo-presidente degli Stati Uniti, mentre Nigel Farage ha parlato di un'altra "rivoluzione" dopo Brexit. La vittoria di Trump è l'ennesimo segnale che qualcosa si sta muovendo sotto questo versante?
Si sta muovendo perché le condizioni sociali sono estremamente precarie, e nessuno—soprattutto la sinistra—le sa rappresentare e interpretare secondo le promesse che la stessa democrazia fa, ossia l'uguale dignità delle persone nel mondo del lavoro, della politica, eccetera. Il primo che riesce a farlo, anche in maniera puramente retorica come ha fatto Trump, può vincere.

Pubblicità

A ogni modo, l'Europa produce populismi diversi da quello americano, che fa parte di una tradizione che ha a che fare con l'antipolitica del cittadino comune che non vuole sporcarsi le mani con il potere. Detto questo, non so nemmeno se Trump sia davvero al corrente dell'identità di questi movimenti; mi pare che siano quest'ultimi, più che altro, a essere saltati sul carro del vincitore.

A questo proposito, Beppe Grillo l'ha fatto e ha pure parlato di "similitudini" tra "questa storia americana" e il Movimento 5 Stelle. Ci sono effettivamente, queste similitudini?
Per me non ce ne sono. Trump lo chiama "movimento," ma ha bisogno di chiamarlo così perché il Partito Repubblicano non si è mobilitato per lui, lo ha scaricato. In questo senso Trump è "solo," senza nessuno. È chiaro poi che Trump, come Grillo, è un uomo di spettacolo. Ma c'è una grandissima differenza: si è impegnato in prima persona e ha rischiato tutto; Grillo lascia che siano i suoi "generali" ad andare avanti. La situazione, insomma, mi pare incomparabile.

Pensa che la vittoria di Trump possa influenzare in qualche modo il referendum costituzionale?
In Italia si è subito fatta l'equazione Brexit - Trump - rischio che Renzi vada a casa. Da quello che vedo, però, si sta già facendo un uso "doppio" di Trump: da un lato si paventano queste uscite (exploit?) populiste/i; dall'altro si sostiene che, per impedire l'esplosione di un fenomeno del genere, bisogna votare Sì al referendum.

Pubblicità

Trovo che siano entrambi manipolazioni. Non c'è alcuna relazione concreta con la realtà degli Stati Uniti, che ha problemi interni e unici—e lo stesso vale per Brexit. È vero che ci sono situazioni di sofferenza; ma allora prendiamocela con i partiti politici che non la sanno interpretare. Non è soffiando sul fuoco del referendum costituzionale che si riesce a raddrizzare la politica economica e sociale di un paese. Credo che ci sia il bisogno di stare in guardia contro questi usi e abusi del fenomeno americano per interessi puramente di bottega.

Il tweet del senatore del Partito Democratico Bruno Astorre, poi cancellato.

Se mai dovesse arrivare una specie di Trump italiano, troverebbe un terreno fertile?
Non vedo nessuna figura capace di imporsi in una maniera così prepotente, forte e immediata. Il Movimento 5 Stelle è un movimento d'opposizione orizzontale, non ha nessuna verticalità: è una marmellata che si sta adattando a tutte le maglie del sistema parlamentare; in più non ha personalità di spicco, e Grillo non può correre alle elezioni. Salvini invece è un fenomeno del tutto locale, molto più pompato dai media che non reale: se non venisse più invitato in tutte le trasmissioni, ade esempio, non sarebbe più Salvini.

Per finire, dobbiamo essere preoccupati di quello che è successo l'8 novembre? Sarà un disastro?
Non credo. Gli Stati Uniti hanno un sistema istituzionale e costituzionale che è rigidissimo. Non hanno mai avuto un cambiamento di regime, pur avendo avuto forme populiste di governo nella loro storia.

Si può temere qualcosa se l'opposizione sociale si inasprisce e diventa violenta. Ma Trump, che è stato radicale e insopportabile nella campagna elettorale, appena è salito sul palco da vincitore era quasi "intimorito" dal suo nuovo ruolo. Dal punto di vista istituzionale, insomma, non cambia nulla. La cosa più problematica, ripeto, può venire dall'arretramento sui diritti civili.

Il sistema americano può "assorbire" una presidenza Trump, dunque?
Ne ha assorbiti anche di peggiori di Trump. È una situazione insopportabile, ma forse non è del tutto tragica.

Segui Leonardo su Twitter