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Come essere eletto sindaco di Firenze e diventare premier senza passare per elezioni

Lasciate perdere i retroscena, i colpi di scena, il programma Impegna Italia di Enrico Letta, gli hashtag ironici, la Smart di Renzi, le indiscrezioni. Lasciate perdere tutto, perché quella di ieri non è stata una crisi politica: è un'altra sofferta e...
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Momenti felici, 9 dicembre 2013. Foto via Flickr/Palazzo Chigi (edit).

Lasciate perdere i retroscena, i colpi di scena, il programma Impegna Italia di Enrico Letta (scopiazzato da quello di Renzi, tra l’altro), gli hashtag ironici, la Smart di Renzi, le indiscrezioni di Palazzo. Lasciate perdere tutto, perché quella di ieri non è stata una crisi politica: è un'altra sofferta e angosciante crisi psicotica collettiva del Partito Democratico.

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Ma facciamo un passo indietro. La settimana era iniziata con le “rivelazioni” di Alan Friedman sul crollo del governo Berlusconi del 2011, che sarebbe stato in qualche modo pilotato da Napolitano e dai Poteri Forti per instaurare il governo tecnocratico di Mario Monti. Passata la sbornia di speculazioni su quello che i giornali berlusconiani hanno definito GOLPE—in realtà è ormai piuttosto chiaro come siano andate le cose—si è arrivati con uno spettacolare salto logico alla resa dei conti tra Letta e Renzi, il tutto nell’arco di una manciata di ore.

Eppure per mesi Renzi e il suo entourage hanno fatto di tutto per smentire il conflitto latente tra i due. Mentre la facciata mostrava l’immagine rassicurante della matura dialettica democratica all’interno di un moderno partito occidentale, dietro le quinte volavano pugnalate e si tessevano trame degne di un House of Cards di serie Z.

Nell’ottobre del 2013, ad esempio, il sindaco di Firenze dichiarava in un’intervista: “anche Letta ha capito che bisogna cambiare. E sa che, con me segretario, il governo sarebbe più forte, non più debole.”

Francesco Nicodemo, responsabile della comunicazione PD, solo una settimana fa faceva questo tweet:

@jacopotondelli ma davvero davvero no! :) / @matteorenzi

— Francesco Nicodemo (@fnicodemo) February 6, 2014

:))))

Il 13 febbraio 2014 il “davvero davvero no!” è diventato qualcosa come: “La Direzione del Partito Democratico, esaminata la situazione politica e i recenti sviluppi, ringrazia il Presidente del Consiglio Enrico Letta per il notevole lavoro svolto alla guida del governo e per il significativo apporto dato, in particolar modo per il raggiungimento degli obiettivi europei.” Una formula talmente cruda e ipocrita che avrebbe reso orgoglioso perfino il compianto Andreotti.

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Per il resto, una sequela di citazioni e le criptiche metafore alimentari di Anna Paola Concia (“due genitori, per dar da mangiare ai loro figli, in un momento di crisi non vanno a leggere l’enciclopedia di Artusi e non danno salmone ai loro figli”) hanno definitivamente acceso la pira funebre del Governo Letta.

C’è da dire che il governo della “pacificazione nazionale” non era partito sotto i migliori auspici: il giorno del giuramento, infatti, Luigi Preiti aveva sparato a due carabinieri davanti a Palazzo Chigi. Le cose non sono migliorate granché neppure dopo. Tra un ritiro in convento alla Todo Modo, nevrosi per l’accordo con Berlusconi, dibattiti infiniti sull’Imu, invocazioni mistiche al Ritorno Della Crescita e mirabolanti piani per sconfiggere la piaga della disoccupazione giovanile, le misure concrete adottate dal Governo Letta sono state nulle. Nei dieci mesi di interregno è aumentata la disoccupazione (+3 punti quella giovanile), la produzione industriale è calata senza soluzione di continuità e l’indice di gradimento è crollato dal 43 percento di giugno 2013 al 27 percento di febbraio 2014.

Non esattamente un successo, insomma. Di qui la necessità, come ha detto Renzi, di “uscire dalla palude con un cambiamento radicale,” perché dopotutto la situazione rimane emergenziale. Come?

Semplice: con un po’ di cosmesi oratoria il governo delle larghe intese si trasforma in un più appetibile “governo di legislatura” (o “costituente”) guidato da Renzi piè veloce in persona—un esecutivo che ha come obiettivo la durata fino al 2018 e non ha paura di prendere “il vento in faccia,” di fare le immancabili “riforme” e di tentare “di cambiare le regole del gioco.” Insomma, come ha dichiarato giubilante la deputata renziana Alessandra Moretti, “la stagione dei governi di servizio nel nome della responsabilità è finita. Il Paese oggi ci chiede coraggio: solo un governo politico e costituente può rispondere a questa urgenza."

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Il tutto naturalmente andrebbe fatto senza passare per la fastidiosa formalità delle urne, ma semplicemente utilizzando il pratico manuale “Come Essere Eletto Sindaco Di Firenze E Diventare Premier In Quattro Anni Senza Passare Per Elezioni.”

Secondo lo storico Guido Crainz, autore di diversi libri sulla storia recente dell’Italia, la mossa di Renzi è sicuramente “dettata dall’urgenza”; ma ci sono molti dubbi, per usare un eufemismo, sul fatto che a questa urgenza “si possa rispondere con l’unica maggioranza possibile oggi in Parlamento, cioè quella di Letta.” “È un tentativo di smuovere la situazione," continua Crainz, "che non è chiarissimo su cosa si basi, quali forze pensi d’innescare e a quali parti del paese si rivolga. In questo momento l’impressione è di un attivismo, più che di una reale attività. È difficile comunque che un cittadino comune capisca perché questo è avvenuto.”

E qui arriviamo al punto: come far capire a un cittadino comune che un terzo governo consecutivo che non è espressione diretta di un voto elettorale è assolutamente ineluttabile? Il governo Monti era “ineluttabile”, ed è finita con l’Uomo Che Doveva Salvare L’Italia ridotto ad abbracciare cani in diretta tv. Il governo Letta era “ineluttabile”: ma anche Palle D’Acciaio (la definizione è sua) ha fallito miseramente, trascinandoci esattamente dove eravamo un anno fa.

Non sorprende, dunque, che a fronte di un Partito Democratico sempre più votato all’autodistruzione su modello del Pasok greco, gli ultimi sondaggi per le elezioni europee vedano in forte ripresa Grillo e Berlusconi. Secondo un recentissimo sondaggio di IPR Marketing, “il Partito Democratico conquisterebbe il 27,6 percento dei consensi, seguito dal Movimento Cinque Stelle al 25,4 percento e da Forza Italia al 24,3 percento. NCD si attesterebbe al 5,6 percento.”

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Una situazione del genere non ha, ad avviso di Crainz, un parallelo storico analogo nell’Italia repubblicana: “Ci troviamo di fronte a una cosa che non si è mai vista prima: abbiamo visto finire la Prima Repubblica, finire la Seconda, e a questo punto ci chiediamo se ci sarà mai una Terza.”

Se queste sono le premesse, però, è praticamente impossibile che un contesto istituzionale possa produrre “cambiamenti radicali”. Anzi: l’esito potrebbe essere quello opposto, cioè acuire ulteriormente il distacco—già abissale—della politica dal paese, provocando così una “sfiducia totale” che, dice Crainz, “è un elemento mortale per la democrazia.”

La decisione di Renzi di buttare giù il governo Letta potrebbe essere o un grande atto di coraggio di un politico ambizioso e positivamente spregiudicato, oppure l’estremo atto d’incoscienza di un narcisista affamato di potere, disposto a scassare definitivamente il suo partito pur di diventare premier.

Se tra qualche mese si vedrà bruciare o meno un’altra pira funebre a Palazzo Chigi sapremo quale delle due ipotesi ha prevalso.

Segui Leonardo su Twitter: @captblicero. Foto thumbnail di Federico Tribbioli.

Nei capitoli precedenti:

Il PD ha perso le primarie del PD