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I primi disastrosi sessanta giorni dei Cinque Stelle a Roma

La giunta guidata da Virginia Raggi ha avuto un sacco di problemi fin dall'inizio. E visto che orientarsi non è semplice, abbiamo ripercorso i fatti più significativi che hanno portato all'esplosione del caos di questi giorni.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Lo ammetto: non mi aspettavo che la giunta 5 Stelle a Roma finisse in questo casino dopo appena due mesi.

Sembrano lontani i giorni dell'insediamento, quando Virginia Raggi si affacciava commossa dal Campidoglio e postava dirette Facebook per dimostrare che—dopo gli scandali delle amministrazioni precedenti—finalmente "i cittadini erano entrati nelle istituzioni," pronti a fare piazza pulita di tutto il malaffare che si annidava nelle stanze del potere romano.

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La stessa Raggi, subito dopo il trionfo al ballottaggio (per chi non lo ricordasse, in certi quartieri il M5S è arrivato alla soglie dell'ottanta percento), aveva scritto su Facebook che "lavoreremo per riportare legalità e trasparenza in questa città dopo anni di malgoverno e dopo Mafia Capitale. Lavoreremo per ridare a Roma la bellezza e la dignità che merita. Oggi si apre una nuova era."

Da allora, la "nuova era" è scivolata progressivamente in una direzione di opacità e disordine. Solo nell'ultima settimana, le cronache e i retroscena—che vanno comunque presi con le pinze—riportano un susseguirsi di tradimenti, faide interne, pugnalate alle spalle, mail leakate alla stampa, smentite, controsmentite, presunte manovre dei Poteri Forti™ e quant'altro, il tutto sullo sfondo di una trama che farebbe impallidire un romanzo russo dell'Ottocento.

Per avere un'idea più precisa di quale sia il caos in cui si trova Roma al momento, ho provato a mettere insieme i fatti e le cause più significative.

LA FORMAZIONE DELLA GIUNTA STESSA È STATA UN BEL CAOS

Pur essendo pressoché certi della vittoria contro il PD e il suo candidato Roberto Giachetti, Virginia Raggi e i suoi collaboratori più stretti si sono fatti trovare abbastanza impreparati nella formazione della squadra di governo.

Sia chiaro: Roma non è Parma o Livorno; e le competenze richieste per certi assessorati, o per presiedere una macchina amministrativa complessa e inquinata come quella capitolina, sono elevatissime. Per questo, a differenza di realtà locali più piccole, la linea adottata da Raggi è stata quella di ricorrere a "tecnici" e "specialisti" di lunga esperienza e anche di diversa appartenenza politica.

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I nomi più contestati—sia dentro al MoVimento che fuori—sono stati quello del vice capo di gabinetto Raffaele Marra, che aveva ricoperto incarichi nella giunta Alemanno e in quella regionale di Renata Polverini; quello del capo di gabinetto Daniele Frongia, consigliere comunale e attivista del M5S poi nominato vicesindaco per evitare problemi con la legge Severino; e quello dell'assessore alla sostenibilità ambientale Paola Muraro, che per 12 anni è stata consulente di AMA (la municipalizzata dei rifiuti) e su cui si vociferava che ci fosse un'inchiesta penale in corso.

Secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano e altri giornali, Beppe Grillo avrebbe "invocato spiegazioni sulla giunta che pare una tela infinita" e chiamato Raggi per intimare la rimozione di Marra. Alla fine, però, Raggi è rimasta ferma sulla sua posizione—una scelta che poi avrà pesanti conseguenze—ed è riuscita a presentare la giunta in tempo per il primo consiglio comunale del 7 luglio.

IL M5S SI È RITROVATO LA CITTÀ SOMMERSA DAI RIFIUTI

Poco dopo, la nuova amministrazione è stata investita dall'eterno problema di Roma: i rifiuti. Da quando nel 2013 è stata chiusa la discarica di Malagrotta di Manlio Cerroni, all'inizio di ogni estate puntualmente si ripropone la scena di una città ricoperta di sacchi della spazzatura e cassonetti straripanti.

Nel 2015 "l'emergenza rifiuti" era stata usata come una clava da dare in testa all'ex sindaco Ignazio Marino, e i media si erano trasformati in una gigantesca succursale di Roma fa schifo . Dopotutto, la questione della monnezza a Roma è un delirio tale che non basterebbe un libro a spiegarlo. Basta sapere due cose: ad oggi il ciclo dei rifiuti a Roma non è chiuso; e il business dei rifiuti nella Capitale vale due miliardi di euro. Si può solo immaginare, dunque, quanti e quali interessi ci possano essere in mezzo.

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Addossare esclusivamente ai Cinque Stelle la responsabilità di questo scandalo, come hanno provato a fare i renziani, è propaganda politica di infimo livello. Tra le prime promesse di Virginia Raggi, comunque, c'è stata quella di "ripulire Roma" (AMA aveva detto entro il 20 agosto) e di "vincere l'inciviltà"; in parallelo, per mostrarsi attivi, i Cinque Stelle hanno effettuato dei "blitz" altamente pubblicizzati a Tor Bella Monaca, all'impianto TMB (trattamento meccanico-biologico) di Rocca Cencia e alla sede di Ama, dove Paola Muraro ha avuto un intenso faccia a faccia con (l'ex) ad di AMA Fortini.

La situazione è nettamente migliorata ad agosto sia per l'operazione di pulitura di AMA, sia per il fatto che la città si era svuotata per le vacanze. Alla fine i Cinque Stelle hanno esultato, ma il problema è lontanissimo dall'essere risolto e può scoppiare in ogni momento.

LA GIUNTA RAGGI HA DOVUTO FARE I CONTI CON LE FAIDE INTERNE FIN DA SUBITO

Il 4 agosto, al culmine delle polemiche sui rifiuti, sul blog di Beppe Grillo è apparso un post—firmato dallo stesso leader e dai cinque membri del Direttorio—di sostegno a Virginia Raggi. "Il sindaco di Roma Virginia Raggi e tutti gli assessori," inizia l'articolo, "stanno lavorando a testa bassa per restituire ai romani una città pulita, ordinata, funzionante, viva e risolvere i danni lasciati da venti anni di mala politica e di mala gestione."

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Poi c'è un attacco ai giornali, rei di pubblicare "retroscena e notizie false sui rapporti dei portavoce del MoVimento 5 Stelle con Virginia Raggi e gli assessori nel tentativo di screditare l'operato del sindaco e nella speranza (vana) di spaccarci. […] I giornalisti continueranno a inventare di sana pianta ' processi' e 'strigliate' al sindaco, ' guerre' e 'caos', noi continueremo a stare al fianco di Virginia per sostenerla nella nostra battaglia comune. "

Al di là della retorica che vuole il MoVimento romano unito e inscalfibile come un monolite, la realtà è che le spaccature esistono e riguardano i rapporti tra Raggi, alcuni deputati romani, il mini-direttorio (nominato prima delle elezioni) e il direttorio. Secondo le ricostruzioni di Fatto Quotidiano e Repubblica—entrambe smentite dai diretti interessati, ça va sans dire —prima delle elezioni ci sarebbe stata una "campagna" orchestrata contro Marcello De Vito (consigliere comunale ed candidato del M5S alle amministrative del 2013) per "farlo fuori" e favorire l'ascesa di Raggi.

Su queste due candidature si sarebbe anche consumato una specie di scontro tra i componenti del direttorio e tra alcune cittadine-portavoce. Alessandro Di Battista e la senatrice Paola Taverna, ad esempio, erano orientati su Virginia Raggi; la deputata Roberta Lombardi, invece, è stata la "grande sponsor di De Vito," nonché "la principale avversaria" della neo-sindaca.

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È proprio Lombardi che a metà luglio si è sfilata dal mini-direttorio romano, adducendo motivazioni non troppo convincenti. "Mi spiace deludere coloro i quali in questo momento stanno parlando di liti, gelo o siluramenti rispetto al lavoro che tutti stiamo facendo su Roma," scrive Lombardi. "Non è così. In questi giorni il lavoro per Italia 5 Stelle entra sempre più nel vivo. […] Purtroppo per questo il mio supporto nello staff romano sarà differente: continuerò a dare una mano a Virginia ma d all'esterno sui temi che ho sempre seguito."

Nel frattempo, i "maxi-stipendi" del capo della segreteria politica Salvatore Romeo e del capo di gabinetto Carla Raineri cominciano a suscitare più di un malumore. Secondo Adnkronos, alcuni consiglieri comunali vorrebbero addirittura chiedere a Raggi "un cambio di passo con un maggior coinvolgimento degli eletti e della base." Una consigliera, sotto anonimato, sostiene che "il problema è che in quel che fa Raggi c'è tutto tranne lo spirito del Movimento che l'ha resa sindaca."

Ancora una volta, però, la prima cittadina ripete che va tutto bene: "Lascio a voi [ giornalisti] queste ricostruzioni fantasiose, non c'è nessun mal di pancia dei consiglieri o della base. Siamo al lavoro per Roma e i cittadini sono con noi."

IL "GIOVEDÌ NERO" DELLA GIUNTA E L'ESPLOSIONE DEL CASO MURARO

In realtà, non è tutto così lineare. Il 2 settembre i nodi sulle nomine, i dissapori interni e l'equilibrio di giunta vengono fuori in maniera piuttosto eclatante. In quel giorno, infatti, si dimettono in successione Carla Raineri (che Raggi definisce "revoca" in un post su Facebook pubblicato alle 4 di mattina), l'assessore al bilancio Marcello Minenna, il direttore generale di ATAC (l'azienda dei trasporti pubblici) Marco Rettigheri, l'amministatore unico Armando Brandolese e infine Alessandro Solidoro, che solo un mese prima era stato nominato nuovo presidente di AMA.

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L'abbandono di Minenna, che aveva un ruolo cruciale, è motivato dallo stesso con un "deficit di trasparenza" nella "gestione della procedura di revoca" del capo di gabinetto. Raineri, in un'intervista su Repubblica, è ancora più dura: "La verità è che ero 'scomoda', avvertita come un corpo estraneo, come un nemico da abbattere."

La crisi di giunta si aggrava con l'ulteriore avvitamento del caso Muraro. Il 5 settembre, in un'audizione di fronte alla commissione rifiuti, l'assessore del comune di Roma ammette di sapere di essere indagata dalla procura di Roma dal 18 luglio. Anche Raggi dice di esserne venuta conoscenza il giorno successivo. Come si saprà in seguito anche Luigi Di Maio ne era stato informato, ma non aveva capito cosa ci fosse scritto nella mail inviatale da Paola Taverna.

Ora, il problema non è tanto l'indagine in sè—anche se il doppio binario garantista adottato dal M5S in certi casi è semplicemente ridicolo; ma il fatto che Muraro, il 29 luglio 2016, aveva detto che non le risultava un'indagine nei suoi confronti e che la procura non l'aveva mai contattata. Insomma: giocando sul filo delle parole e delle fattispecie giuridiche (è pur sempre vero che non è arrivato un avviso di garanzia), sostanzialmente l'assessore ha mentito.

L'accavallarsi di queste circostanze da un lato manda in visibilio gli avversari del M5S e il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che da tempo è in rotta totale con il partito; e dall'altro rende palese, una volta per tutte, l'esistenza di problemi negati fino a qualche giorno prima. E quando sorgono problemi di questi tipo, serve un Mr. Wolf che li risolva.

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LO SHOWDOWN TRA VIRGINIA RAGGI, BEPPE GRILLO E IL DIRETTORIO

Alle tre di pomeriggio del 6 settembre, Alessandro Di Battista comunica l'annullamento della tappa del suo tour in scooterone con queste parole: "Ci sono problemi a Roma ed è meglio tornare."

Per far rientrare la crisi, le richieste dei vertici del M5S—almeno per come sono state riportate—sono la revoca di Raffaele Marra, il demansionamento di Salvatore Romeo, e il "passo indietro" di Raffaele De Dominicis (designato come nuovo assessore al bilancio) e Paola Muraro. Anche Luigi Di Maio è messo sotto accusa per non aver informato il resto del direttorio sull'indagine in corso.

Sui media si rincorrono ogni genere di speculazioni, e si arriva persino a evocare lo scenario delle dimissioni dell' intera giunta. Dopo ore di riunioni tra la sindaca di Roma, Beppe Grillo, Davide Casaleggio e il Direttorio, sul Sacro Blog sono comunicate le decisioni prese, che segnano una sostanziale vittoria di Virginia Raggi: restano tutti al loro posto, tranne Raffaele Marra che "sarà ricollocato in altra posizione."

Il M5S sancisce definitivamente la tregua a Nettuno, nel corso del comizio di chiusura del #CostituzioneCoastToCoast. Sul palco si presentano Beppe Grillo e gli altri membri del direttorio. La strategia scelta è piuttosto semplice: sono state commesse "delle cazzatine," ok, ma "il regime" è contro di noi e "dobbiamo stare uniti." Luigi Di Maio, dal canto suo, ammette di aver sottovalutato il caso Muraro e chiede scusa, dando comunque la colpa al "sistema dei partiti e dell'informazione legata ad essi" che hanno "montato un caso incredibile."

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L'operazione di purificazione sembra essere riuscita. In qualche modo, la giunta Raggi ha superato la sua prima crisi interna. Ma non è detto che sia finita qui. La permanenza dell'assessore all'urbanistica Paolo Berdini—un "tecnico" esterno al M5S— non è così scontata; e sul tavolo ci sono molte questioni dirimenti, su tutte il "No" alle Olimpiadi. Proprio oggi, inoltre, il mini-direttorio ha annunciato il proprio scioglimento.

COSE CHE ABBIAMO IMPARATO DA QUESTI PRIMI DUE MESI DI GIUNTA GRILLINA A ROMA

Se c'è una cosa che questi due mesi di caos romano hanno dimostrato è la frattura piuttosto profonda all'interno delle varie componenti del M5S. La figura di Luigi Di Maio è quella che ne è uscita peggio, tanto che il suo ruolo di candidato premier in pectore potrebbe essere messo in discussione—e in un certo senso, Alessandro Di Battista l'ha già fatto velatamente intendere.

A mio avviso, la chiave di volta in questa vicenda romana è l'assenza di Gianroberto Casaleggio, che per la prima volta ha pesato in maniera determinante. In casi più o meno analoghi (come a Parma), il co-fondatore del M5S era sempre riuscito a mediare e risolvere i conflitti interni senza farli fuoriuscire in maniera scomposta. Ora c'è più una figura come la sua, ed è per questo motivo che sono trapelate conversazioni private e sono filtrate indiscrezioni di ogni tipo.

Non che ci sia molto da sorprendersi: il M5S è un partito in via di strutturazione, e le faide sono connaturate a qualsiasi forza politica. In questo senso il PD—il partito di un premier arrivato al potere con una manovra di Palazzo degna di Andreotti, e che nella Capitale ha defenestrato il proprio sindaco—è difficilmente esente da critiche, e non è credibile quando lancia certe accuse.

Per ora i Cinque Stelle hanno fatto leva esattamente su questo, proiettando verso l'esterno le proprie tensioni con l'ipocrisia altrui e il mito del Grande Complotto Dei Poteri Forti. Ma prima o poi questa narrativa si esaurirà, l'inesperienza non sarà più un alibi e bisognerà mostrare risultati concreti—quelli che, per ora, a Roma non si sono minimamente visti. Segui Leonardo su Twitter