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Demented parla da solo

Viaggi nel tempo? No, nelle riviste

A volte si è tanto abituati al proprio presente che non ci si accorge del fatto che forse, in fondo, ci troviamo sempre allo stesso punto. È quello che mi è capitato quando ho trovato queste riviste musicali italiane degli anni Settanta/Ottanta.

Illustrazione di Simone Tso.

A volte si è tanto abituati al proprio presente, al proprio vissuto, al proprio tempo storico che non ci si accorge del fatto che forse, in fondo, ci troviamo sempre allo stesso punto. Che alla fine, per quante pagine siano state voltate, la metafora espressa dalla misconosciuta superband anni Novanta Gloria Mundi(cioè “siamo come barche, le barchette in mezzo al mare”) non è lontana dalla verità.

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Molte pagine voltate, ma in questo specifico caso non si tratta di una metafora: lo spunto per questa riflessione mi viene proprio da quelle di carta, nello specifico dalle riviste. Qui a casa praticamente sto nuotandoin alcuni "magazine" italiani degli anni Settanta/Ottanta—roba come Ciao 2001Rockstar e Popster (quest’ultima che non credevo potesse esistere davvero se non nelle leggende metropolitane). Riviste musicali sì, ma non solo: si parla anche di costume, addirittura psicanalisi, letteratura e tutto il cocuzzaro assortito.

Il mio caro amico Gmpop, dj e cultore sopraffino, le dava via e ho pensato bene di comprarle in blocco. Ma non subito. Ci ho messo un po— proprio ieri gli ho lasciato il denaro, come vedi Giorgio sono uomo di parola nonostante il mio nick—e non perché non fossi interessato, ma perché pensavo che due o tre cimeli d’epoca mi sarebbero bastati, giusto per curiosità. E invece no, dopo averli letti uno per uno (si tratta di circa una ventina di esemplari) mi sono accorto che in quelle pagine c’era qualcosa di spaventosamente eccezionale. C’era una continuità devastante con l’oggi italico,tanto che non riesco più a distinguere una rivista musicale stampata nel 2014 da queste qua.

Un campione delle riviste ricevute, ancora nuove di zecca come fossero appena uscite dal giornalaio: e in effetti sono molto fresche

Tanto per cominciare, su questi libelli mi ritrovo incredibilmente tutte le recensioni di tutti i dischi misconosciuti d’epoca che ho raccattato negli ultimi mesi. Mi informano in tempo reale, roba che difficilmente potrei chiedere a certe riviste di settore odierne che sono distratte da altro, magari dagli ennesimi recuperi di sonorità stradigerite.

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Quelle là invece parlano di roba improbabile mai sentita neanche oggi, ma non solo: le cose più estreme sono salutate come un qualcosa di normalissimo e necessario mentre noi, nel 2014, ancora vediamo la no wave come avanguardia (ad esempio, la recensione dell’allora fresco di stampa No New York di Peppe Videtti su Popster sembra scritta da uno che torna dal futuro, magari dopo aver scritto sulla rubrica “RPM” di Blow Up).

Un infernale casino temporale , con analisi talvolta puntualissime chiaramente inascoltate nei secoli a venire. Per dirne una, i Ramones respingono al mittente l’etichetta del punk, gli Squeeze fanno la stessa cosa e con loro praticamente metà della scena, rivelando che è stata una moda finita nel momento stesso in cui è nata, e soprattutto che si trattava di moda profondamente pop e di facile consumo. Questo è detto nel 1978 dagli stessi protagonisti, però oggi ancora parliamo del punk come se fosse REALMENTE esistito, come qualcosa che non è iniziato con i Green Day.

Copertine e paginoni per i Rolling Stones, loro stessi acerrimi nemici del movimento punk che accusavano di plagio nei loro confronti. In effetti non ci voleva tanto a capirlo

Ci sono per l’appunto delle grosse analogie coll’attualità: i Rolling Stones all’epoca campeggiano ovunque, un sacco di copertine e articoli. Guarda il caso, da poco sono arrivati a Roma per una data, paralizzando la città e cosa ancora più incredibile facendo un’impensabile record di presenze giovanili ai concerti. Il tempo sembra non passare: infatti in un recente Blow Up (oltre ad avere la copertina dedicata a Serge Gainsbourg che in un Rockstar è in prima pagina per il suo "Lemon Incest"), c’è un intero articolone sulla disco music degli anni Settanta/Ottanta come se fosse nata ora. Poi dici che uno si confonde.

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Abbiamo anche altre similitudini però: recensioni entusiastiche di roba sparita nel giro di due secondi, quindi dischi del mese che appunto sono durati quel mese e di cui non si sente la mancanza, e stroncature impensabili o analisi sottogamba di quelle che poi diverranno pietre miliari (un paio di recensioni su Rockstar degli Einsturzende Neubauten e dei Depeche Mode, entrambi duramente stroncati per album apparentemente indigesti che invece passeranno alla storia). I soliti giornalisti velenosi e prezzolati quindi, che con queste qualità umane rafforzeranno le loro carriere tra l’altro passando a turno in ciascuna di queste testate con pochissimi volti nuovi. Quanto ai volti nuovi musicali del periodo, questi sono spesso affossati a favore delle mode. Mainstream e underground sembrano infatti dividersi gli stessi canali anche allora: d’altronde era l’epoca dell’immagine, e praticamente oggi è identica cosa.

Ci sono articoli dedicati ai videoclip, all’epoca qualcosa di nuovissimo, con interviste-saggio a gente come Julien Temple: se li vedi sembrano video fatti oggi, solo che all’epoca costavano soldi e fatica (almeno per le pressioni della casa discografica di turno) e oggi si fanno col culo raggiungendo gli stessi risultati. E se guardi le foto dei look in discoteca  del periodo 85/86 a un certo punto dici, fermi tutti… 'sta roba sembra fatta a Berlino in zona Neukoln nel gennaio 2014.

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E poi c'è la sezione tipo ”lettere allo psic” che rasenta il delirio. Su Popster c'è la lettera di un omosessuale che viene bacchettato perché non bisessuale. Punti di vista decisamente estremi, che nessuno si sognerebbe di leggere oggigiorno che tutto, bene o male, è codificato anche in quell'ambito. Come il lettore che su Ciao 2001 fa un’arringa a favore della brillantina nelle discoteche e delle scarpe a punta con un improbabile “finalmente trionfa il buon gusto.” E parlando proprio di look, ecco che su Rockstar spuntano ritratti secchi, definiti, perfetti dipinti di un'era di pulizia nello stesso tempo scura e indecifrabile: di chi sono? Be' di Dino Ignani, il fotografo che casualmente in questi giorni sta portando in giro il suo libro con gli scatti degli anni Ottanta sul dark. Un caso? Boh, forse sono entrato in una macchina del tempo e non ne sono consapevole.

Su Ciao 2001 lettori impazziti. Uno confonde la comune con un campeggio, altre confondono la fame nel mondo con un passatempo per fare qualcosa.

Altra cosa eccezionale è l’argomento "crisi del disco". Cavolo, in quelle riviste si parla di sovrapproduzione e di crisi del settore come se non fossero passati 40 anni. Se apro Rumore oggi ci leggo la stessa cosa: evidentemente o ‘sta crisi ce la cerchiamo col lumicino, o siamo sempre stati in crisi e sempre lo saremo. Dulcis in fundo, c’è anche l’angoletto degli strumenti musicali. La fiera di sintetizzatori sconosciuti che promettono meraviglie senza probabilmente mantenerle (come oggi che su quattro scatolette due veramente danno soddisfazioni) ma soprattutto degli organi Farfisa che ora stanno vivendo una nuova giovinezza in alcuni ambiti neopsichedelici: e anche qualche visionaria anteprima che anticipa il vocaloid nel 1978.

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Per non parlare delle pubblicità delle cassette vergini: ti vendono la confezione (colorata quanto ti pare) rispetto al contenuto. È una pratica oggi diffusa in molte etichette che pubblicano in tape, con copertine molto curate che magari contengono la registrazione di una scoreggia di elefante, tanto chi se la sente? Poi (nel 1978) già si parlava di videodisco (cioè il dvd), e di compact disc, ma come se fosse già vintage, dato che non ce l’aveva nessuno come oggi il walkman: il problema era superato in partenza.

La musica è moda, recita lo slogan di queste tape abbellite dalla Americanino. 

Giornali alla moda insomma, peccato che risalgano a una forbice che va dal 1973 al 1986: ci si chiede come mai per essere giovani negli anni Ottanta bastava remare contro il prog e conciarsi a festa, mentre ora per esserlo bisognerebbe fare un po’ piu’ di sforzo per eliminare le scorie synthpop, wave, disco e pare impossibile, nonostante le ragnatele siano evidenti.

La nostra attualità vive di ibrido digitale/analogico e i dinosauri e la novità combaciano perfettamente, creando una specie di perenne, indecifrabile fotogramma fisso. La cosa più bella comunque rimane il fatto che in rete non troverete traccia di questi articoli e foto, quindi è un pozzo senza fondo di sapere. Ma c’è l’altro lato della medaglia: gran parte di questo materiale rimane qualcosa di inedito, anche se stampato, in quanto difficilmente reperibile.

Forse la carta e gli ipertesti non sono così differenti alla fine, e la caducità è parte integrante dell’informazione. Quindi ragazzi, prima di aprire una rivista musicale pensateci bene. Non vorrei dovere in futuro fare anche collezione di monitor e hardisk  per leggere il mio presente, e a questo punto anche i miei articoli.

Foto di Jonida Prifiti. Segui Demented su Twitter: @dementedthement