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La soluzione non esiste

La questione Rom a Milano sembra non avere via d'uscita.

Il campo Rom di Dione Cassio, a Milano, sgomberato il 19 Aprile scorso.

A Milano i Rom sono tanti, più di quanti un censimento possa contarne, e negli anni le proposte per risolvere la situazione hanno cercato di adeguarsi eguagliandone il numero. Ma lo stesso non si può dire dei risultati, e così, almeno una volta al mese si torna sulla questione, chiamando in causa sgomberi, piani per il reinserimento, soldi, case e centri di accoglienza.

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Volendone ripercorre la storia più recente è possibile partire dal 2008, quando Maroni ha stanziato 13 milioni di euro per sgomberare, ricollocare o rimandare a casa i Rom di Milano. Letizia Moratti l’ha capito solo in parte e ha sgomberato tutti, o quasi, e nel 2010 lei e De Corato sono stati denunciati per abuso d'ufficio, interruzione di servizio pubblico e danneggiamento, con l'aggravante di discriminazione e odio etnico e razziale. Nel 2011 il tribunale gli ha intimato di rispettare i patti e consegnare le abitazioni previste. Lei ha pensato che fosse meglio dare 15 mila euro a famiglia per il rimpatrio. Risultato, quelli son tornati prima là, e poi qua, e i campi sgomberati si sono ripopolati.

Poi è arrivato Pisapia e alcuni giornali hanno dato l’allarme: è il primo giugno del 2011, Il Giornale titola ‘Grande Psicodramma’ e Libero scrive ‘Occhio al nuovo boss rosso’. La teoria di fondo è che Pisapia farà quanto in suo potere per aiutare i suoi ‘amici’ non milanesi, i Rom, i Sinti, gli immigrati, gli abusivi, e un po’ tutti quelli che a Milano vivono ai margini. Negli ultimi due anni Pisapia ha fatto quello che aveva promesso, accontentando chi l’aveva votato e scontentando chi non l’aveva fatto.

Il coordinatore cittadino del Pdl Giulio Gallera è contro Pisapia, e quando lo chiamo non lo nega, “Pisapia non sgombera nessuno, accoglie tutti.” Gallera è responsabile delle recenti iniziative anti-Rom, è attivo sul territorio e quando si parla di immigrazione dice sempre la sua: “la politica di Pisapia sta creando un aumento esasperato della presenza nomade a Milano. Chiunque arriva e occupa un’area pubblica o privata viene accolto, gli viene dato un tetto, una casa e un lavoro. Sperano tutti in una una stabilizzazione, è follia.” Pisapia ha un piano per i rom, e per attuarlo ha preso fondi e linee del progetto di Maroni. “No, è completamente diverso, non scherziamo. Il piano Maroni prevedeva la messa in sicurezza dei campi Rom e il superamento della logica dei campi. A Milano nei campi regolari ci sono 1.500 rom, tutti gli altri se ne devono andare, senza offrirgli un’opportunità. Vanno sgomberati, punto. Vogliono restare? Benissimo, che facciano come il cingalese o l’africano. Il piano Maroni prevedeva una casa e un lavoro, ma non per tutti, per quei pochi che sono regolari e rispettano le regole.” Gli altri, “trovino un modo. Clandestino o no, che si trovi una casa, la condivida con qualcuno, si trovi un lavoro, magari in nero magari regolare, che si integri.” Invece Pisapia li tiene tutti e in via Lombroso sta per aprire un campo emergenziale, “che sulla carta dovrebbe essere solo di transito, ma che in realtà non lo è.“

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Neppure se il progetto prevede una permanenza di mesi, non anni. “Guarda, è facile fare il giornalista per un giornale come… Scusa che giornale è?” VICE. “Ah, ok, vabe', fai un giro in via Barzaghi, vai oggi, vai tra dieci giorni, è un campo nomadi. È un circolo senza fine, li mettono tutti lì, tutti in attesa, ma in attesa di cosa? Di una casa? E queste case come le troviamo? A scapito degli italiani, ovvio. È una logica perversa—hanno speso sei milioni per un campo che dura quattro mesi? Ma per favore.” In Via Barzaghi c’è il centro della Protezione civile dove sono stati messi gli ultimi rom sgomberati. Ci sono stato, c’era il sole e in giro non c’era nessuno. “No, no, è assurdo, sono tantissimi, troppi.” Allora parliamo di alternative. “Chiudere tutti i campi. Chi arriva deve sapere che può stare tre giorni e poi se ne deve andare. I Rom sono furbi, sanno che a Milano ti danno una casa e un lavoro, tutto gratis. Poi magari la casa la subaffittano, succede. Ci sono tante storie di famiglie Rom che subaffittano la casa dell’Aler, non si può andare avanti così. Se non c’è un messaggio forte, la situazione non può che peggiorare.” Ma i rom a Milano non sono 1.500, “c’è chi parla di 4.000, chi di 8.000,” e come si fa a lasciare che 2.500 o 6.500 si integrino per conto proprio? “Non sono razzista, ma spesso non so cosa pensare.” Il centro della Protezione Civile di Via Barzaghi, nella periferia nord di Milano. Nemmeno io. Non capisco come migliaia di migranti possano integrarsi un po’ qua e un po’ là, nascosti in case clandestine con clandestini di nazionalità diverse, di lavoratori in nero e di famiglie o singoli. E non lo capisce nemmeno Peppe, della Casa della Carità. “La verità è che di lavoro, in bianco, o in nero, non ce n’è. I Rom in Italia sono tra i 170 e i 250 mila. Abbiamo fatto degli studi, hanno un livello di istruzione bassissimo, il 25 percento delle donne Rom in Italia è analfabeta; sono una minoranza discriminata anche nei loro Paesi d’origine, e quando arrivano qui diventano joystick elettorali. Il senso comune è molto netto, da una parte i profughi, i 'poveretti', i deboli, dall'altra i Rom, i criminali," che non lavorano. "La stigmate c’è, un egiziano che arriva a Milano sa di avere una rete di accoglienza piuttosto forte. Il Rom no, arriva e si piazza. Trova quello che trova." Peppe è il responsabile dell’accoglienza della Casa della Carità, Donatella è sua moglie e si occupa dei progetti europei, e dei Rom. Paolo è l’ufficio stampa e mi offre il caffè. La Casa della Carità è la sede della Fondazione Casa della Carità Angelo Abriani e ospita 150 persone tra africani, italiani, afgani, bengalesi e Rom. “In questo momento abbiamo sette nuclei familiari Rom.” Paolo precisa, “Non li teniamo divisi dagli altri per una logica precisa, è successo dopo un’emergenza sgombero. Poi se ci pensi una famiglia è una famiglia.” E deve restare unita, anche se il criterio a Milano non è sempre stato così.

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“Con la Moratti gli sgomberi venivano fatti di mattina, c’erano ruspe, carabinieri e corpi antisommossa, prendevano i rom e gli dicevano che per uscire dal campo dovevano dividersi, tipo ‘i papà di qua, mamme e bambini di là.’ Loro ovviamente non accettavano e alle cinque del pomeriggio ricostruivano.” Dividere le famiglie non era la soluzione, "No, non lo era, anzi. E il fatto è che i Rom, in generale, le proposte le accettano eccome. Quelli che non le accettano sono quelli che vivono tra legalità e illegalità e ci stanno benone. Sono pochi, ma si impongono. Spesso hanno un giro d’affari illecito e sono convinti che in quel marasma nessuno venga a pescarli. In un campo grande il tizio sbagliato c'è sempre, è statistica.”

Via Gianluca Bonazzi di Sannicandro è il coordinatore regionale per la Lombardia di Fiamma Tricolore e una soluzione per i Rom ce l'ha. “Non bisogna mandarli via, non per forza, però occorre creare spazi appositi, una zona di franchigia, chiamala come vuoi, dove non diano fastidio.” In poche parole: non un campo ma una campo-zona, che li accetti per quel che sono. Scusa, ma esiste? E dove? “Fuori dalla città, lontano da quelle aree che con la loro presenza diventano a rischio.” Quindi useresti i soldi messi del Comune per spostarli da un’altra parte, in campagna. “Gli italiani stanno vivendo un problema sociale enorme, e sono convinto che queste risorse economiche debbano andare ai cittadini, ai nostri cittadini. Poi se crescono i soldi aiutiamoli pure. Mi sembra allucinante lasciare gli italiani nel fango: la precedenza devono averla i nostri, è una questione di giustizia.” Ma quanti sono i Rom? “Non lo sa nessuno, più di 4.000.” E voi vorreste metterli tutti assieme, lontani dalla città, e farne un paesello Rom. “Ti sembra che così si possa andare avanti?” Mettiamola in altri termini, rimandare il problema potrebbe non risolverlo. Non posso fare a meno di pensare che aiutare gli italiani adesso metta in difficoltà gli italiani domani. Una comunità ai margini, sempre più ai margini, è un rischio. Che se ne occupino quelli che arriveranno dopo di noi? Ok, però questi soldi non sono destinati a caso, sono fondi europei, in parte, e se non si usano per i Rom finiscono in niente, non è così? “Tu pensi che sostenendo economicamente queste persone, queste persone decidano di vivere nella legalità? Io non credo. Il tuo ragionamento è anche logico, ma davanti all’imminenza dei problemi degli italiani non ci sono alternative. E poi ricordiamoci una cosa, la micro-criminalità non esiste per forza. Le forze di polizia servono proprio a questo, i vigili urbani non servono solo per le multe in doppia fila.” Quindi aperta campagna e polizia. “E un po’ di buona volontà, e poca demagogia. La giunta Pisapia è piena di demagogia. Se fai politica ideologicamente devi mantenere alcune posizioni, e cadi nelle incongruenze. Si ha sempre paura di fare la figura dei razzisti. Io sono per l’estrema legalità, non sono razzista e non sono classista, però devo riconoscere che ci sono diritti imprescindibili che nascono prima di tutto dalla cittadinanza e poi dal fatto che gli italiani pagano le tasse.” Valerio paga le tasse, e coordina la Fondazione Segnavia. Lavora ogni giorno con Rom, Sinti e migranti in genere e i campi li conosce, così quando mi accorgo che nessuno mi ha ancora parlato di un campo vero, chiedo a lui. “Vivono in baracchine di legno e tirano avanti con l’accattonaggio e l’elemosina. Noi ci occupiamo anche dei bambini, li portiamo a scuola, ma non è mai facile, le situazioni familiari sono complesse, alcolismo, sfruttamento. È difficile per un bambino uscire nel mondo. Criminalità, prostituzione, c’è di tutto, soprattutto quando un campo cresce. I gruppi poi sono tantissimi, provengono da luoghi diversi e non si conoscono. C’è chi è propenso alla criminalità e chi no. Purtroppo si parla sempre dei primi, e si perde coscienza degli altri.” Perché negli anni la situazione è peggiorata e dai margini i rom non sono mai usciti. “Le comunità Rom a Milano rischiano di diventare banlieue.” L’Assessore alla sicurezza Marco Granelli. E Banlieue chiama sicurezza. L’Assessore alla sicurezza Marco Granelli lavora in un ufficio pieno di carte. Quando arrivo mi siedo sul divano all’ingresso e il segretario in divisa mi dice che Andreotti è morto. Apre la pagina Wikipedia e si mette a contare gli anni, “uno, due, dieci.. Signur, l’era nel sistema da 66 anni. Be’, era anche ora.” Poi l’Assessore mi dice di entrare e con lui riparto dall'inizio. “A Milano ci sono Rom, Sinti e camminanti. Il numero complessivo si aggira intorno ai 2.700 e per quanto riguarda i Rom la maggioranza è di origine rumena o bulgara. Alcuni vengono dall’ex-Jugoslavia, ma sono una minoranza. Vivono quasi tutti nei campi abusivi. Non parliamo più di comunità nomadi, soprattutto con i rumeni. La maggior parte di loro è stanziale. I sinti invece vivono quasi tutti nei campi regolari. Poi ci sono i camminanti, quelli che si spostano in camper. Sono più o meno 250 e sono quasi tutti italiani, siciliani, abruzzesi e campani.” 2.700? Ha presente Gallera, del PDL? “Sì, ho presente.” Lui mi parlava di 8.000 Rom. “8.000?—ride, e si rilassa—Sui numeri possono esserci discordanze, ma 8.000 Rom a Milano non ci sono mai stati, la punta massima è stata di 4.000, provincia inclusa. Adesso sono diminuiti.”

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Perfetto, adesso il piano. “Il piano si pone alcuni obiettivi strategici, in primis l’integrazione, il superamento dei campi e la lotta alla discriminazione,” con i centri di accoglienza, “esattamente, centri emergenziali per un’accoglienza temporanea, di 40 giorni, rinnovabili quattro volte, con la possibilità di accedere per uno o due anni a case private o popolari.” Quelle di cui tanti parlano, ha presente 'meno case ai Rom e più case agli italiani'? “Il discorso è complesso, e non è per tutti. Noi puntiamo agli under 30, chi ha passato quell’età non si convince più.” Peccato che Milano sia piena di over 30. “Ci vuole un passaggio generazionale, ma a un certo punto bisogna pur iniziare no? Non l'ha mai fatto nessuno, e non a caso. Zingari ed ebrei sono i due popoli più discriminati della storia." Però ci sono anche gli italiani, "ma è chiaro. La guerra tra poveri non aiuta nessuno, soprattutto nei quartieri popolari. Prendi Dione Cassio. Da una parte c'era il campo, e dall'altra le case popolari. È chiaro che in un momento come questo, di crisi, di disoccupazione, è un attimo dire 'prima io poi i Rom'. Quello che non passa è che l'unico modo per uscire dal momento attuale, è uscirne assieme, tutti." Ok, ideale.

Peccato che il centro di Via Lombroso non sia finito. “Doveva essere già pronto, ma ci sono state le piogge, e i lavori si sono fermati. Dovrebbe essere pronto verso metà mese.” E per ora le famiglie in attesa stanno da un’altra parte, in via Barzaghi, dove c’è il centro della protezione civile. “Via Barzaghi può ospitare un centinaio di persone. Attualmente ce ne sono 87.” Più quelli dello sgombero di Dione Cassio, “sì, ma non si trovano nella stessa struttura, li abbiamo messi nei container dell’emergenza freddo.” Quindi ci sono anche loro, e campi a parte come la Moratti anche Pisapia ha previsto fondi per il rimpatrio. Lei però non ce l’aveva fatta. “Aveva stanziato 8.000 euro per chi decideva di restare in Italia e 15.000 per chi decideva di tornare in patria. Il nostro programma è lo stesso, ma con una differenza: abbiamo scelto di utilizzare le stesse risorse ma passando per terzi, come le associazioni. Non ‘paghiamo’ le persone, ma le aiutiamo a decidere quello che vogliono fare dando i soldi a chi sa come aiutarle. Con la Moratti era diverso. Questi prendevano i soldi e restavano.” Via Adesso il percorso è diverso, o almeno, la speranza è che lo sia. “Quello che non vogliamo è che i campi Rom continuino ad essere terra di nessuno, come in Via Idro, dove si nascondeva un latitante. Hai presente quanto ci abbiamo messo per fermarlo? Troppo. Era nascosto, e intervenire lì dentro è stato difficilissimo." Le cose cambieranno? "Noi ci stiamo provando, davvero."

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