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La vittima di revenge porn che ha pubblicato online le sue foto di nudo

Alcuni anni fa, le foto di nudo di Emma Holten sono finite online dopo che il suo account mail era stato forzato. Da allora ha ricevuto messaggi e minacce da migliaia di uomini, e ora ha deciso di rispondere a modo suo.
Foto di Cecilie Bødker.

La 23enne Emma Holten è una vittima di quello che è solitamente definito revenge porn, ovvero la diffusione di immagini sessualmente esplicite che avviene da parte di ex partner o hacker esenza il consenso del soggetto ritratto. Qualche anno fa uno sconosciuto ha forzato l'account email di Emma, e successivamente le foto di nudo che aveva inviato al fidanzato sono diventate pubbliche. Dopo aver ricevuto commenti e insulti di ogni tipo da completi sconosciuti, ora Emma ha deciso di rispondere a modo suo: si è fatta fare delle foto nuda e le ha personalmente rese accessibili online insieme a un post in cui spiega le sue ragioni.

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VICE: Come hai reagito quando hai scoperto che su internet giravano quelle foto?
Emma Holten: Me lo ricordo perfettamente: ero sconvolta. E avevo la casella mail piena di messaggi di sconosciuti e non che mi dicevano di aver visto le foto. Però pensavo che nel giro di una settimana o due la cosa si sarebbe esaurita, che la gente si sarebbe stufata. Non è andata così. E l'odio e il disgusto con cui sono stata bersagliata perché ero nuda mi ha lasciata senza parole.

Sai come hanno fatto a forzare l'account?
No. Dopo che mi hanno hackerato la mail la password è stata cambiata e pubblicata. Così, in un attimo, migliaia di persone hanno avuto accesso al mio account. Era solo questione di tempo prima che qualcuno arrivasse alle foto. E a questo punto scoprire chi è stato a diffonderle per primo non mi interessa più di tanto.

Hai mai provato a far rimuovere le foto dai siti su cui sono finite?
All'inizio sì. È andata avanti un mese, ma poi è diventato uno stress. L'unico modo era dimostrare che erano state scattate quando ero ancora minorenne, ma anche così non c'è da fidarsi troppo di quei siti. Ci sono donne che mandano copie del passaporto nella speranza di riavere indietro le proprie foto e che si ritrovano online anche quelle, come ulteriore forma di abuso. Perché i siti che pubblicano foto del genere non aspettano altro. E il fatto che una donna sia sessualmente attraente o meno non c'entra: l'unico obiettivo è insistere sul suo dolore e sull'imbarazzo.

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Come hai fatto ad affrontare una cosa del genere?
Sapevo di non aver fatto nulla di male. Ho cercato di capire perché mi sentissi in colpa anche se sapevo di essere la vittima. Quella sensazione, quell'odio che provavo per me stessa non arrivava da me; arrivava dagli altri.

Hai cercato di nasconderti da quelle minacce?
No, e non ho cancellato l'account. Mi serviva per prepararmi alle domande delle persone che conoscevo e, al contempo, alle minacce degli sconosciuti. E cambiando il mio nome su Facebook non avrei risolto granché, dal momento che chiunque avrebbe potuto diffonderlo un'altra volta e far ricominciare tutto da capo.

Rispondi mai ai messaggi che ricevi?
A volte sì, ma non lo faccio mai con rabbia. Perché loro vorrebbero che mi arrabbiassi. Sanno che è una situazione in cui sono completamente impotente. Invece quando rispondo chiedo "Perché l'hai fatto," e la risposta è sempre la stessa: "Non puoi incolpare me, se non avessi fatto la troia ora non saresti in questa situazione."

Perché le foto di un pisello, per esempio, non vengono percepite allo stesso modo?
La quantità di foto del genere che ho ricevuto mi ha fatto capire che la paura di ritrovare le proprie foto online, nel caso di un uomo, non sussiste. Nella società è ancora molto ben radicato il concetto per cui se una donna si mostra nuda offre all'altro qualcosa di speciale. È l'impressione che ho ricevuto soprattutto dopo le ultime foto. È come se mostrando le mie tette stessi dando via qualcosa di speciale. Qualcuno potrebbe mai dire lo stesso della foto di un cazzo?

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Parlami di come hai deciso di reagire.
All'inizio ero paralizzata, ma poi ho deciso di affrontare le cose da un punto di vista politico, per crescere e diventare più forte. Mi sono rivolta a un professionista e mi sono fatta fare delle foto nuda, e successivamente ho scritto un post in cui spiegavo il perché della mia iniziativa. Lascio aperti molti interrogativi: ci vedete qualcosa di sessuale? Questo è un essere umano? E importa? Non è sbagliato vederci qualcosa di sessuale, ma parlarne ti dà la possibilità di capire perché. Volevo anche avere modo di mettermi dalla parte delle altre vittime, e dire "Sono su internet, sono nuda e mi sta bene." Non mi vergogno, non mi vergognavo prima e di certo non mi vergogno ora. Non mi vergogno del mio corpo e chiedo di essere presa sul serio, che sia nuda o meno. Mi rifiuto di "valere di meno" solo perché sono nuda.

E come reagisci a chi ti definisce una "attention whore"?
È un'espressione che non sopporto. Parlano tutti di questa presunta "selfie generation", che sarebbe la nostra. Mi dà i nervi. Rembrandt non dipingeva altro che autoritratti, no? L'interesse per il proprio aspetto non ha nulla di nuovo, mentre ora spesso viene usato per attaccare le donne "colpevoli" di piacersi. E gli attacchi non arrivano solo dagli uomini.

Qual è una possibile soluzione al problema?
Servono pene più severe per chi forza gli account, ma questo non aiuta le vittime. E poi c'è la responsabilità delle pagine che diffondono queste foto.

In sostanza, questo mio progetto non mi ha salvata. Dovrò convivere con le conseguenze di quanto accaduto per il resto della mia vita, ma almeno posso offrire una voce anche per le altre.

Segui Danika su Twitter: @DanikaMaia