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Era solo una battuta, ovviamente

Ripercorriamo insieme la nobile tradizione leghista degli insulti razzisti.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Nonostante gli scandali dello scorso anno, le furiose lotte interne e il crollo elettorale alle ultime politiche (4,1 percento), la Lega Nord è tutt’altro che finita. Anzi: al Nord è al potere in Piemonte, Lombardia e Veneto; recentemente ha avuto la presidenza di una commissione parlamentare cruciale come il Copasir (l’organismo di controllo dei servizi segreti); e, soprattutto, continua imperterrita a perpetrare la nobile tradizione degli insulti razzisti.

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L’ultimo exploit viene da una consigliera leghista di quartiere a Padova, tale Dolores Valandro detta “Dolly”. L’altro giorno la consigliera ha condiviso su Facebook un articolo (corredato da una foto del ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge) del rivoltante portale “Tutti i crimini degli immigrati” su un presunto tentativo di stupro a due donne romene da parte di un migrante africano. “Dolly”, però, non si è limitata a linkare. Ha anche aggiunto il seguente commento, rigorosamente in caps lock: “MA MAI NESSUNO CHE LA STUPRI [la Kyenge], COSÌ TANTO PER CAPIRE COSA PUÒ PROVARE LA VITTIMA DI QUESTO EFFERATO REATO??????? VERGOGNA!”

Una volta scoppiata la polemica, la Valandro ha penosamente tentato di chiedere scusa: “Non sono cattiva. La mia era solo una battuta. A volte sfogo la rabbia così, chiedo scusa, ma io non sono un tipo violento.” Successivamente la consigliera ha cancellato l’account Facebook, si è autosospesa dall’incarico e infine si è beccata l’espulsione dal partito. Se però si tiene in considerazione la storia recente della Lega—e di alcuni partiti/esponenti che le gravitano attorno—la punizione inflitta alla Valandro appare quantomeno grottesca. La frase contro la Kyenge, infatti, è solo l’ultima di una lunga serie di “boutade”, “battute” e “provocazioni” a sfondo xenofobo.

Lo scorso 6 maggio il consigliere comunale leghista di Prato, Emilio Paradiso, aveva condiviso un sondaggio di Libero su Facebook in cui si chiedeva se il ministro Kyenge (a “causa” delle sue posizioni sullo ius soli) non dovesse essere cacciata da Letta come la berlusconiana Micaela Biancofiore. Paradiso si era sentito in dovere di vergare questo raffinato commento: “Il Bianco-fiore si è dovuta piegare ai finocchi, e il nero di seppia lo lasciano lì?” Travolto dalle critiche, il politico leghista si è difeso parlando di “zingarata”: “La mia era semplicemente una battuta satirica che non voleva offendere nessuno.” Già.

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Nel novembre del 2011 un altro consigliere leghista di quartiere di Padova era assurto agli onori delle cronache nazionali. In un incontro tra il consiglio di quartiere 6 e la cooperativa “Il Sestante”—che opera con fondi stanziati dal governo per facilitare la mediazione tra comunità—il consigliere Mauro Nosiglia avrebbe detto: “Collaboreremo quando voi della cooperativa sarete dotati di fucili a pompa.” Il presidente del consiglio di quartiere, il leghista Fabrizio Boron, ha naturalmente difeso il collega affermando di non credere “che il mio consigliere si sia espresso in questi termini,” e che comunque si trattava di “parole in libertà.”

Nel 2010 Pietro Giovannoni, consigliere provinciale di Padova in quota Lega, si era fatto notare più volte per alcune uscite davvero brillanti. Il 5 dicembre di quell’anno il consigliere aveva proposto di togliere i contributi pubblici per la Maratona di Padova perché la maggioranza degli atleti che prende parte all’evento è composta da “africani” e “extracomunitari in mutande.” Giovannoni si era subito affrettato a dire che il razzismo non c’entrava nulla e che il problema erano i fantomatici “ingaggi alti” degli atleti. Qualche mese prima lo stesso consigliere, durante una discussione nel Consiglio Provinciale, aveva usato l’espressione “culattoni e lesbiche” mentre spiegava il suo voto contrario alla mozione sull’omofobia. La reazione del leghista alle polemiche è facile da indovinare: “Il tono era scherzoso, non volevo offendere nessuno. Io parlo spesso a braccio, e negli interventi me piase dir qualche parola in veneto, ecco.”  Le matte risate.

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Nel 2010, sempre a Padova, il consigliere comunale Vittorio Aliprandi (ex deputato leghista nel 1994, eletto in quota centrodestra nel 2009) si era scatenato su Facebook contro i rom. “'Sti rom mi fanno proprio vomitare,” scrisse Aliprandi sulla sua bacheca. “Quando vedo quello che fa lo storpio e che in stazione cammina normalmente vorrei prenderlo a calci.” In un’altra discussione sul profilo di un consigliere comunale di una lista civica, Aliprandi—cito il Mattino di Padova—“si è spinto fino ad affermare che servirebbero ‘i campi di concentramento’, salvo poi precisare che ‘scherzava’.”

Non pago, Aliprandi aveva puntualizzato la sua posizione in questa maniera: “Sempre polemiche… ma che palle! Ma a uno non possono dar fastidio i rom? Dobbiamo integrarci noi fargli le case mantenerli? Questi non vogliono integrarsi, rubano come attività principale e fanno figli a nastro. E nessuno di loro vuol lavorare e noi dobbiamo farci un culo cosi pagare tasse assurde.” Il Tribunale di Padova non ha trovato molto convincenti le argomentazioni del consigliere comunale, e il 20 aprile 2011 lo ha condannato a 4.000 euro di multa, 6.000 di risarcimento danni alle parti civili e divieto di fare propaganda per tre anni per la violazione della legge Mancino. Qualche giorno dopo la sentenza, Aliprandi è stato aggredito in pieno centro da due militanti del centro sociale Pedro.

Tornando al caso di Dolores Valandro, la cosa che più mi ha sorpreso è stata la dura reazione di Massimo Bitonci, capogruppo della Lega Nord al Senato e segretario della sezione di Padova dove è iscritta “Dolly”, e del sindaco di Verona Flavio Tosi. Il primo ha rilasciato una nota in cui si dissocia “nella maniera più totale dalla frase violenta, stupida e inopportuna scritta dalla consigliera di quartiere di Padova Dolores Valandro su Facebook nei confronti del ministro Kyenge. Si tratta di una sua personale iniziativa che non è condivisa dal Movimento.” Il secondo, ai microfoni di Porta a Porta, ha voluto scusarsi a titolo personale e “a nome della Lega Nord” per le “espressioni inqualificabili, violente e demenziali” della Valandro.

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Flavio Tosi impegnato in una delle sue numerose attività per l'integrazione.

La cosa ironica è che la moderazione dimostrata ieri da questi due pezzi grossi della Lega è in totale antitesi rispetto alle loro carriere politiche. Massimo Bitonci divenne celebre (si fa per dire) nel 2007, quando promulgò un’ordinanza che imponeva un reddito minimo di 5.000 euro all’anno per ottenere la residenza nel comune. Come facilmente immaginabile, l’ordinanza “anti-sbandati” era rivolta principalmente contro gli immigrati (l’allora ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, bollò il provvedimento come “razzista”), visto che oltre al reddito gli altri requisiti per la cittadinanza erano “una casa agibile e una fedina penale immacolata.” Il procuratore di Padova Pietro Calogero arrivò addirittura a iscrivere Bitonci nel registro degli indagati per “usurpazione di funzione pubblica”, ma l’inchiesta venne rapidamente archiviata.

Quell’ordinanza—difesa da tutto il centrodestra, replicata in diversi comuni del Nord Italia e bocciata più volte da vari Tar locali—sarebbe stata solo l’inizio. Nell’agosto del 2008 Bitonci dichiarò guerra al commercio abusivo per strada e s’inventò l’ordinanza “anti-borsoni”, con cui si vietava “il transito con trasporto senza giustificato motivo di mercanzia in grandi sacchi di plastica o grandi borse all'interno del centro storico.” Poco dopo fu il turno della pornografia: Bitonci emise un’altra ordinanza con cui si proibiva di “esporre al pubblico in esercizi commerciali o aree di pubblico transito riviste, giornali, calendari o manifesti aventi contenuto pornografico o che oltrepassino il buon gusto o dileggino la morale o la pubblica decenza.”

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Nell’estate del 2011, il sindaco leghista arrivò anche a vietare la vendita di kebab, alimenti che non “fanno parte della nostra tradizione e della nostra identità, senza considerare che, nei luoghi dove se ne è permessa l'indiscriminata apertura, le amministrazioni comunali e i cittadini si sono pentiti amaramente.” Sempre nel 2011, Bitonci si scagliò contro i “rifiuti napoletani” (“non li accetteremo mai in Veneto”) e augurò alla popolazione di Napoli di “affogare” nella loro spazzatura, così “a quel punto cercheranno da soli un po’ di aria.”

Per quanto riguarda Tosi, è bene ricordare che le scuse al Ministro Kyenge arrivano da una persona condannata in via definitiva per istigazione all’odio razziale. La vicenda risale al 2001, quando l’allora consigliere regionale organizzò—insieme a altri esponenti leghisti—una raccolta firme per sgomberare un campo nomadi a Verona. Nella sentenza di primo grado si legge che “gli imputati, diffondendo ‘tout court’ pensieri fondati su idee di superiorità e di odio razziale, hanno incitato a commettere atti di discriminazione per ragioni razziali ed etniche nei modi indicati in imputazione.”

La condanna arrivata nel 2009, tuttavia, è solo la punta dell’iceberg. Nel 2007, eletto sindaco per la prima volta, Tosi assicurò che in città “non ci sarà spazio per chi non vuole integrarsi e per chi non rispetta le nostre leggi” e promise, “come ha detto Gentilini” (uno dei suoi modelli), di “fare pulizia etnica rispetto a spacciatori, delinquenti, a chi viola la legge e si comporta contro le regole del buon vivere comune.” E per fare “pulizia etnica”, Tosi si è opportunamente circondato di fascisti ed ex-naziskin—al punto che Umberto Bossi ha accusato il sindaco di Verona di aver “tirato nella Lega un sacco di fascisti.”

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Andrea Miglioranzi (a destra) con il suo gruppo Gesta Bellica. Anche i loro testi sono un chiaro esempio di "provocazione".

Poco dopo l’insediamento al Comune, Tosi nominò il consigliere Andrea Miglioranzi all’Istituto veronese per la Storia della Resistenza. Oltre a essere un fascista convinto (“per me è un termine molto caro,” dichiarò tempo fa), Miglioranzi nel 1996 è stato condannato a tre mesi di carcere per istigazione all’odio razziale, ha militato a lungo nell’organizzazione neonazista Veneto Fronte Skinhead e ha fatto parte del gruppo White Power Rock "Gesta bellica". Giusto per la cronaca, la band ha inciso capolavori quali "Il capitano" (canzone dedicata a Erich Priebke) e testi lirici quali “Tu, ebreo maledetto, giudeo senza patria” o “Furti, droga, musi neri, tutto questo non mi va: Potere bianco, sola possibilità.” Ad ogni modo, rilevata la leggerissima inopportunità della nomina, Miglioranzi è costretto a dimettersi dall’Istituto. Ma non scompare affatto dalla scena politica veronese.

Nel 2012 è messo a capo dell’Amia, l’azienda municipale veronese di igiene ambientale. Nei mesi scorsi Miglioranzi—che alle ultime amministrative è stato il coordinatore della lista civica di Tosi—ha fondato insieme a Piero Puschiavo, fondatore del Veneto Fronte Skinhead, la corrente Progetto Nazionale-Fiamma Futura (Pnff, sigla non casuale). Come riporta L’Espresso, per l’inaugurazione della nuova sede accorse lo stesso Tosi, che dichiarò: “Domani mi attaccheranno per questa mia partecipazione ma come sindaco qui vengo volentieri perché abbiamo dei valori che ci accomunano.”

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Il 21 marzo 2013 un gruppo di dieci militanti di CasaPound ha deciso di festeggiare la laurea di Marcello Ruffo—consigliere della terza circoscrizione eletto nelle file della Lista Tosi—recandosi in due storici locali di Verona (il Malacarne e l’Osteria ai Preti) non esattamente di destra. Stando ad alcune testimonianze, nel primo bar il gruppo “irrompe cantando cori fascisti, scandendo ‘sieg heil’ e facendo saluti romani.” Il barista dichiara di essere stato minacciato con un coltello.  Nel secondo locale il copione si ripete, ma la situazione degenera.  Scrive Ercole Olmi su Globalist: “La situazione che si era contenuta al Malacarne degenera all'Osteria ai Preti, basta poco e scoppia il parapiglia. Volano bicchieri e sedie. Intervengono le forze dell'ordine. Due giovani, clienti del locale, finiscono in ospedale. Uno con il naso rotto, il secondo, meno sfortunato, se la cava con pochi punti per una bottiglia in testa.”

L’ultimo atto utile a capire che clima si respiri a Verona si è verificato il 3 giugno, quando alcune persone incappucciate hanno sfregiato la facciata della sinagoga di Verona con due svastiche, una stella di David e la scritta “Juden”. Lucia Roditi Forneron, presidente dell’Associazione Italia-Israele e “memoria storica della comunità ebraica veronese,” ha dichiarato al quotidiano locale L’Arena che un fatto del genere è avvenuto “solo durante gli anni delle leggi razziali, che io ricordi.” Flavio Tosi ha subito parlato di “un gesto inqualificabile” compiuto da “quattro idioti.”

L’ennesima “provocazione”, insomma.

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