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Cosa serve per diventare un escort per la prima volta

Tempo fa ero in cerca di un lavoro che mi permettesse di guadagnare senza dovergli dedicare troppe ore, e mi sono trovato a fare l'accompagnatore. È stato come avere dieci anni e giocare a fare l'agente segreto.

Foto via Wikimedia Commons

La scorsa settimana, dopo qualche bicchiere di troppo, sono finito a parlare di Dominique Strauss-Kahn con un mio amico. "Sì ma quel tizio si trombava le escort. Le puttane di lusso!" Non potendo lasciarmi scappare l'occasione, gli ho risposto. "A proposito, lo sai che anch'io ho fatto l'escort?" Tutt'a un tratto mi ha guardato di traverso. L'avevo scioccato.

Al di là dei luoghi comuni sugli attori porno riconvertiti, certi escort presentano un profilo molto lontano dall'ideale romantico-popolare. Alcuni pluridiplomati, altri poliglotti, accompagnano una clientela di lusso che richiede i loro servizi per motivi personali o strategie professionali. Ho avuto l'occasione di farne parte e devo ammettere che mi sono abbastanza divertito.

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Era il 2011. Dopo cinque anni passati a setacciare ambasciate e istituti culturali, ho deciso di prendere l'abilitazione a consulente di comunicazione. C'era un unico problema: i soldi. Avevo bisogno di guadagnare senza dover passare tutto il tempo a lavorare, e non avevo la più pallida idea di cosa fare per poter conciliare formazione e guadagno mentre la mia attività decollava. Ne ho parlato con un mio amico davanti a una birra. Lui mi ha ascolta e poi a bassa voce mi ha detto

"Ho un amico che fa una roba un po' borderline, potrebbe fare al caso tuo."
"In che senso 'borderline'?"
"Tipo escort maschile."

Ok, nell'arco di un secondo la mia mente si è riempita di titoli di giornali della serie "promettente studente con futuro brillante si prostituisce e muore soffocato dal suo vomito dopo un'overdose di MDMA in seguito a un'orgia BDSM." Mi ripiglio.

"Sì, ehm. Stavo pensando a tipo un lavoretto part time."
"Stai tranquillo, non ti dovrai sciroppare un vecchio mafioso albanese. Lo fai attraverso un'agenzia. Tutto regolare."

Tutto regolare. Mah. Per amore o per forza, mi salvo il numero del suo amico. Nel frattempo cerco "escort-boy" su Google e mi ritrovo una varietà di tipi mezzi nudi che offrivano di mettere a disposizioni i loro generosi attributi a chiunque desiderasse utilizzarli. Nulla di tutto ciò m'ispirava, ma sono curioso, per cui decido di chiamare l'amico in questione.

Foto via Wikimedia Commons

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Mi mette subito in contatto col dirigente di un'agenzia specializzata in escort. Mi propone un appuntamento per "raccontarmi meglio delle sue attività" e allo stesso tempo per capire se potrei essere un buon candidato per i suoi clienti esigenti.

La settimana dopo mi trovo davanti a Stéphane, un trentenne barbuto dal look vagamente hipster, e a Monika, la sua collega psicologa fighetta.

"Dunque, ti spiego un po' la situazione: cerchiamo uomini dai 25 ai 45 anni che presentino un profilo di alta qualità."

La prima cosa a cui penso è alla descrizione di una bistecca.

"Devono essere colti, affascinanti, affidabili e capaci di mettere il partner a suo agio. I palestrati decerebrati non ci interessano." Sguardo insistente. Continuano. "Non offriamo sesso tariffato." Ottima notizia. "La nostra nicchia è l'accompagnamento di lusso––cocktail party, corsi di ballo, appuntamenti professionali discreti… Una geisha moderna al maschile, se preferisci."

Stéphane ha l'aria di un pro, e fin qui tutto quadra. Confermo loro il mio interesse. Monika per il primo minuto è rimasta in disparte, poi prende la parola. "Ora vorremmo conoscerti un po' meglio. Vorremmo sapere chi sei, come reagisci in determinate situazioni, per poter capire se puoi entrare a far parte della nostra squadra."

Segue una lunga intervista in cui parlo dell'ambasciata, del mio amore per la letteratura russa, delle mie competenze in bachata, della mia esperienza come bagnino, del mio guardaroba, di come gestisco le situazioni di crisi, della mia vita amorosa, della mia conoscenza della cucina marocchina e della mia passione per i Cavalieri dello Zodiaco. Questa dissezione del mio carattere è qualcosa di stranamente chirurgico. Al limite tra il personale e il professionale, sono ormai della merce umana di cui Stéphane e Monika devono conoscere al meglio le caratteristiche per poter ottimizzare il mio pacchetto.

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A fine colloquio i miei promotori sembrano soddisfatti, e cominciano a spiegarmi con entusiasmo come intendono utilizzarmi. "È perfetto! Il tuo profilo si adatta a tutta una serie di situazioni, corsi di danza, appuntamenti d'affari e cocktail party. Ti contatteremo quando ci sarà una missione adatta alle tue capacità. Ah, un'ultima cosa: vuoi operare con il tuo vero nome o con uno pseudonimo…?"

Interiormente rivedo le parole "missione", "operare", e "pseudonimo". D'un tratto ho dieci anni, e sono un agente segreto. Molto bene. Mi chiamerò Solal.

Una settimana più tardi ricevo una telefonata da Stéphane. "Ciao Solas. Ho una missione per te. Una cliente, avvocato, sulla trentina, ha bisogno di qualcuno che l'accompagni a un cocktail party di lavoro. L'incontro è fissato per le 19 di martedì al Gato Negro." Ok. Cosa devo fare esattamente? "Ti bevi qualcosa e lei ti farà un briefing appena vi incontrerete. Poi andrete insieme sul posto. Tenuta casual chic, come minimo devi indossare una giacca, senza cravatta. Quando finisci mi mandi un messaggio per dirmi che è andato tutto bene. Domande?"
"Nessuna, ho capito, grazie"
"All right then. Buona fortuna, ci sentiamo martedì."

Martedì, ore 18:55, Gato Negro. Aspetto Maria, la cliente, in un bar alla moda, vestito con un abito di Calvin Klein, camicia bianca della stessa marca, e un po' di profumo (Chanel), come indicato nella mia descrizione. Lei arriva alle 19 spaccate, vestita come d'accordo con un tailleur sobrio ma elegante. Bruna, slanciata, piuttosto affascinante. Mentre mi sorride mi analizza rapidamente, e sembra soddisfatta della merce.

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"Solas? Sono Maria. Piacere."

Ha un bel sorriso, sento che è leggermente tesa. Per lei deve essere la prima volta. È la prima volta anche per me, ma non posso lasciar trasparire alcuna esitazione. Il mio ruolo è quello di metterla a suo agio, e trasmettere un'immagine che faccia buona impressione ai presenti. Per questo è importante condividere qualche cosa, anche se brevemente.

Dopo qualche sorso di Chianti si rilassa, e mi rivela che odia le feste come questa. Allora io le racconto la storia del mio primo incontro diplomatico, certo di farla ridere. È così. Dentro di me tiro un sospiro di sollievo. Andiamo. Lei mi parla della sua vita, della sua famiglia, del suo lavoro––un posto che occupa da poco, e che, sebbene sia una posizione prestigiosa, la stressa molto. Questo cocktail party è il primo evento a cui è stata invitata da quando è qui.

Foto via Wikimedia Commons

Ci siamo creati una storia. Ci siamo conosciuti "giocando a tennis, meno di un mese fa." Che lavoro potrei fare? Consulente nelle comunicazioni, ecco qua. Suona bene ed è sufficientemente vago, in più è talmente vicino alla realtà che posso ricamarci sopra. Prima regola delle bugie: la base deve essere sempre un'informazione reale. Ok, andiamo.

La festa si rivela la cosa più classica possibile: posto pomposo in cima a un hotel di lusso, orchestra jazz, fragole e champagne. La sensazione di muoversi all'interno di un insieme di codici è esilarante. Mi sento un agente segreto: sotto copertura, con la mia identità fittizia d'ispirazione letteraria, mi aggiro per il locale di fianco a una bella donna, stringo mani ben curate e mangio qualche stuzzichino senza sbriciolare in giro.

Fantasie da agente segreto a parte, non dimentico lo scopo della missione. Cerco di mettere Maria in buona luce diventando il migliore amico di tutte le persone che mi presenta, senza essere invadente. Parlo di politica economica con il suo collega Franz, di danza contemporanea con Mila, di squash con il suo capo, ci scappa anche una battuta su un nostro immaginario match, e cerco di resistere allo champagne che continua a fluire ininterrottamente nei nostri calici.

Ho recitato bene la mia parte, lei si è divertita e può tornare al lavoro con più fiducia in se stessa. A parte qualche sguardo complice non si è sviluppata nessuna tensione sessuale, e ritorno a casa in taxi, pagato dall'agenzia. Missione compiuta.

Sfortunatamente non ho potuto portare avanti la mia vita da escort. Il mio lavoro stava decollando e io non potevo rischiare di incontrare dei clienti mentre ero "in missione." Se non fosse stato per questa incompatibilità avrei continuato con piacere. È un'esperienza che ti arricchisce sotto molti punti di vista. Se questi circoli elitari sembrano superficiali e ampollosi, talvolta ridicoli, entrarci da escort sotto copertura ti mostra i codici che governano questo mondo.

Quella sera, rientrato in casa, non ho potuto fare a meno di pensare alla mia adolescenza trascorsa in una scuola di un quartiere difficile. Poi ho avuto un flash di champagne e vestiti da sera. Subito dopo mi sono addormentato.