L'ignoranza è un diritto? Stando ai recenti avvenimenti si direbbe di sì, o almeno sembra sia sul punto di essere riconosciuta come tale. L'ultimo esempio è quanto successo domenica: quando un tizio ha twittato a Gasparri un meme di Jim Morrison presentato come un rapinatore (tale Goran Hazdic) chiedendogli cosa ne pensasse, il vicepresidente del Senato non l'ha riconosciuto e ha commentato con "vergogna." Poi, incalzato, ha rivendicato il diritto a non conoscere il cantante dei Doors—"Conosco Platone, Hegel, Beethoven, di questa star occupatevi voi"—ed è finito a litigare un'altra volta con mezzo Twitter.
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La verità è che trollate del genere sono un passatempo facile e divertente, oltre che ormai sdoganato—il problema è che Gasparri fa parte di una corrente molto più grande, quella delle vittime designate del trolling online. Negli ultimi anni, uno dei cambiamenti più rilevanti che hanno interessato internet è stata l'enorme diffusione di bufale e articoli fake che si nascondono dietro la comoda (ed errata) etichetta di "satira". Il motore di tutto questo meccanismo è la facilità con cui simili contenuti si diffondono sui social, e si può dire che la loro propagazione su queste piattaforme segua due direzioni: in verticale e in orizzontale. Per quanto una divisione di questo tipo sia quasi classista, sarebbe stupido non ammettere che l'ignoranza giochi un ruolo fondamentale.Il primo gruppo è quello delle bufale create per fini economici o per la volontà di imporre un pensiero: casi in cui un individuo o un gruppo di persone modificano, distorcono, ingigantiscono o addirittura inventano notizie e fatti al solo scopo di smuovere gli istinti più primordiali dei lettori e generare traffico sui loro siti. Si tratta di casi simili a quello del ventenne siciliano che lo scorso settembre è stato denunciato per aver creato un sito da cui diffondeva bufale razziste per portare click al suo sito e guadagnare tramite i banner.Del secondo gruppo fa parte invece tutta quella letteratura di internet composta da siti ironici, come Lercio e la corrente di pagine del "gentismo ironico" come quella di cui è rimasto vittima Gasparri. Tutte queste fonti creano contenuti a uso e consumo di chi quell'ironia la capisce e ne ride, ma purtroppo spesso finiscono per mischiarsi alla categoria precedente creando ancora più confusione. Ovviamente la divisione in queste due macrocategorie non è rigida, così come non lo è la realtà che vuole descrivere.
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via Facebook/Vergogna Finiamola Fate GirareNegli ultimi mesi mi è capitato di fare esperienza diretta di queste dinamiche, maturando una consapevolezza che mi fa ben sperare. Gestisco una pagina Facebook comica che ha decine di migliaia di like e facendo questo ho potuto osservare quanto fosse facile influenzare i fan: bastava un tentativo di lanciare un trend e questo si riproponeva per numerosi post, in modo quasi ossessivo.
Ovviamente questo mi ha portato a pensare alle responsabilità di chi si trova nella mia posizione e ha il potere di influenzare un pubblico, fosse anche composto da una sola persona—soprattutto in un paese in cui i dati sull'"analfabetismo funzionale" non sono esattamente confortanti. Alla luce di questo, è corretto portare avanti questo tipo di ironia? E soprattutto, c'è modo di modificare quest'ironia in una specie di cavallo di Troia per portare la gente a prendere consapevolezza dei mezzi che ha a disposizione?
"Credo che questa domanda sia un retaggio della credenza di base che l'essere umano sia un essere razionale, ma non è così," mi ha detto Quattrociocchi. "La responsabilità nella scelta come nella condivisione delle informazioni è delegata a processi legati alla manifestazione e l'espressione dell'ego che si identifica per contrasto. Gasparri non è l'unico, anche additarlo è elemento di rinforzo identitario."
Secondo Quattrociocchi, in pratica, "Siamo tutte scimmie in cerca di appagamento dell'ego."
Questa cosa sarà valida per tutti, e oltre che scimmia mi sento un po' stupido a pensare che ognuno di noi abbia un minimo di responsabilità in quello che dice, posta e diffonde, sia che ciò arrivi a una persona che a decine di migliaia. A pensare che un cambiamento sia ancora possibile. In realtà, però, probabilmente questo meccanismo non cambierà mai, le bufale continueranno a esistere senza soluzione di continuità e da domani torneremo a prendere per il culo chi crede nelle bufale. Ridendo.
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