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La triste immagine di Milano nelle foto d'archivio

Getty Images è, sempre meno inaspettatamente, un'interessantissima fonte di spunti sulle idee e i riferimenti condivisi dall’umanità. Abbiamo cercato le immagini a tema Milano, ed ecco qual è l'idea che restituiscono della città.

Getty Images è, sempre meno inaspettatamente, un'interessantissima fonte di spunti sulle idee e i riferimenti condivisi dall’umanità. È inutile negarlo, infatti: per quanto la nostra mente sia allenata a sopportare le più schiaccianti profondità, per quanta esperienza abbiamo fatto del mondo intorno a noi e di quello che contiene, le associazioni di idee iniziano tutte coi cliché, con l’immagine più comunemente riconducibile una fenomeno, un luogo, un concetto o una parola.

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Le Library di ogni tipo sono state spesso e volentieri complici di questa cosa: l’inventario di immagini che (tra tutte) Getty Images propone è, per forza di cose, talmente generico che qualche volta è finito per risultare offensivo, svilente e anche un po’ razzista. Personalmente ho sempre trovato che fosse il prezzo da pagare per la loro stessa esistenza, considerata la funzione assolutamente “muzak” che queste svolgono, ovvero la necessità di fornire un contesto al lettore/spettatore/vittima senza che questo neanche se ne accorga, inserendo un informazione molto lieve, talmente riconoscibile che non ci si accorge neanche di averla ricevuta.

Ecco, è proprio questo il punto: più che indignarsi per la maniera più generica del generico in cui le cose sono “ritratte” nelle foto di repertorio bisognerebbe direttamente cercare di fare a meno della comunicazione basata su questi termini. È per questo che le più stucchevoli e pesanti da affrontare sono le immagini meno paesaggistiche e più.. uhm… “creative”, le illustrazioni, gli sconfinamenti nell’astratto e nell’“arte.” Quelle, spesso e volentieri, fanno un brutto effetto sulla coscienza perché per essere innocue hanno bisogno di servirsi di un linguaggio iconografico melenso e piatto. Diversamente, la piattezza stilistica delle foto documentarie va in funzione di una riconoscibilità immediata dell’oggetto senza che lo stile si ficchi in mezzo.

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È per queste e molte altre ragioni che è sempre molto interessante (o molto deprimente, a seconda dei punti di vista) andare a curiosare tra le immagini dedicate al posto in cui si vive. Dato che, come abbiamo appena stabilito, sarebbe stupido aspettarsi di trovarci la vita vera della metropoli, del paese o della regione che vi interessa, si finisce a curiosare tra i frammenti che formano l’idea del posto. È ancora più interessante nel caso in cui il dato posto sia già di per sé piuttosto restio a liberarsi dei luoghi comuni che ne accompagnano l’esistenza. Per chi vive a Milano, infatti, è anche frustrante accorgersi che alle istituzioni cittadine—comprese quelle economiche—ma pure ai semplici abitanti, interessa che l’idea della città da promuovere in Italia e all’estero sia una sola, quella di città del terziario: creativo (design, moda, architettura, pubblicità) e finanziario-legale (studi legali, consulenze finanziarie, accattonaggio).

Saranno tutti contenti, quindi, che il ritratto subconscio che si compone cercando “Milano” nella Library coincide molto bene con quella idea, un pacchetto di riferimenti buono per Expo 2015 e per tutta la scenografia che si è già tristemente iniziata a montare. Il tutto si limita, per l’appunto, a pochi argomenti fondamentali. Vediamoli insieme.

PAESAGGIO: MILANO CITTÀ DEL FUTURO E DEL PASSATO

Il rapporto dei fotografi di Getty con il paesaggio milanese è fondamentalmente di due tipi: ce n’è uno più banale e svogliato, che si limita a fotografare i luoghi più famosi in prospettive da cartolina, e uno che, invece, vuole formare un’idea della città con i mezzi subdoli di cui sopra. Studiandole, mi ha colpito parecchio che questa non c’entrasse niente con lo stereotipo vendibilie agli ammeregani per cui tutta la vecchia Europa è fatta di palazzine di mattoni alte massimo tre piani, con le terrazze piene di fiori, e strade in ciottolato attraversate in graziella da una bella ragazza col basco o, al limite, da un’utilitaria degli anni Cinquanta. Probabilmente, quando si sono formati meglio i luoghi comuni, quella fetta di immaginario se l’è presa tutta Parigi mentre Berlino si ciucciava i graffiti sui muri e le scatto fisso. A Milano cosa è toccato? Un misto molto strano di vecchio e nuovo: ai fotografi piace sottolineare come il rinnovamento architettonico di Milano, fatto di razionalismi e brutalismi prima e di monoliti in vetro e acciaio poi si metta in qualche modo a dialogare con il gotico internazionale del Duomo e tutto quanto c’è di pre-novecentesco e grosso in città.

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In questo senso, la volta di Galleria Vittorio Emanuele, e soprattutto la cupola dell’ottagono centrale è forse il singolo elemento architettonico più immortalato.

Anche più della madonnina: quel misto di neoclassico e modernismo fa quasi più effetto di una gara di sguardi tra Mariae Nascenti e la Torre Velasca.

Altro grande contributo è l’aura industrial-occulta di Stazione centrale.

Questo contribuisce a vendere lo stile cittadino come una specie di metropoli steampunk in cui le guglie gotiche si armonizzano alla perfezione con vetro e acciaio, una capitale del lavoro e di una sobria grandezza velatamente minacciosa. Il tempio di Moloch, praticamente, lo scenario perfetto per i bocconiani e gli architetti di cui parleremo tra poco.

GENTE: “GIACA LUSTRA FA MINGA EL PRILA, CHE A MILAN SE LAURA!

Gli esseri umani milanesi esistono solo in quanto gente che lavora. È così nella effettiva mentalità cittadina, e lo è anche nel repertorio Getty. Sono ben poche le altre attività in cui i milanesi vengono ritratti, e sono anche queste in qualche maniera legate al loro ruolo sociale di impiegati d’ufficio, tendenzialmente businessman e creativi.

Siamo architetti e designer o lavoriamo in studi di architetti e designer, siamo avvocati sorridenti in bici. I giovani creativi portano capelli moderatamente arruffati, occhiali colorati e abiti un po’ hipster di sei anni fa. Uomini e donne d’affari, invece, optano per uno stile più classico già da giovani, e non smetteranno mai di essere sorridenti e in salute neanche a cinquant’anni, una volta rilevate le quote dello studio e trasformatisi in cumenda a tutti gli effetti… taaac.

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Il lavoro è la loro vita, e se non hai tempo fai colazione in ufficio e stirati le mutande senza manco levarti la cravatta, testina.

Pure limonare, se devi, lo fai in ufficio.

Lo sanno pure le scimmie.

I pochissimi operai che vengono mostrati devono comunque dare l’idea di essere altamente specializzati e svolgere incarichi di precisione. Ci scommetterei che gli stabilimenti in cui lavorano producono oggetti di design.

DIVERTIRSI: L’APERITIVO

Quando al fin d’un giorno noioso i C&C (cumenda&creativi) se la godono, non possono che farlo con un BELL’APERITIVO. Del resto, dal momento che SICURAMENTE Milano non è famosa per la sua nightlife, lo è invece per l’occasione sociale composta unicamente di chiacchiere, accattonaggio alimentare e bicchieri pieni di ghiaccio con un po’ di alcol. I giovani e meno giovani che lavorano e si divertono nel capoluogo lombardo sono tutti freschi, simpatici e di successo, si ritrovano in bar eleganti. È un luogo comune talmente grosso che mi sento scemo solo a scriverlo.

Certo, che comunque questa gente esista davvero è innegabile.

COSE: MANI CHE REALIZZANO OGGETTI

Non scordiamoci che la CREATIVITÀ che rende tanto bella Milano, prima di arrivare sui computer e nei modellini plastici, era fatta di manualità e tradizioni secolari che si risolvevano nella realizzazione di piccoli oggetti in legno, vetro e ceramica. Le mani, simbolo di volenterosità, capacità e onestà, sono il principale veicolo di questo mondo artigianale che non va mai perso perché la tradizione, insomma ecc. ecc.

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COSE: CIBI CARINI

La stessa cosa di cui sopra ma col cibo: che siano chef professionisti o blogger amatori, anche nel mangiare Milano è attenta allo stile alla, uhm… CREATIVITÀ. Basta.

GENTE 2: MADRI DI FAMIGLIA, MEGLIO SE INCINTE

Anche se siamo meneghini e tutti pensano alla carriera, non dobbiamo mai dimenticarci che siamo in Italia, un bravo paese cattolico che ci tiene particolarmente ai valori della famiglia. Questo sembra riguardare soprattutto la popolazione femminile, che fa tanto natura e tenerezza mostrare incinte e discinte.

COSE: FASHION

Questa non serve che ve la spieghi, no? Purtroppo non le posso embeddare perché sono tutte opera di fotografi famosi, ma ne trovate molte qui. È tutto più crudo e sexy in bianco & nero, zio.

GENTE 3: CANI CHE DORMONO

Questa me la dovete spiegare. Pare che a Milano i cani siano delle creature piuttosto pigre; immagino si sfianchino a stare appresso agli orari dei loro indaffaratissimi padroni.

GENTE 4: ZARRI

Esistono anche loro, ma solo quando vince l’Inter.

Tirando le somme, pare che la milanesità abbia tutto sommato vinto, e sia riuscita a rimanere nei pressi della ridottissima prospettiva a cui gran parte della città sembra sentirsi vicina. Ancora una volta, a deprimere non è l’esistenza di un immagine standardizzata quanto l’effettiva realtà fisica di questa immagine. In fondo non ci ho trovato niente che infastidirebbe o farebbe sentire un distacco emotivo a tanti che qua ci sono cresciuti o venuti con l’idea di integrarsi perfettamente.

Segui Francesco su Twitter: @FBirsaNON