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L'italiano che ha passato 22 anni in carcere da innocente

A 18 anni, Giuseppe Gulotta è stato arrestato e costretto con la tortura a confessare un omicidio che non aveva commesso e che lo ha portato a 22 anni di carcere. Il suo caso rappresenta uno dei tantissimi errori giudiziari italiani.

Giuseppe Gulotta. Grab via

"Mi arrestano, mi portano in caserma, io non capisco perché. Mi hanno detto che volevano delle informazioni, nella mia ingenuità visto che avevo fatto domanda per entrare nella Guardia di Finanza pensavo volessero chiedermi qualcosa su questo." Comincia così il racconto di Giuseppe Gulotta, 58 anni, arrestato a 18 anni a Trapani nella notte tra il 12 e il 13 febbraio del 1976 e da quel momento considerato per 36 anni l'assassino di due carabinieri.

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Il motivo per cui veniva portato in questura, infatti, non aveva nulla a che fare con la Guardia di Finanza: l'accusa a suo carico era il coinvolgimento nella strage di Alcamo Marina, nella quale avevano perso la vita due militari. Quella stessa accusa lo ha portato a passare 22 anni in carcere, prima di essere assolto con formula piena a febbraio del 2012.

"Di quella notte ricordo solo le botte. La mattina dissi di essere disposto a dire qualsiasi cosa purché la smettessero, e lì firmai il documento in cui mi dichiaravo colpevole. Ritrattai subito in aula, ma era troppo tardi," mi spiega al telefono Giuseppe Gulotta. Quella notte, infatti, venne torturato e seviziato dalle forze dell'ordine, e indotto a confessare un crimine al quale era del tutto estraneo.

Ad oggi la strage di Alcamo Marina è irrisolta (le ipotesi più accreditate restano il delitto di mafia, terrorismo o il traffico d'armi), e quello di Gulotta—raccontato in un libro—rappresenta uno dei più clamorosi errori giudiziari dai tempi del dopoguerra. Ma se la vicenda è clamorosa per la portata dell'accusa e per la pena scontata, non è di certo l'unica del suo genere. Quello degli errori giudiziari, infatti, è un problema che negli ultimi 22 anni in Italia ha riguardato più di 24 mila persone, con una media di mille persone all'anno.

"Si tratta di una specificità tutta italiana," mi spiega Valentino Maimone, giornalista, curatore e fondatore con Benedetto Lattanzi del sito errorigiudiziari.com, il primo archivio italiano sugli errori giudiziari e i casi di ingiusta detenzione. "Sono numeri enormi se paragonati a quelli della realtà statunitense o degli altri Paesi dell'Unione Europea. I motivi sono molti e tra questi cito sicuramente l'uso eccessivo e sbagliato della custodia cautelare."

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La custodia cautelare dovrebbe essere una forma di tutela della Stato per evitare che la persona inquini le prove, reiteri il reato o scappi, ma come mi spiega Maimone in Italia nella realtà viene applicata anche come carcere preventivo. "ll 40 percento della popolazione carceraria di oggi è ancora in attesa di giudizio di primo grado. Queste sono tutte persone che potrebbero essere innocenti, anzi, che sono innocenti fino a prova contraria," continua.

Detenuti a San Vittore. Foto di Elena Brenna/VICE News.

Nonostante quindi nel nostro paese essere innocente non equivalga necessariamente a evitarsi guai con la giustizia, sono stati proprio questi due fattori—la fiducia nella giustizia e la coscienza di essere innocente—ad aiutare Gulotta ad affrontare l'iter giudiziario. "Il fatto di sapere di essere innocente mi rendeva sicuro che prima o poi tutto si sarebbe risolto, e questo mi ha aiutato. Aspettavo ogni sentenza sperando fosse l'ultima, anzi convinto che fosse l'ultima. La speranza, e da una parte la convinzione, che tutto sarebbe finito presto—anche se è durato più di 30 anni—è stata fondamentale."

Nel caso di Gulotta, a farlo risultare colpevole era stato il suo nome (e quelli di altre due persone, fuggite in Sud America) pronunciato da un conoscente, anch'esso sotto tortura. Ma le cause più comuni dietro gli errori giudiziari, mi spiega Maimone, sono legate allo scambio di persona, alla cattiva stesura o interpretazione delle intercettazioni telefoniche, o anche ai pentiti che vogliono far credere di sapere più di ciò che sanno.

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"I casi di scambio di persona sono molto comuni: e non mi riferisco solo ai casi di omonimia, ma anche a quelli di persone che vengono riconosciute male dai testimoni," prosegue. "Se ci pensi non è così difficile: ai testimoni, a settimane dall'accaduto, vengono fatte vedere 10-15 foto tramite cui sono chiamati a ricordare ciò che hanno visto per qualche secondo."

Così, può accadere che una persona si trovi in cella fino al momento in cui gli inquirenti si accorgono di aver commesso un errore, o dalle indagini degli avvocati emergono nuovi elementi che portano alla riconsiderazione del caso.

Capita anche che ad anni dal reato venga fuori un colpevole che scagiona il detenuto. "Qualche giorno fa, in Veneto una donna è stata trovata colpevole di un omicidio e ha confessato di averne compiuto un altro anni prima, per cui era in cella un'altra persona," mi spiega Maimone. "Questi sono casi abbastanza comuni."

Gulotta ha scoperto che c'erano i presupposti perché la sua innocenza venisse riconsiderata soltanto nel 2007, guardando—dal carcere di San Gimignano—una puntata della trasmissione Blu Notte. Nella puntata, Carlo Lucarelli ricordava la strage di Alcamo spiegando che tutti i presunti autori erano stati assolti. Tramite i suoi avvocati, Gulotta ha contattato la RAI e ha scoperto che alla trasmissione era arrivata una lettera in cui un ex maresciallo della procura di Trapani, Renato Olino, dichiarava di voler parlare. Olino era stato ascoltato e aveva illustrato nel dettaglio i metodi usati per indurre alla confessione, segnando una svolta decisiva nell'indagine.

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Stabilita la sua completa innocenza dopo un iter legale lungo 36 anni e che lo ha visto ricevere anche una condanna per ergastolo nel 1990, il risarcimento che adesso Gulotta chiede allo stato è di 56 milioni di euro. Gli errori giudiziari, infatti, non pesano solo nel bilancio della giustizia italiana, ma anche nei conti del paese. Si calcola che dal 1992—data da cui sono stati contabilizzati i primi risarcimenti—lo Stato abbia speso oltre 600 milioni di euro in risarcimenti. Di questi, 545 mila per risarcire persone detenute ingiustamente.

A questo paradosso si va ad aggiungere il fatto che circa due terzi delle persone che risultano innocenti, mi dice Maimone, non ricevono alcun risarcimento, ma soprattutto una volta uscite dal carcere non vengono aiutate nel reinserimento nella società.

Nel caso venga approvata la cifra richiesta, il risarcimento di Gulotta sarebbe tra i più alti della storia italiana. A suo giudizio, però, non varrebbe comunque il prezzo di ciò che ha passato. Se dopo tanti anni, mi racconta, la rabbia si è spenta e si è trasformata in sfiducia, "qualsiasi sia la cifra, la ferita non si rimargina. Io a quest'ora sarei potuto essere qualsiasi cosa volevo, e invece a 58 anni ho passato una vita in galera e mi trovo a vivere alla giornata, senza essermi potuto costruire niente. Quanto può valere una vita?"

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