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Ho usato Tinder per vedere quante cose sarei riuscito a scroccare

Per una ragazza, farsi offrire una cena non è un'impresa impossibile. Cosa sarebbe successo se io, un ragazzo di vent'anni, avesse cercato di fare lo stesso?

(Foto di Tom Johnson)

Le app di incontri sono state inventate per permettere alla gente di starsene comodamente seduta in poltrona mentre passa in rassegna foto di estranei con cui potrebbe voler andare a letto. Ma queste applicazioni hanno anche molte altre funzioni secondarie che non sono ancora state sfruttate al massimo delle loro potenzialità. Ad esempio, far credere a qualcuno che vi piace davvero, farvi comprare cose e poi sparire per sempre.

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Dopo aver testato LUXY siamo passati a Tinder, invertendo però anche i ruoli.

Come è successo a tutti, quando mi sono iscritto a Tinder pensavo che sarebbe stato fantastico. Finalmente avrei potuto sbirciare infiniti profili di infinite ragazze e usare il piccolo schermo del mio cellulare come una specie di caleidoscopio della mia futura vita amorosa: i primi messaggi, le farfalle nello stomaco, le vacanze al mare, i litigi all'IKEA, la gioielleria in cui avrei comprato l'anello, i nomi dei nostri figli, il funerale di suo nonno. Insomma, avevo un sacco di aspettative.

Il suo vero potenziale però non mi è stato chiaro finché non mi è capitato di ritrovarmi al lavoro con dei postumi che mi stavano triturando il cervello. Non ero assolutamente in grado di rapportarmi al mondo esterno e ho deciso di tentare la sorte e chiedere a una ragazza a caso su Tinder di farmi recapitare una pizza in ufficio. Con grande sorpresa mia e dei miei colleghi, la pizza è effettivamente arrivata.

Così, Tinder è diventata la mia app preferita. Ma soprattutto ho capito che se un ragazzo come il sottoscritto (nella foto qui sopra, per farvi capire di cosa parlo) era riuscito a farsi offrire una pizza, chissà quante cose sarebbe riuscita a ottenere una bella ragazza. Così ho deciso di fare quello che avrebbe fatto un qualsiasi altro ragazzo: ho creato un account fake con il nome e la foto di una ragazza. E da quel fatidico giorno in poi ho mangiato piatti etnici usciti da una miriade di ristoranti di Londra senza sborsare un centesimo.

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Non soddisfatto di aver mangiato a sbafo nascondendomi codardamente dietro un nome finto, ho deciso di verificare cosa può ottenere un etero da una donna mostrandosi nella vita reale. Quindi sono tornato su Tinder con il mio vero nome e dopo aver detto "sì" a ogni singolo profilo in cui mi sono imbattuto ho iniziato a chiacchierare con una maestra delle elementari ventunenne del Buckinghamshire.

Ci siamo dati appuntamento in un pub di Shoreditch alle 21. Durante il nostro breve scambio di messaggi avevo fatto qualche allusione alla possibilità che fosse lei a offrire il primo giro. Sono arrivato apposta con dieci minuti di ritardo nella speranza che nell'attesa iniziasse a bere da sola—ripensandoci non è stata una grande mossa, visto che il mio obiettivo era di farmi offrire il maggior numero di cose possibile, e non di farla incazzare.

Dopo il primo scambio di saluti e baci sulla guancia ho deciso di avviare l'esperimento: le ho chiesto direttamente di offrire il primo giro. Non mi è sembrata particolarmente turbata dalla mia richiesta. Lo è stata decisamente di più quando, poco dopo, le ho detto che avevo scelto una bottiglia da 30 euro di un vino chiamato La Serrana Macabeo.

Abbiamo attraversato il pub affollato diretti verso il cortile interno, illuminato da luci soffuse e da un fungo riscaldante. Ci siamo sistemati vicino a un grande cancello chiuso che io continuavo a guardare per capire che tipo di mossa atletica avrei dovuto fare in caso di fuga.

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Ero assolutamente deciso ad arrivare in fondo all'appuntamento senza tirare fuori un centesimo. E dopo un bicchiere e mezzo di vino sembrava che lei si fosse dimenticata di aver pagato l'intera bottiglia. Era anche molto carina.

Dopo un po' la bottiglia è finita, e non ci è voluto molto perché sopraggiungesse il primo momento veramente imbarazzante della serata: dieci minuti in cui ci siamo fissati negli occhi in attesa che qualcuno dei due facesse il gesto di ordinare e quindi pagare la seconda bottiglia. Determinato, ho continuato il mio gioco e con la faccia tosta di chi non ha niente da perdere le ho chiesto di prendere un'altra bottiglia. Per tutta risposta lei ha riso e mi ha ricordato che era il mio turno.

Sarebbe stata dura. Cercando di mantenere un tono ironico e scherzoso mi sono ritrovato a improvvisare un monologo sulle convenzioni e su quanto sarebbe stato bello decidere insieme di rivoluzionarle facendo pagare a lei, ragazza, l'intera serata. Non l'ha presa troppo bene. Sembrava disgustata, e poco dopo la mia uscita si è scusata ed è andata in bagno: probabilmente ha chiamato i suoi amici per raccontare quanto ero stronzo.

Sono rimasto lì seduto da solo, a desiderare fortemente di essere a casa e chiedere a degli sconosciuti di offrirmi del cibo da asporto. Poi, dopo i cinque minuti più lunghi della mia vita è tornata e mi ha detto che non voleva fare troppo tardi. Ha farfugliato una scusa tirando in ballo un pranzo in famiglia del giorno dopo. Era arrivato il momento di arrendersi. A malincuore mi ha dato un bacio sulla guancia per salutarmi e se ne è andata. Nessuna delle altre ragazze con cui ho cercato di uscire quella sera ha accettato di incontrarmi.

Nel complesso, l'unico appuntamento che sono riuscito a ottenere è stato veramente svilente. Nella mia testa ero convinto che avrei bevuto Grey Goose e champagne fino all'alba, ma sfortunatamente la vita vera è un'altra cosa—più precisamente, quella in cui il Serrana Macabeo e il pranzo thailandese te li devi pagare da solo.