Cinque persone parlano dei tatuaggi di merda che si portano addosso

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Cinque persone parlano dei tatuaggi di merda che si portano addosso

Tra pantere che sembrano marsupi, citazioni latine che non vogliono dire esattamente quello che pensavamo e simbologie improvvisate, ecco i peggiori tatuaggi che ci portiamo addosso.

Dopo aver chiesto ai tatuatori italiani quali sono i tatuaggi che eviterebbero tranquillamente di eseguire abbiamo deciso di occuparci dei tatuati, e nella fattispecie di quella grossa fetta di portatori di tatuaggi che a un certo punto della vita si pente di ciò che ha fatto. Per quanto, infatti, sia quasi fisiologico che il primo impatto col nuovo tatuaggio corrisponda a un senso di smarrimento, è vero anche che in alcuni casi la sensazione di aver fatto una cazzata non ti abbandona mai più. E per i mesi e gli anni successivi ogni volta che ti togli il maglione e vedi quella scritta sull'avambraccio provi un leggero senso di disconnessione dal tuo corpo.

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I motivi che ci portano a farci tatuaggi di merda sono vari: dalla fretta di compiere un atto ribelle alla genuina convinzione che sia una grande idea. E anche le reazioni sono varie: c'è chi ci fa l'abitudine e lo accetta come "una cosa che ho fatto e quindi racconta un pezzo della mia vita" e chi vorrebbe scorticarsi la pelle. Ecco allora alcune storie legate a "tatuaggi di merda" che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi grazie ai nostri colleghi.

VIRGINIA, 30 ANNI

Il mio modello di vita a 17 anni era l'allora ragazzo di mia sorella, Marzio, di professione buttafuori. Mi piaceva perché era molto forte nelle arti marziali e ascoltava i Cypress Hill: in pratica, era l'uomo che avrei voluto diventare se fossi stata un uomo. Una sera Marzio decise di mostrarmi gli effetti del jiu jitsu sui suoi addominali, e fu in quel momento che avvenne l'imprinting. I suoi tatuaggi. Quelle rondini, quelle pistole, quei maori. Non avendo altro modo di immaginarmi come diventare Marzio, ho deciso di seguire le sue orme diventando una sorta di suo mini-me.

Perciò eccomi poco tempo dopo con Marzio e mia sorella nello studio di un loro amico a farmi tatuare il pube—perché giustamente il primo tatuaggio doveva essere in un punto in cui sarebbe poi stato IMPOSSIBILE ignorarlo.

Successivamente quel brutto tatuaggio è diventato un mio punto di forza, non tanto perché mi stia bene quanto perché un depistaggio in zona pelvica aiuta anche a viversi il dramma del sesso in maniera meno greve: penso sempre "se va male possiamo ridere di 'sti tatuaggi di merda" e passa già un po' di ansia da prestazione. Per questa funzione sdrammatizzante io alla fine sono affezionata a tutti i miei brutti tatuaggi, e forse è questo il motivo per cui non ho smesso di farne. Ok che il corpo è un tempio, però ho deciso che il mio vorrei fosse uno di quei templi buddisti pieni di assurde bestioline.

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Oltretutto, a danno già avvenuto, ho scoperto che c'è un magico filo che lega me, il mio eroe Marzio e una terza persona che ha i nostri stessi tatuaggi: Fabrizio Corona. Ora ditemi se non mi devo sentire parte di una grande famiglia.

GIACOMO, 29 ANNI

Mi sono pentito di quasi tutti i miei tatuaggi, al punto di sentire il bisogno di inventare una balla che uso come giustificazione per me stesso e per gli altri, ovvero che "dei tatuaggi bisogna pentirsi perché altrimenti vuol dire che si rimane sempre uguali e noiosi." Quello di cui mi vergogno di più sta sul mio braccio sinistro ed è un grosso cuore pseudo-anatomico completo di cicatrici che risale alla terza o alla quarta superiore. L'organo è incorniciato da una scritta in latino che avevo interpretato nel modo sbagliato (non è una sorpresa che non abbia mai finito il liceo): è il verso di Giovenale sul destino e le stelle che compare nella foto qui sopra, ma all'epoca credevo fosse piuttosto un augurio di lunga vita, tipo "è ancora lontano il momento in cui tornerai alle stelle."

Qualcuno mi ha anche fatto notare che se metto una maglietta a maniche corte che ne copre la metà superiore assomiglia più a uno scroto che a un cuore. Ma non me ne vergogno solo per una questione estetica: l'idea era che fungesse da promemoria per "non dimenticare le persone che hanno segnato la mia vita." Persone che ovviamente un anno dopo ho completamente cancellato dalla mia vita. È talmente sbagliato su così tanti livelli che credo non lo coprirò mai, perché è una lezione importante su quanto sia stupido cercare di essere chi non si è.

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GABRIELLE, 29 ANNI

Ho un tatuaggio molto brutto sulla spalla che ho fatto il giorno dei miei 18 anni convinta che fosse il miglior modo di entrare nel mondo adulto e dire a mia mamma, "Ormai faccio quel cazzo che voglio." Quel giorno mia mamma mi ha fatto notare che "Ci sono altri modi di affermare la tua personalità," poi ha pianto in silenzio e non mi ha rivolto parola per tre giorni.

Risultato: mi ritrovo con una pantera arrampicata sulla scapola che sembra un ibrido tra un geco e un marsupio. Sul momento mi sentivo parte di una grande comunità ribelle, ma pochi mesi dopo ho capito che non avrei mai più potuto scoprire la schiena senza che la gente vedesse quella macchia nera (e un po' rossa—sì, perché la pantera si arrampica sulla mia pelle, quindi i suoi artigli mi fanno sanguinare…). Due anni dopo ero convinta che l'avrei fatto cancellare ma alla fine è ancora lì, e ora è scolorito come se avesse 50 anni.

MATTIA, 23 ANNI

Sono dell'idea che chiunque, se potesse tornare a un paio di giorni prima di tatuarsi, cambierebbe idea. Se non sulla scelta stessa di tatuarsi, quantomeno su cosa tatuarsi. Il mio primo e più grave errore l'ho fatto l'estate dopo aver finito il liceo: sono due lupi sul costato che ululano e girano attorno a una luna, opera tra l'altro espressamente richiesta da me al tatuatore dopo che l'avevo creata facendo un collage di robe a caso trovate su DeviantArt.

A volte lo odio follemente, ma a volte—e questo dovrebbe essere indicativo di quanto affetto riusciamo a provare per i nostri errori— riesco ancora a sentirmi un duro quando lo vedo. In generale, comunque, prima che mi chiedessero esplicitamente di scrivere un paragrafo riguardo a "quella merda che hai addosso" nessuno mi ha mai preso in giro o detto che era brutto, però ecco… se potessi tornare indietro magari non mi tatuerei una roba presa da DeviantArt.

FLAVIA, 25 ANNI

Premettendo che tutti i tatuaggi che ho sono così stupidi che i cultori dei tatuaggi mi odiano e ogni volta ci metto un po' per convincere il tatuatore di turno, con uno in particolare sono riuscita addirittura a scendere uno scalino più in basso dello standard di stupidità dei miei tatuaggi. È sul braccio sinistro, un bracciale di simboli troppo piccoli, troppo appiccicati, graficamente brutti e senza senso. Avevo vent'anni e un amico che faceva tatuaggi in un garage—cioè aveva gli strumenti e ne aveva già fatti due. Ovviamente ai tempi non vedevo il lato negativo—essere marchiata a vita da uno che faceva tatuaggi in garage e ne aveva fatti due—ma solo quello positivo: lo pagavo con un aperitivo e non essendo un tatuatore non era vincolato al codice morale dai tatuatori.

Essendo il mio primo tatuaggio in vista sarebbe stato incredibilmente cool, ma essendo io poco cool lo volevo il più piccolo possibile: il che rendeva il compito del "tatuatore" ancora più difficile. Arrivati là comunque ci siamo accorti che i simboli che avevo pensato non erano abbastanza, quindi ne abbiamo inventati alcuni su due piedi attribuendogli convinti pure i loro significati. Tra i vari simboli appiccicati e troppo piccoli ho una nuvola che sembra un elefante, una cosa ovale e sporca che doveva essere un mondo, un occhio con la pupilla bianca e la sclera nera, un fungo, e nei momenti di lucidità un po' d'imbarazzo.