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Le foto di Alessandra Sanguinetti mettono in ordine la realtà

Dopo l'infanzia trascorsa in Argentina, Alessandra ha scoperto la fotografia e ne ha fatto uno strumento per mettere ordine nella sua vita e capire quella degli altri.

Dal libro The Adventures of Guille and Belinda.

Alessandra Sanguinetti è nata a New York, ma ha trascorso l'infanzia e la prima parte della sua carriera in Argentina. Da piccola passava le vacanze nella Pampa, dove ha avviato il suo primo progetto fotografico, On The Sixth Dayuno spaccato della vita contadina incentrato sull'interazione tra gli uomini e gli animali allevati per il macello.

A metà del progetto iniziò a fotografare due cugine che vivevano in quella zona, Guille e Belinda. Quella serie è diventata la più nota del suo repertorio, e da essa è tratto il libro The Adventures of Guille e Belinda. Ho parlato con Alessandra delle cugine, del tempo che è passato, e di come la fotografia aggiunga un senso di ordine e permanenza nelle nostre vite.

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Dal libro The Adventures of Guille and Belinda.

VICE: Dopo aver vissuto in Argentina, dieci anni fa ti sei trasferita negli USA. Come ha influenzato il tuo lavoro questo passaggio?
Alessandra Sanguinetti: Ho vissuto in Argentina fino ai 30 anni, ed è lì che ho realizzato On the Sixth Day e The Adventures of Guille and Belinda. Ero a metà del lavoro su Guille e Belinda quando mi sono trasferita negli Stati Uniti; il primo capitolo del libro era pronto, quindi in parte il trasferimento mi ha influenzato in senso pratico—non ero presente al matrimonio di Belinda.

Ma mi ha influenzato molto di più a un livello non immediatamente tangibile. Avevo sottovalutato quanto fossi legata all'Argentina, quante cose che amavo fossero là. E avevo sottovalutato anche quanto ti cambino le circostanze e lo scorrere del tempo. Sono partita con un sacco di idee, ero impaziente di realizzarle, e davo per scontato che avrei potuto farlo una volta tornata… Ma non funziona così. Al mio ritorno, quelle piccole scintille erano andate, e non vedevo più le cose allo stesso modo. C'è un momento per ogni cosa, e poi il momento è passato e l'unica cosa da fare era andare avanti.

Senti che il lavoro di adesso a San Francisco ti abbia aiutato ad accettare la tua nuova vita? Sei felice lì? 
Ho lavorato su diversi progetti da allora—incluso Palestine e, recentemente, un piccolo libro sulla vita delle famiglie qui a San Francisco, intitolato Sorry, Welcome. È edito dalla TBW books e uscirà a breve.

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Dalla serie The Life that Came.

Anche in Guille and Belinda il tema ricorrente è quello della famiglia. Ho letto che ti sei appassionata alla fotografia quando ti sei resa conto che un giorno i tuoi amici e familiari sarebbero morti, e quindi hai deciso che volevi conservare qualcosa di loro.
Tutti, a un certo punto, ci rendiamo conto della transitorietà della vita. Da piccola fare foto era il mio modo per rendere le cose permanenti, sincronizzare quello che vedevo con quello che sentivo. Era un modo per collegare i puntini, trovare connessioni fra gli eventi casuali. Alla fine, prestando attenzione, si cominciano a creare storie e a cercare il senso delle cose. E una volta trovato un modello che possiamo riconoscere, questo ci renderà tutto più semplice.

Nel tuo lavoro sembra esserci una particolare attenzione nei confronti delle giovani donne, o in generale dei bambini e del loro percorso verso l'età adulta. È stato così anche per il tuo progetto in Palestina, no?
I bambini sono affascinanti. Lo siamo stati tutti, e gran parte della nostra identità si è formata durante la nostra infanzia. In quanto società, proiettiamo molte delle nostre speranze, frustrazioni, tabù e aspirazioni sui bambini. E loro sono estremamente puri nel trasmettere come tutte queste cose li influenzino. Come potevo non fotografarli? In più, fra adulti la conversazione è obbligatoria, e io non sono molto brava con le parole. Con i bambini si arriva subito al cuore della questione.

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Palestine è ancora incompleto secondo me. Comunque sì—quando sono andata in Palestina il mio obiettivo era di concentrarmi sui bambini e sull'impatto che l'occupazione ha sulle loro vite. Ho un sacco di interviste ai genitori che non ho incluso nel libro, e che mi piacerebbe aggiungere. La mia intenzione è quella di tornare a fotografare quei bambini ora che sono adulti.

Dal libro On the Sixth Day.

Il lavoro che ha preceduto Guille and BelindaOn the Sixth Day, si concentrava sugli animali, sui mattatoi, e su come le persone si relazionano con gli animali che allevano. Cosa ti ha spinto a intraprendere quel progetto?
È un progetto a cui avevo pensato a lungo prima di realizzarlo. Da piccola ho passato un sacco di tempo in campagna, e sapevo che c'erano molte storie di quei posti che non erano ancora state raccontate, non in modo figurativo almeno. In tutte le opere che avevo visto, fatta eccezione per la musica e la letteratura, la campagna veniva ritratta come uno spazio vuoto e senza vita. Forse è per via della natura del paesaggio o di un certo romanticismo sulla vita nelle fattorie che ignora le realtà più crude, ma ho sempre avuto la percezione che molte delle cose che accadevano lì venivano ignorate—fra gli allevatori e le bestie accadono continuamente cose drammatiche. Venir relegati in un recinto è un fatto banale per noi, ma non lo è per le mucche, e ho cercato di strutturare il lavoro su questa idea.

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Il riferimento religioso nel titolo era negativo? Volevi giudicare il modo in cui gli uomini uccidono gli animali?
All'inizio ero un po' critica, certo. Ero più sentimentale e supponente. Ma queste sensazioni si sono attenuate via via che procedevo con il lavoro. Questa è la cosa bella: come il lavoro ti cambi. Si crede sempre di avere il controllo sul proprio lavoro. Ma se sei veramente coinvolto, e se presti la necessaria attenzione, il tuo lavoro ti plasma, e tu ne uscirai più saggio e umile.

Dal libroThe Adventures of Guille and Belinda.

The Adventure of Guille and Belinda è il tuo lavoro più conosciuto. Come vedi il fatto che buona parte di esso si basi sulle vite di due persone? Pensi che sia strano per le ragazze?
Non ero partita con l'intenzione di focalizzarmi su due ragazze. Erano lì, ed è cominciato tutto in modo naturale; mi conoscevano già. Ero sempre intorno a casa della loro nonna, a fotografare animali: la ragazza con la macchina fotografica. Penso che per loro fosse più strano quando mi vedevano senza macchina. All'inizio, quando avevano nove anni, andai a casa loro perché vedessero alcune delle foto che avevo scattato. In seguito, quando sono cresciute e l'infanzia era ormai solo un ricordo, hanno cominciato ad apprezzare il mio lavoro in modo più profondo.

Sono consapevoli del fatto di essere famose?
Sono consapevoli del fatto che il loro rapporto esiste anche al di fuori di loro. Ma sono immerse nel loro mondo, nelle loro vite di tutti i giorni, che non hanno a che fare con l'ambiente in cui circolano queste immagini. Tranne ovviamente quando sono state pubblicate o esposte in Argentina.

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Dal libro The Adventures of Guille and Belinda.

Ritieni che, specialmente con Guille e Belinda, il pubblico si sia interrogato troppo sull'allestimento o meno delle scene?
Non me ne sono preoccupata molto. Sai, le persone mettono in discussione ogni opera, e per i motivi più disparati. A volte si tratta solo di curiosità—vedono 50 foto delle stesse ragazze e si fanno questa domanda. Alcuni leggono una poesia lasciandosi trasportare, e questo gli basta. Altri invece vogliono capire cosa li abbia emozionati, e analizzeranno la metrica. Altri ancora invece vedranno solo parole sconnesse e strani collegamenti. E con la fotografia, a causa della sua natura, la questione della veridicità di un evento si presenta molto spesso.

Credi che ci sia un messaggio specifico che traspare dal tuo lavoro? O ti capita solo di scattare foto per te stessa che poi affascinano gli altri?
Non penso alla reazione del pubblico quando faccio le mie foto. Sarebbe un limite. Cerco solo di prestare attenzione a certe persone, a certi posti, a certe relazioni che vedo intorno a me, e provo ad articolarle nel modo migliore. E sì, spero poi di poterle condividere con altre persone. Raccontare storie e lasciare una traccia delle vite vissute è al centro di tutto.

Per vedere altre foto di Alessandra Sanguinetti andate alla pagina successiva.

Dal libro On the Sixth Day.

Dal libro The Life that Came.

Dal libro On the Sixth Day.

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Dal libro On the Sixth Day.

Dal libro The Life that Came.

Dal libro The Adventures of Guille and Belinda.

Dal libro The Life that Came.

Dal libro On the Sixth Day.

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