FYI.

This story is over 5 years old.

News

Le cure della Troika stanno uccidendo il Portogallo

Il Portogallo è spesso descritto come la storia di successo del programma di aiuti europei, ma fuori dal Paese sono pochi quelli che hanno indagato sugli effetti concreti delle misure. Così, un gruppo di otto fotografi e un regista ha deciso di dare...
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Foto di Bruno Simões Castanheira. Tutte le foto per gentile concessione di Projecto Troika.

Negli ultimi anni la “Troika”—termine che designa la triade formata da Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea—è entrata nella vita quotidiana di milioni di cittadini europei. Nonostante gli ingenti prestiti finanziari (per un totale di 396 miliardi di euro) garantiti per il salvataggio dei paesi più fragili, le condizioni di austerità da questa imposte imposte sono accusate di aver causato una catastrofe sociale senza eguali.

Pubblicità

All’inizio di gennaio 2014 il Parlamento Europeo ha annunciato di aver avviato un’indagine sulla Troika, mentre il 13 febbraio 2014 la Commissione occupazione e affari sociali ha approvato a larga maggioranza un durissimo rapporto contro l'operato delle tre istituzioni.

Secondo il relatore, l’eurodeputato socialista spagnolo Alejandro Cercas, infatti, “bisognava fare della chirurgia, è vero, ma la chirurgia la fanno i chirurghi con il bisturi e non i macellai con l'accetta. E durante l'operazione c'è bisogno di sangue per il paziente, non si opera a secco.”

I “macellai con l’accetta” della Troika, sostiene Cercas, avrebbero fatto schizzare la disoccupazione (in particolare quella giovanile) a livelli insostenibili, aumentato la povertà, eroso i diritti dei lavoratori e compromesso il welfare con tagli alla sanità e agli ammortizzatori sociali.

Foto di Lara Jacinto.

Recentemente Klaus Regling, direttore generale del Meccanismo europeo di stabilità (Mes, il cosiddetto “Fondo salva-Stati”), ha detto di essere cosciente della situazione “molto dolorosa per la maggior parte della popolazione,” ma ha sottolineato che “le alternative all’austerità sarebbero state insostenibili e ancora più dolorose.” Dal momento che non c’erano alternative, paesi come Grecia, Irlanda e Portogallo hanno dovuto fare i conti con la delegazione dei funzionari di Fmi, Bce e Commissione UE.

Proprio il Portogallo, entrato nel programma di aiuti della Troika nell’aprile del 2011, è stato a lungo indicato come la storia di successo del rigore. Al di fuori del paese, però, in pochi sono andati a vedere gli effetti concreti delle misure volute dalla Troika sulla popolazione.

Pubblicità

È per questo motivo che un gruppo di otto fotografi e un regista ha deciso di dare vita a Projecto Troika, un lavoro collettivo che punta a offrire un ritratto del Portogallo e delle “conseguenze della perdita di lavoro e diritti causata dalla Troika e dal nostro governo.” Il progetto sarà interamente finanziato attraverso il crowdfunding, e l’obiettivo è quello di “creare un documento per noi e per le generazioni future che si differenzi dalle effimere notizie quotidiane.”

Ho fatto qualche domanda agli autori di Projecto Troika per farmi raccontare come se la passano i portoghesi sotto le cure della Troika.

VICE: Quanto profondamente le politiche della Troika hanno cambiato il panorama politico e sociale del Portogallo?
Projecto Troika: La Troika ci ha imposto il vuoto e la retorica dell’inevitabilità. Il governo ci ha puntato il dito contro e ci ha accusati di tutto: furto, frode e corruzione sistemica. Da quando la Troika è arrivata in Portogallo, la frase più ricorrente è stata: “Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità.”

Quella frase ha giustificato tutte le azioni della Troika e del governo che la supporta. Anzi, il governo ha dichiarato più volte di volersi spingere “ancora più in là della Troika” nella distruzione di un’economia che è sempre stata fragile, in un paese che non ha mai smesso di essere povero. I risultati sono che le case sono state distrutte e abbandonate, le famiglie rovinate, i negozi chiusi, le aziende vendute. Il welfare è stato ridotto, i fondi per l’istruzione e la cultura sono stati tagliati. Il futuro è stato ipotecato per ripagare gli interessi sul debito e calmare i mercati. La realtà è che siamo diventati tutti più poveri, economicamente e culturalmente.

Pubblicità

Foto di Paulo Pimenta.

C’è un sentimento di odio nei confronti della Troika e dell’Unione Europea?
Più che odio pensiamo che ci siano scetticismo e sfiducia nei confronti delle istituzioni. Le persone capiscono che la formula utilizzata nei nostri confronti è la stessa che viene applicata, senza successo, nel resto del mondo. I portoghesi credono nell’Unione Europea, ma non credono in questo tipo di austerità che sta costruendo una società profondamente iniqua. E il Portogallo è uno dei paesi più ineguali d’Europa.

In Grecia o in Spagna, per fare degli esempi di paesi in crisi, ci sono stati scontri, sommosse e manifestazioni molto violente. In Portogallo non è successo lo stesso. Le persone hanno ancora voglia di protestare o si sono arrese?
Noi siamo convinti che le persone non si siano sono arrese. Certo, c’è molta rassegnazione, ma le proteste ci sono tutti i giorni: poliziotti, infermieri, dottori, insegnanti, soldati, operai, impiegati statali. Sono meno visibili perché non ci sono stati scontri di piazza o palazzi bruciati, e anche perché il Portogallo è un paese piccolo. Di conseguenza, l’impatto sulla stampa nazionale e internazionale è stato meno forte. La gente, comunque, sta veramente lottando per la sopravvivenza.

Ci sono movimenti organizzati? In Spagna sono nati gli Indignados, in Grecia l’esperimento del movimento di piazza Syntagma… in Portogallo?
Sì, ci sono movimenti simili. Il più grande è il Movimento 11 de Março, che è riuscito a portare più di due milioni di persone in piazza contro la Tsu [Taxa Social Única, una controversa tassa voluta dal governo nel 2012 per aumentare il contributo degli impiegati alla previdenza sociale]. La manifestazione ha funzionato, e il governo è tornato sui suoi passi. I sindacati rimangono comunque le strutture più organizzate nel portare le persone in piazza.

Pubblicità

Foto di José Carlos Carvalho. 

Lo scienziato politico Adelino Maltez ha detto che “all’estero la classe politica portoghese è trattata alla stregua di una classe politica da terzo mondo.” I politici portoghesi si meritano questo genere di disprezzo?
Certamente, anche se tutti noi crediamo che i partiti politici siano fondamentali. Abbiamo avuto una dittatura per 48 anni, e quindi sappiamo bene cosa significa vivere in un sistema senza i partiti. Il problema con l’attuale sistema democratico è che le persone non vedono molte differenze tra i social-democratici (PSD, il partito di centrodestra attualmente al governo) e i socialisti (Partido Socialista, centrosinistra).

Molti politici considerano i partiti come un mezzo per fare carriera in grosse aziende nazionali o in multinazionali. La lista è lunga: António Borges è passato dal PSD al Fondo Monetario e poi a Goldman Sachs; Vitor Constâncio dal PS alla Banca Centrale Europea; António Arnaut dal PSD a Goldman Sachs; e così via.

Dall’altro lato ci sono sicuramente politici onesti che vogliono lavorare per il bene del paese, ma non ne possiamo più di corruzione e clientelarismo. Perché è questo, alla fine, il vero problema: la corruzione. Non abbiamo mai vissuto al di là delle nostre possibilità; sono i corrotti ad averlo fatto.

E per quanto riguarda le istituzioni come la Corte Costituzionale? Sappiamo che ha bloccato diverse misure di austerità, tra cui il taglio delle pensioni
La Corte Costituzionale è l’ultimo baluardo di uno stato di diritto che dovrebbe preoccuparsi di garantire i diritti fondamentali di tutti, conquistati con arresti, sangue e sofferenza. Il governo di Pedro Passos Coelho e la Troika fanno leggi che cercano sempre di oltrepassare quella linea; la Corte, ogni volta, li obbliga a rispettare la Costituzione. Se non fosse per la Corte, saremmo messi ancora peggio.

Pubblicità

Foto di António Pedrosa.

Secondo le statistiche e svariati articoli, sembra che i portoghesi siano tornati a emigrare in massa.
Negli ultimi due anni e mezzo più di 300mila persone, in larga parte giovani, sono andati via dal Portogallo. Anche se non si stanno ripetendo le scene dell’emigrazione di massa del ventesimo secolo, come le stazioni dei treni piene di gente con la valigia di cartone, quarant’anni di democrazia ci hanno fatto aspirare a una situazione migliore di quella attuale.

Ora come ora il tasso di disoccupazione generale si aggira intorno al 20 percento (nel 1998 era al 4 percento), e la disoccupazione giovanile è superiore al 40 percento. Ogni giorno dozzine di giovani lasciano il Portogallo in cerca di una vita migliore e di un’aria più respirabile. In un certo senso, stiamo esportando le persone.

La scorsa estate il presidente del Portogallo, Aníbal Cavaco Silva, ha annunciato che la crisi politica ed economica del paese si sarebbe protratta per un “periodo di tempo indefinito.” Insomma, c’è un modo di uscire dall’austerità della Troika?
Deve esserci. Anche se continuano a dirci che va tutto bene, la sensazione è quella di vivere in un immenso vuoto. E nessuna nazione può sopravvivere a lungo in questa maniera.

Segui Leonardo su Twitter: @captblicero

Nel frattempo:

Perché la Germania è l'unico paese europeo che se la passa alla grande

La droga dell'austerity