La storia dietro le 'foto troppo difficili da guardare'

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La storia dietro le 'foto troppo difficili da guardare'

Qualche tempo fa abbiamo pubblicato una serie di foto che i possessori non riuscivano più a guardare. Ora, abbiamo intervistato l'artista dietro a questo progetto.

Qualche settimana fa abbiamo pubblicato una serie di foto con il titolo " Foto troppo difficili da guardare". Le foto fanno parte di un progetto in corso dell'artista Jason Lazarus, residente a Chicago, che ha chiesto alle persone di mandargli foto che non riescono più a guardare a causa del loro impatto emotivo. Il titolo originale del progetto è Too Hard To Keep.

Molte di queste immagini sembrano abbastanza innocue, ma conoscere anche solo il titolo del progetto fa scendere su di loro un'ombra scura, ed è facile cedere alla tentazione di immaginarsi le storie dietro quelle foto, e costruirsi le proprie tragiche narrative. Ovviamente, molte delle storie che attribuiamo alle foto sono solo la proiezione delle nostre vite ed esperienze individuali.

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Sono stati veramente tanti a inviare i propri scatti a Jason, quindi abbiamo deciso di mantenerci in contatto con lui e gli abbiamo fatto qualche domanda sul suo archivio, selezionando anche altre immagini dal progetto.

VICE: Come ti è venuta l'idea di cominciare questo progetto? Qual è la prima foto che hai scelto per l'archivio?
Jason Lazarus: Non mi ricordo la prima immagine che ho scelto. Per prima cosa, mi sono fatto anche io la domanda che tutti, sia quelli che inviano sia quelli che guardano, si sono fatti: qual è il significato dietro questa immagine?

So che cerchi di non avere un approccio troppo tecnico al tuo archivio, che spesso ne fotografi i contenuti a casa tua, informalmente. Perché preferisci quest'approccio? Influisce sul modo in cui presenti il tuo archivio al pubblico?
Per fortuna le istituzioni attuano dei protocolli fissi nel gestire le immagini. Archiviano documenti sulla provenienza e le condizioni di tutto il materiale che possiedono. Nei magazzini, ogni singolo elemento ha un luogo specifico e dei nomi. Credo sia una pratica comune nel campo umanistico, dove le fonti e l'ordine sono importanti. Gli artisti spesso riprendono queste pratiche e custodiscono i loro oggetti, li mettono dentro teche, monitorano le loro condizioni, etc. Ma io apprezzo di più gli artisti che rifiutano questi sistemi standard, che preferiscono basarsi sulla forza dell'intuizione, sulla sensibilità. Gli artisti si trovano nella posizione privilegiata di poter rifiutare la standardizzazione.

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Quando ricevo del materiale, spesso appunto un numero o una scritta sul retro, che ipoteticamente coincide con il gruppo a cui deve appartenere—anche se spesso poi non finisce in quel gruppo. Qualche volta ho installato il materiale seguendo un ordine preciso, ma poi non ero presente quando veniva tolto dalle pareti e mi veniva restituito alla rinfusa. Quindi ho deciso di giocare con questo caos, nel progetto, di usare questo "scivolamento". Trovo continuamente immagini orfane delle loro compagne, e trovo continuamente nuovi contesti in cui possano essere inserite.

In questo senso gli archivi si rinnovano continuamente e presentano nuove prospettive attraverso cui possono essere capiti. Voglio che il pubblico passi del tempo davanti alle foto—portare a quel tipo di coinvolgimento personale per cui il tempo rallenta mentre cerchi di interpretare il materiale, dando vita a letture più profonde. Rispetto molto l'abilità del pubblico di prendersi i suoi tempi e trovare i suoi significati, che derivano dalle storie particolari di ognuno.

La foto della ragazza con l'occhio nero è diventata un'icona, un emblema del progetto. Perché credi che la gente provi una connessione così profonda con quest'immagine? Mi sembra di aver capito che la conosci—cosa ne pensa di tutto ciò?
La ragazza con l'occhio nero (una mia vecchia amica, possiamo chiamarla "Sue") mi ha mandato le sue foto quando avevo appena cominciato il progetto, sono state come un'epifania per me. Mi hanno fatto realizzare che il progetto aveva la possibilità di diventare veramente significativo non solo per me, ma anche per gli altri. A ogni foto che ricevevo, mi sembrava di ricevere la fiducia delle persone, sia che il materiale fosse violento sia che fosse banale. L'immagine mi ha anche fatto pensare immediatamente all'opera di Nan Goldin, l'autoritratto che ha scattato un mese dopo essere stata picchiata, del 1984—una delle sue immagini più iconiche, che parla da sola, ma riveste anche un ruolo importante nella sua narrativa. Quando non sei Nan Goldin, questi momenti iconici spesso finiscono a far parte della nostra interiorità, assumono contorni più sfumati, difficili da riconoscere nel tempo.

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Sue. A destra, Nan One Month After Being Battered, Nan Goldin, 1984.

Per tornare a Sue—le ho chiesto il permesso per usare l'immagine nella promozione del progetto. Fortunatamente si è mostrata disponibile, anche se non volevamo usare la foto su internet. Però internet risponde a sue dinamiche interne, che vanno presto fuori dal nostro controllo. Non credo che sia stato facile per Sue vedere la sua foto online quando non se lo aspettava, onestamente. Ma nelle istallazioni e in pubblicazioni curate nei dettagli, era proprio come se l'immagine brillasse di luce propria. Credo che questa sia la soddisfazione più grande, sia per me che per Sue.

In un recente post di VICE su questo archivio, un utente ha riconosciuto una foto dell'ultimo show dei Guitar Wolf prima che Billy (Bass Wolf) morisse, solo qualche giorno dopo. Hai avuto altri responsi interessanti? Capita spesso che le persone colgano i momenti nelle foto?
È raro che chi guarda le foto riesca a individuare momenti specifici e dargli un nome, anche se qualche volta succede, soprattutto in internet. È un interessante slittamento narrativo.

Too Hard To Keep è un archivio aperto di Jason Lazarus, che continua ad accettare materiale. Per favore, specificate se le fotografie che mandate per l'archivio possono essere esposte in futuro o se sono foto private, da essere mostrate solo a faccia in giù. Inviate le foto, gli album, o qualsiasi altro materiale a:

Jason Lazarus
THTK
1516 N Kedzie Ave, #3
Chicago, IL 60651