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Tutto quello che puoi imparare sulla morte studiando medicina

Gli studenti di medicina sembrano non avere problemi con l'idea della morte né tantomeno con i cadaveri. Abbiamo chiesto ad alcuni studenti rumeni di raccontarci le cose peggiori che hanno visto dentro e fuori l'obitorio.

Ultimamente ho pensato molto alla morte e a cosa succede quando si muore. So che non è proprio il pensiero più carino che uno possa avere e che ci sono un sacco di pensieri più divertenti della propria dipartita. È un argomento difficile. Sappiamo tutti che la morte c'è, è da qualche parte là fuori, ma molti di noi non sono a loro agio a parlarne.

Ma gli studenti di medicina sembrano non avere di questi problemi. Pensano alla morte tutti i giorni, dato l'ambiente in cui si trovano, e sono in grado di riderne con l'umorismo macabro che li contraddistingue. Ho parlato con alcuni di loro dell'argomento, per capire come ci si sente a passare così tanto tempo con i cadaveri. Poi, ho cominciato ad avere qualche problema con la prospettiva di donare il mio corpo alla scienza quando sarò morto.

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UVETTE

"A volte sviluppi un legame emotivo con un certo cadavere. Dopo averlo visto tante volte nel corso del semestre, inizi a sperare che ti capiti di nuovo all'esame di pratica. Molti dei cadaveri che ho visto avevano gli occhi aperti ma i loro occhi non sembravano più occhi—erano più simili a uvette. La vita è una cosa davvero fragile e delicata: dopo la morte con ogni probabilità non c'è nient'altro."

—Alina, studentessa al quarto anno

CADAVERI EVIRATI

"Il mio professore di anatomia una volta mi ha detto che per preservare i cadaveri li tenevano appesi per i piedi in una piscina di formalina nei sotterranei dell'università. Ho sempre desiderato vederla, ma non mi hanno mai dato il permesso.

Una volta, ci è capitato un cadavere a cui era stato tagliato il pene. Era abbastanza imbarazzante guardarlo, specie per i miei compagni maschi."

—Allin, studente al terzo anno

Un tavolo per dissezionare i cadaveri. Immagine

via

FREDDI COME UN CADAVERE

"La maggior parte dei cadaveri che arrivano agli studenti sono già stati dissezionati. Ma comunque curiosare tra le varie parti all'interno è molto utile, perché le illustrazioni dei manuali di anatomia sono molto diverse dalla realtà.

Personalmente, penso un sacco alla morte. Prima pensavo soprattutto alla morte dei miei cari, ma ultimamente mi trovo spesso a pensare alla mia morte. Purtroppo, tutti dovremo farne esperienza—alcuni in modo più brutale che altri. Lo scorso inverno, ho visto un mio compagno di corso venire investito da un camion, e questo mi ha fatto capire che noi studenti di medicina siamo troppo superficiali e non facciamo la giusta attenzione alle persone che ci stanno vicino. All'università, ci insegnano a ridere della morte e a mangiare vicino ai cadaveri. Penso che, in un certo senso, questo ci faccia diventare freddi proprio come i cadaveri su cui studiamo."

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—Adelina, studentessa al terzo anno

CADAVERI SALATI

"L'odore della formalina—la sostanza che si usa per conservare i cadaveri—mi fa sempre venire fame. In più, per evitare che i cadaveri si decompongano li ricopriamo di sale, che mischiato alla formalina gli dà uno strano odore simile a quello di un cibo esotico.

Certo, ho paura di morire, ma che ci piaccia o no succederà a tutti. Sono felice di avere la possibilità di imparare così tante cose. È questo che mi fa andare avanti."

—Andrei, studente al quarto anno

FINGERE DI MASTURBARE I CADAVERI

"Mi piacciono molto i cadaveri perché, a differenza delle persone vive, non parlano. Quando ho iniziato ad averci a che fare, mi sembrava incredibile che un tempo fossero stati vivi. Un uomo vivo e un uomo morto sono due cose completamente diverse.

Una volta, un mio compagno mi ha sfidato a far sorridere un cadavere. Io gli ho preso le guance e le ho tirate. Poi il mio compagno ha preso la mano del cadavere e ha fatto finta che si stesse masturbando. È stato divertente, e persino il professore si è messo a ridere."

—Cristian, studente al terzo anno

CRANI ROTTI A MARTELLATE

"Una volta due assistenti del professore non riuscivano a rimuovere un cervello da un cranio e mi hanno chiesto di aiutarli. Dopo circa mezz'ora passata a tagliare ossa con una sega e a prendere il teschio a martellate, ce l'abbiamo fatta. Credetemi, non è per niente bello sentire il rumore del cranio di un uomo che si spacca.

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Oggi la nostra società vedere la morte come una tragedia, anche se è la cosa più naturale del mondo. Detto questo, è comunque terribile vedere qualcuno che ha un attacco di cuore o dover dire a un trentenne con la moglie incinta che sta per morire di cancro al pancreas."

—George, studente al quarto anno

SELFIE COL MORTO

"Le persone si fanno foto ovunque, quindi perché non anche all'obitorio? Dopotutto, farsi una foto con un cadavere non è per niente difficile. L'unico problema è che può costarti caro, perché stando alle regole attuali è vietato in praticamente tutti gli obitori.

Le battute che si sentono in obitorio sono tutte piuttosto macabre—non è proprio il luogo adatto al politicamente corretto. Detto questo, devo ancora incontrare qualcuno che si faccia problemi a farle. Una volta, sotto Natale, un mio compagno ha vestito un cadavere da Babbo Natale."

—Bogdan, studente al sesto anno

PENI INVOLATI

"Una volta, un professore ci ha raccontato che a uno dei cadaveri della facoltà era scomparso il pene. A quanto pare, qualcuno l'aveva tagliato e se l'era portato a casa. In facoltà girano un sacco di battute sulla necrofilia, quindi potete immaginare come sia andata in quell'occasione."

—Ciprian, studente al primo anno

INCONTRARE UN CADAVERE SUL TRENO

"Una settimana dopo aver dissezionato il cadavere di una donna mi è sembrato di vederla seduta accanto a me sul treno. L'ho guardata—ho guardato la persona che avevo scambiato per lei—a lungo per cercare di capire se fosse veramente lei. Non ero spaventata, non ho paura di questo genere di cose. L'università mi ha resa fredda costringendomi a pensare sempre alla morte, a cosa succede quando si muore e a come si decompongono i cadaveri."

—Paula, studentessa al terzo anno

Foto via Flickr