FYI.

This story is over 5 years old.

A8N8: Sei del deserto e non lo sai

L'arte della guerra

A Bengasi, l'artista libico Ali al-Wakwak raccoglie residuati bellici e li trasforma in sculture per celebrare il dopo-rivoluzione.

Foto di Karim Mostafa

Il lungomare di Bengasi, in Libia, ospita uno degli edifici più grandi della città, prima di proprietà dei colonialisti italiani, poi di Re Idris e infine di Mu’ammar Gheddafi. Oggi, ufficiosamente, è occupato dagli ex ribelli della rivoluzione. Il vecchio caseggiato è circondato da decine di sculture arrugginite ma grandi abbastanza da essere scalate. Uomini, animali, insetti, tutti costruiti con i resti della rivoluzione.

Lo scultore Ali al-Wakwak ha iniziato a lavorarci durante gli scontri. “Era maggio, e la situazione non era delle migliori. C’era bisogno di espressione, fantasia, e di materiale ce n’era in abbondanza.” Ali ha raccolto quello che è riuscito a trovare sui campi di battaglia: ferraglia, armi, vecchi veicoli militari. In seguito si è trasferito nella villa di Bengasi, dove ha dato vita a ogni singola scultura e ha iniziato a raccontare la storia del vecchio regime e della lotta che lo ha rovesciato.

“All’ingresso c’è un enorme dinosauro, rappresenta Gheddafi. Proprio come loro, anche lui è estinto.” Ali mi ha mostrato con orgoglio una figura di donna, adornata da una gonna fatta di centinaia bossoli. “Rappresenta la forza delle donne libiche. Hanno giocato un ruolo fondamentale nella rivoluzione, ecco perché è così alta.” In lontananza si vede una formica gigante, fatta con fucili e una vecchia jeep militare. “Rappresenta il popolo libico. Gheddafi ci chiamava insetti e io mi son detto: ‘Ok, siamo formiche, ma siamo enormi!’”