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Le nostre estati di merda

L'estate è comunemente nota per essere il periodo migliore dell'anno, quello su cui riversiamo più aspettative. Per questo, passare un'estate di merda è in assoluto una delle esperienze più frustranti. Vi raccontiamo le nostre vacanze peggiori.

Foto di Javier Izquierdo

Anche se c'è chi non è d'accordo, l'estate è comunemente nota per essere il periodo migliore dell'anno, quello su cui riversiamo più aspettative––almeno fino ai 25 anni.

Quello che spesso viene sottratto alla struttura narrativa dell'estate, però, è che proprio per il suo essere la stagione degli accoppiamenti liberi, del degenero e della libertà, passarne una di merda è in assoluto tra le esperienze più frustranti in natura. Vi siete mai chiesti perché nessuno racconta storie sulle proprie estati di merda? Non lo fanno perché è troppo triste.

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Per farvi capire quanto, abbiamo mandato una mail chiedendo ai nostri amici di raccontare la loro estate di merda, allegando la hit più dolorosa di quella stagione.

QUANTO È BELLO ANDARE IN GIRO CON LE ALI SOTTO I PIEDI - 2004

Quell'estate, dopo un anno estenuante di suppliche e pietismi, mio padre mi aveva finalmente concesso di prendere lo scooter e poter smettere di salire dietro a chiunque.

Quel mezzo di locomozione, un Phantom che avevo ereditato da mio cugino e che incarnava in ogni ione il tipico baluardo motorizzato della tamarraggine di provincia—metallizzato, adesivi della Pollini e della Abarth OVUNQUE, e marmitta forata per fare più rumore—mi avrebbe permesso quel minimo di autonomia che avevo sempre sognato. Ero pronto a vivere l'estate più bella della mia vita.

Al baretto, il mio Phantom zarro era rispettatissimo: soprattutto dagli analfabeti testosteronici di qualche anno più grandi che all'epoca guardavo con timore e un misto strano di repulsione e invidia. Insomma, quel motorino era il mio orgoglio.

Il cosmo, però, deve aver ritenuto che la mia felicità e la mia libertà fossero eccessive. E dopo appena due settimane e un giorno, decise di togliermelo. Un sabato sera ebbi la malaugurata idea di lasciare il mio Phantom nel parcheggio del baretto senza catena per tutta la notte, e il mattino seguente non lo ritrovai più. La mia reazione, senza nessun accenno di dignità aggiuntiva, fu più o meno questa.

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Voci di corridoio, sempre presenti e pressanti nei piccoli paesini di provincia, volevano che il mio scooter fosse stato razziato da un diciottenne semimalavitoso di un paese limitrofo, che tutti temevano perché anche se era smilzo dava le botte. Non ho mai saputo quale fosse il suo vero nome perché tutti lo chiamavano Zèzè. La leggenda vuole che Zèzè cavalcasse il mio Phantom senza targa sulle colline circostanti, facendo le penne e beandosi che un manufatto così zarro fosse finalmente tornato a Mordor. Tolto dalle indegne mani di chi non sapeva valorizzarlo.

Una volta venuto a conoscenza del furto, mio padre si limitò a dirmi che me l'ero cercata, e che dovevo arrangiarmi. Quindi tornai immediatamente allo stato larvale del pedone: senza motore, senza dignità, e con un'estate di merda davanti—Roberto

SILENZIO - 2015

La mia estate peggiore è questa: sono in una riserva dispersa nel nulla per 40 giorni (tutto ok fin qui), ma nessuno degli abitanti di questa riserva parla inglese (ecco il problema).

Chi pensa che l'isolamento e il silenzio siano dei toccasana per andare a fondo nel proprio inconscio non ha capito un cazzo—Flavia

UN TUFFO DI TESTA NELL'INFELICITÀ - 2006

Qualche anno fa, quello dei Mondiali 2006, ero appena arrivato al mare ed ero felicissimo. Quando raggiunsi i miei amici in spiaggia non stavo più nella pelle. Quello sarebbe stato il primo bagno della stagione, il mare era bellissimo, il cielo blu, e tutto era perfetto.

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Ero talmente felice che ebbi la brillante idea di prendere una rincorsa sovrumana e di tuffarmi di testa nel bagnasciuga dove l'acqua era alta dieci centimetri. Non so perché lo feci. Comunque sia, rimasi un paio d'ore spiaggiato come un capodoglio tra le ondine a riva perché mi ero fatto talmente tanto male al collo che non riuscivo a muovermi. I miei amici e amiche ridevano di gusto della mia situazione, e in effetti anche io. Ero rimasto incriccato con la testa rivolta verso sinistra, e quella era la posizione che avrei mantenuto per il resto del mese (mese in cui l'Italia vinse i Mondiali e in cui l'euforia di tutti crebbe a dismisura).

Non mi ricordo nemmeno il nome del tipo di distorsione che mi ero procurato, ma prima di andare in ospedale eravamo passati da un ortopedico in spiaggia, e lui con aria grave mi disse "Ahia, sei messo molto male!" Perciò io per tutto il viaggio verso l'ospedale ho pensato di essere in una di quelle situazioni in cui se cambi anche di pochissimo postura rimani paralizzato per sempre. Alla fine non era niente di così grave, ma è comunque stata la scintilla che ha reso la mia estate un lungo sudario.

Riassunto delle conseguenze: avere un collare al mare, non fare il bagno, non avere più il collo per spostarsi e guardare chi ti sta parlando, mangiare di lato, dolori enormi quando esultavo per un gol dell'Italia, la ragazza che volevo farmi quell'estate alla fine si era fatta un mio amico dotato di collo funzionante—Stefano

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LA MIA ESTATE DA SENZATETTO - 1997

La mia famiglia ha una casa in una località balneare vicino a dove vivo, e finché non ho potuto emanciparmi dalle vacanze imposte è lì che ho passato per anni i mesi di giugno e luglio.

Solitamente, durante quei mesi eravamo solo in tre nei giorni feriali: io, mio fratello, e mia nonna. Ma quell'estate mia nonna non stava molto bene, e avendo raggiunto un'età sufficiente per poter essere ritenuto responsabile, mio fratello fu incaricato di badare a me: per i pasti e le pulizie sarebbe venuta una conoscente, ma per il resto del tempo saremmo stati soli. Avevo circa 11 anni.

Inizialmente l'idea mi piaceva, ma non avevo considerato che oltre alla maturità, mio fratello aveva raggiunto anche quella soglia esistenziale in cui si desidera innamorarsi di tizie che portano t-shirt con stampato sopra il cast di Dawson's Creek. E che queste attività non prevedevano la mia presenza.

Mio fratello, in pratica, mi cacciava di casa ogni pomeriggio e ogni sera per stare con la sua fidanzata: avevo il permesso di rientrare solo per mangiare, per non insospettire nessuno.

Nel mio stabilimento balneare c'erano solo anziani, e così, lontano da amici, dalle mie consolle per videogiochi, e da qualsiasi essere umano di mia conoscenza, decisi di unirmi a loro. Durante quell'estate sono diventato il killer del gabbiotto delle bocce: tutti i giocatori ottuagenari dei bagni vicini mi temevano e rispettavano.

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Il problema vero, in realtà, era la sera. Visto che subito dopo cena venivo ricacciato fuori, mi aggiravo senza meta per ore in attesa che mio fratello mi desse il permesso di rientrare. Quasi sempre mi sedevo sulle panchine di una gelateria a leggere Piccoli Brividi, ammaestrare gechi che stazionavano vicino ai lampioni, e maledire le erezioni di mio fratello—Valerio

UN PESSIMO KARMA - 2010

Per l'estate dei miei vent'anni avevo deciso insieme ad alcuni amici di girare l'Italia in lungo e in largo. Era l'atmosfera perfetta per uno di quei momenti catartici da ricordo di gioventù: "l'estate più bella della mia vita". Avevamo tutto: tempo, denaro, e determinazione.

Ma per una strana piega del karma, le cose non sono esattamente state memorabili. Per l'esattezza, nel giro di 20 giorni ho:

- Avuto un attacco di panico e/o asma da maschera e boccaglio in Toscana.
- Fumato talmente tante canne da non ricordarmi se avevo o meno tolto le lenti a contatto, decidendo così di grattarmi ben bene la superficie per controllare fino a non vedere più niente.
- Girato tutto il parco della Reggia di Caserta sotto minaccia di un amico botanico. A Caserta d'agosto fa caldo, e io mi scotto anche a giugno.
- Messo una mano su un riccio di mare, perché giustamente dopo l'attacco mi rifiutavo di mettere maschera e boccaglio e nuotavo per i fondali senza vedere niente.
- Preso parte a un'escursione sul Gran Sasso senza provviste. L'unico negozio che c'era nel punto in cui eravamo vendeva un salume salatissimo intero e acqua minerale che costava come Chianti.

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Mentre ero in Puglia, il fidanzato che avevo lasciato a casa mi ha lasciato—Elena

SUPER SLOT - 2002

Sono passati due giorni dalla fine della scuola, e la mia prima vera estate di pubertà è appena iniziata. Con altri amici decidiamo di andare a svernare un intero pomeriggio in un parco. Gli altri si mettono a dormire sull'erba, al sole; io, ignavo come sempre, preferisco sdraiarmi a torso nudo sotto un pino gigante, all'ombra.

Mentre sonnecchio sento cadermi addosso qualcosa, ma sono talmente felice e libero che non ci faccio troppo caso. Solo dopo un paio d'ore un amico si sveglia e si accorge che sono finito esattamente sotto un'enorme migrazione di processionarie. E la polvere mi è caduta sul viso e su tutta la parte superiore del corpo.

Lì per lì mi preoccupo, ma penso che, male che vada, la polvere dei bruchi mi farà pizzicare un po' la pelle. Ora: non so se fossi capitato sotto a una variante genetica particolarmente aggressiva, o se il mio corpo reagì in maniera eccessiva, ma quella stessa sera avevo il viso, il petto, le braccia e la schiena pieni di enormi pustole pruriginose e dolorose.

Pienamente cosciente delle risposte fisiologiche del corpo, e dei comportamenti medici da adottare, mi grattai come se non ci fosse un domani. La mattina seguente le pustole che mi ero grattato si erano gonfiate e come fuse fra di loro, creando delle dolorosissime striature rossastre. Mia madre mi portò immediatamente dal dermatologo, che con la perizia e la comprensione di chi ha passato anni a studiare per aiutare il genere umano mi disse, seraficamente, "oh, te le tieni ste pustole!"

Fu così che la prima estate della mia vita in cui avrei dovuto cercare di limonare a fiamma si rivelò quella in cui venivo scambiato per Super Slot. E nessuno vuole limonare con Super Slot—Niccolò