"Il Leicester domina": una sera nella città che sta vincendo la Premier League

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"Il Leicester domina": una sera nella città che sta vincendo la Premier League

Leicester è al momento nota per avere la squadra di calcio più forte del Regno Unito—inaspettatamente. E il successo della squadra non è che una trasposizione calcistica della nuova vita, multiculturale e contraddittoria, della città.

Tutte le foto di Alex Sturrock.

Leicester è una di quelle città che il resto della Gran Bretagna pare non capire. Non è una città che può essere ridotta a un accento, a un taglio di capelli, a una posa o a uno stereotipo. Negli sketch non esiste "quello di Leicester", non c'è un cliché che ci aiuti a identificarlo. Bene o male sembra che occorra conoscere il posto per poterlo capire, e per chi non lo conosce, è solo un'altra cittadina a nord di Londra e sud di Birmingham, qualcosa che ha a che fare con patatine, i Kasabian e Riccardo III.

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Ma forse tutto ciò è dovuto più che altro alla nostra datata capacità di comprensione della "città inglese". Perché non solo Leicester ha la sua storia, industria e accento, ma è anche una città che appare silenziosamente in ascesa nel momento stesso in cui molte delle nostre vecchie città sono arenate nel declino post-industriale. Anche se probabilmente Leicester è nota principalmente per avere la squadra di calcio più in forma del Paese.

A dispetto di tutte le aspettative, il Leicester City è in cima al campionato, e pure con un certo stile. Con l'aiuto di un gruppo messo insieme alla buona, un allenatore, dei tailandesi milionari, il primo giocatore da un milione non appartenente alla lega e la benedizione di un monaco buddista, la squadra sta battendo i record e conquistando i cuori di tifosi in tutto il mondo. Ma il successo di Leicester va ben oltre la semplice squadra di calcio. Quel sapore insolito e globale della squadra è parte del midollo della città. Di recente è diventata la prima città del Regno Unito in cui la popolazione bianca rappresenta una minoranza, e negli anni passati ha assistito a una forte crescita economica, evitando in gran parte quella disperazione e austerità da cui molti altri connazionali sono rimasti bruciati. Incuriosito più dal declino delle Midlands industrializzate che dalla Premier League, sono andato a Leicester il giorno di una partita in casa con il Newcastle per vedere se il successo calcistico abbia un corrispettivo anche nella vita quotidiana.

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"Il Leicester domina," ci dice il tassista, Harbo, tifoso sfegatato. Figlio di un immigrato indiano arrivato in città nei primi anni Sessanta, sgrana gli occhi quando gli diciamo che stiamo per incontrare Steve "Walshy" Walhs, che a oltre un decennio dal suo ritiro detiene ancora il record di cartellini rossi ricevuti in campionato. Walhs, nato a Preston e arrivato in città nel 1986, ha militato per 14 anni nel Leicester e qui è tornato al termine della sua carriera. "Da giovane ho giocato per sole squadre del nord, quindi è stato un bel colpo venire qui senza la mia famiglia. Ma quando sono arrivato a Leicester mi sono sentito immediatamente al mio posto."

"Questa faccenda del calcio ha acceso tutta la città," mi dice. "Ne parlano dappertutto. Ha colto di sorpresa molta gente. Un sacco di tifosi di altre squadre vengono qua a dirci che sperano nella nostra vittoria." Oggi Walhs gestisce una scuola-calcio per giovani della zona. "Lo vedi anche nel calcio dei bambini. Prima venivano agli allenamenti con le magliette del Barcellona o del Real, adesso vengono con quelle del Leicester. Questo ti fa capire l'impatto che sta avendo sulla gente."

Lasciamo la scuola per raggiungere Peter Soulsby, ex parlamentare laburista, appassionato di barche e attuale sindaco di Leicester. Con il biglietto per la partita di stasera in bella vista sulla scrivania, mi racconta i suoi anni alla guida della città. "Quando sono stato eletto nel 2011, il mio obiettivo era di fare di Leicester una città fiera e orgogliosa, e il successo della squadra di calcio e la scoperta di una mucchietto d'ossa in un parcheggio hanno aiutato," dice, riferendosi al rinvenimento delle ossa di Riccardo III nel 2012.

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Chiedo a Peter che città sia Leicester, a livello sociale ed economico. "Negli ultimi anni era diventata una città incerta. Fino a qualche decennio fa era nota come grande centro tessile, il suo slogan era "Leicester veste il mondo", ma naturalmente il mondo è cambiato e di conseguenza è cambiata la città. È rimasta una città relativamente ricca, ma tutti erano un po' spaesati. Molte comunità nuove si sono inserite, e per qualche tempo questo ha creato confusione, ma penso che tutti sappiamo che la diversità è diventata un'enorme forza per noi."

Come dice Peter, la reputazione di Leicester quanto a eterogeneità e integrazione l'ha resa un esempio di multiculturalità che funziona. Come, secondo lui? "Non si può fingere che vada sempre tutto liscio, perché le sfide sono continue, ma non abbiamo gli stessi problemi di altre città inglesi, in cui le comunità sono completamente isolate le une dalle altre. Qui le comunità sono alleate."

Per vedere da noi questa multiculturalità ci siamo diretti a Yarborough Road, che è stata recentemente definita "la via più multiculturale della Gran Bretagna". Persone di 23 nazionalità ci convivono e gestiscono negozi—è un posto un po' strano anche per gli standard di Leicester. Il Daily Mail ha subito tratto la conclusione che una situazione tale "non è un'utopia", ma nonostante tutti i prodotti liscianti per capelli, il pesce in scatola e i tagli di carne più diversi, questa strada (una delle arterie commerciali principali della città) sembra essere uscita dai tempi passati. Ci sono pochi negozi di grandi catene; ogni esercizio svolge una determinata funzione; i clienti si intrattengono a parlare con i commessi e i negozianti chiacchierano sul marciapiede. Certo, siamo rimasti solo un pomeriggio, ma sembrava un film. Ok, non è un'utopia, ma ha più in comune con l'idea di via commerciale di Nigel Farage [capo dell'UKIP, Partito per l'indipendenza del Regno Unito]—tutte piccole imprese inglesi, tutti imprenditori di se stessi—di quanto Farage sarebbe disposto ad ammettere.

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Ogni negoziante con cui abbiamo parlato sembra non solo fiero della sua attività, ma fiero di Leicester, e tutti si crogiolano nella gloria riflessa che la squadra di calcio sta portando alla città. Solo un parrucchiere eritreo tifoso del Manchester United sembrava tutt'altro che felice di quello che stava succedendo nel campionato.

"È un'atmosfera bellissima, è difficile da spiegare," dice Amy, estetista. "Prima era pieno di persone arroganti e maleducate, invece ora sembrano tutti felici." C'è qualcosa che vuoi dire a tutti? "Venite a Leicester e guardate coi vostri occhi, è un posto magico."

Sami Enver fa kebab da una vita, ma le pareti del suo locale sono piene di documenti che certificano che nel suo paese d'origine, Cipro, era un portiere professionista. Gli chiedo da quanto tempo vive qui. "Da 31 anni." Cosa l'ha portato a Leicester?

"Brian Clough," dice. Lo guardo perplesso: cosa poteva c'entrare il leggendario attaccante del Middlesbrough e allenatore del Nottingham Forest?

È venuto fuori che Sami aveva fatto un provino al Forest, ma non era stato preso, e a quel punto era andato a Leicester per aprire la sua attività. Oggi nel suo cuore c'è solo il Leicester. Ribadisce più volte la sua fiducia totale in Claudio Ranieri, e crede che il Leicester si aggiudicherà il campionato con molto anticipo. Ci invita a tornare dopo la partita per mangiare qualcosa gratis.

Mentre il sole comincia comincia a tramontare, ci incamminiamo verso il King Power Stadium per il prepartita. Mentre cammino comincio a pensare a che posto occupi Leicester tra le altre città inglesi. Non è una città industriale né post-industriale, sembra ricca ma è per lo più working class, quasi rurale eppure metropolitana nell'aspetto. Forse è per questo che non riusciamo a inquadrarla. In una cultura dove costruirsi un'identità significa dire che tu sei meglio e la città accanto alla tua è una merda, la complessità di Leicester genera indifferenza.

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Leicester è al centro di una costante immigrazione su larga scala, e ne trae vantaggio. L'UKIP è ha ottenuto solo l'otto percento dei voti qui, ben al di sotto della media inglese del 14 percento.

Non mi interessano le cose da ufficio del turismo e sono sicuro che Leicester ha gli stessi problemi di ogni altra città, ma il percepito qui è che davvero la multiculturalità sia naturale. Gruppi delle etnie più diverse sono al pub insieme. È diversissimo da Londra, dove "differenze etniche" spesso significa "farsi consegnare cibo speziato in piena notte", e ancora più diverso dal razzismo di altre parti del paese.

A guardarla, mi sembra che strade come Yarborough Road (e molte altre) non si siano sviluppate per volere del comune, o per un'imposizione o un piano urbanistico. È solo che chiunque volesse ha potuto aprirci il suo esercizio. Leicester non sembra un grande progetto della sinistra o un'utopia fatta realtà. Sembra soltanto un posto in cui le persone non si odiano.

In un campo da calcio vicino allo stadio King Power, alcuni ragazzini stanno tirando qualche calcio al pallone. Da come le pallonate violente si abbattono sulla recinzione è chiaro chi stanno cercando di emulare: James Richard Vardy, il Ned Kelly del calcio. Un giocatore che ha aborrito il sistema dello scouting, che ha fatto carriera dimostrando a tutti che avevano torto, che è arrivato da Stockbridge ai vertici della Premier League giocando un calcio duro.

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Vardy è diventato una sorta di eroe popolare. La sua storia, da giocatore part time che fa anche il turno in fabbrica a capocannoniere della Premier League ha catturato l'immaginazione dei tifosi che si erano abituati a considerare i propri idoli calcistici come semidei inavvicinabili, in pose sexy nelle pubblicità, salire su Audi TT, instagrammare scarpe nuove inaccessibili a chiunque altro.

Ma in nessun posto al mondo l'adorazione per Vardy è pari a quella che gli riserva la città in cui gioca.

I tifosi del Leicester gli attribuiscono un certo senso mitico, di stranezza e ribellione; a cavallo tra Rocky e Rasputin. Il coro che i tifosi gli dedicano dice che se lui fa una festa, tu porta la vodka e la cocaina. Vardy sembra fregarsene: a nessuno viene in mente che si sta legando il giocatore all'uso (che non fa) di droga. Il club lascia correre. Sembra parte della sua popolarità. La gente lo vede come uno di loro, un vagabondo, un mascalzone.

C'è poco sentimentalismo quando si parla di Vardy, niente smancerie. Nonostante tutto quello che ha fatto in questa stagione, è tanto un eroe quanto un cattivo. È un bastardo, un opportunista, "segna in modo tremendo," un perdente. Uno che magari non brilla, ma non affonda. Forse è lui l'eroe perfetto del calcio dell'Inghilterra della post-recessione, uno a cui non frega niente dello status quo, determinato a giocarsi tutto. Harry Kane forse ha segnato di più, ma Vardy è il John Dillinger di questa generazione.

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Abbiamo deciso di guardare la partita al Lost Bar di Narborough, un posto le cui pareti sono letteralmente tappezzate di gagliardetti e altre cose a tema Leicester (tipo un ritratto di Gary Lineker vestito da Indiana Jones, non so perché).

L'opinione comune è che la partita finirà con una vittoria, in qualche modo il Leicester—che gioca sempre al limite e su cui aleggia sempre lo spettro di una fortuna che potrebbe esaurirsi da un momento all'altro—batterà il Newcastle; è un ostacolo da superare sulla via della grandezza. Il Leicester è l'eroe messo alla prova e il Newcastle l'inetto.

Il gioco è più duro e incattivito di quanto tutti si aspettavano. Il Newcastle difende bene ma spreca molte opportunità. Non facile, né bello. È un lunedì sera della Premier League, dopotutto. A parte tutti i suoi vezzi di gioco "continentale", il Leicester è una squadra profondamente inglese: feroce, fisica, affamata, con un centrale difensivo tedesco enorme e una punta d'assalto. Per ora è più gioco fisico che finezze, ma pare che al pubblico piaccia così.

Ma quando Shinji Okazaki segna con una spettacolare mezza rovesciata, il pubblico esplode. I vecchi e i nuovi tifosi urlano insieme, e il Leicester è di nuovo solo al vertice della classifica.

Durante l'intervallo andiamo all'altro capo della città dove Harbo, il tassista, ci aspetta con suo figlio e alcuni vecchi amici con cui guardava la partita in un pub trasformato in locale indiano. Sembrano interessati tanto alla partita quanto al pollo al rogan josh che stanno mangiando, ma osservando questo gruppo multietnico e transgenerazionale mi è venuto in mente che il seguito più numeroso del calcio in Regno Unito viene dalle comunità non bianche.

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In una città come Leicester, la multiculturalità dei tifosi sembra quasi inevitabile e inestricabile dalla squadra. Harbo e i suoi amici non sono dei pivellini, sono irriducibili che tifano il Leicester dai giorni in cui il National Front faceva volantinaggio alle partite. Ma la loro esperienza d'integrazione, purtroppo, è quasi unica nel mondo delle tifoserie inglesi.

È vero che oggi il calcio è un vero spettacolo mondiale, ma mi chiedo quanti siano ancora i club inglesi che si portano dietro quel bagaglio d'odio dei tempi passati, di quelli in cui le persone come Harbo venivano picchiate e vessate anche se stavano dalle parte giusta.

"A livello d'integrazione, Leicester è molto meglio di altre città," mi dice Harbo dopo che la partita è stata portata a casa.

"Mio padre è venuto qui nel 1960 per lavorare in una fonderia. Non c'erano indiani allora, ma nessuno mi ha mai escluso o fatto sentire diverso. Nel gruppo con cui ci trovavamo per giocare a palloni c'erano bianchi, indiani, caraibici—e non era un problema per nessuno."

"Poi quando il National Front [il Fronte Nazionale Britannico] ha cominciato a guadagnare consensi, c'era chi mi diceva, 'Vieni Harb, andiamo a menare qualche pakistano,' e io rispondevo, 'Ma sei cieco?'."

Lasciamo Harbo e andiamo in cerca di alcuni degli abitanti più giovani della città, qualcuno che ne sappia di discoteche e nightlife. Nico e Sam organizzano serate, e portano pubblico e artisti come Royal T, Marcus Nasty e altri ai loro eventi—come Beast Wang. Chiedo loro come si coniughi la città con musica e moda. "La zona in cui sono cresciuto era nota come una delle più povere di tutta la Gran Bretagna," dice Sam. "Mia madre voleva andarsene di qui qualche anno fa, ma ora vuole restare. Perché ora se fai qualche cazzata, se bruci una macchina per dire, ti beccano."

"Sì, sta cambiando," aggiunge Nico, ottimista.

Come dicevo prima, il sindaco Soulsby mi ha detto che una delle sfide più grandi è far rimanere qui i giovani. E Nico e Sam pensano che più discoteche, musica e cose da fare nel tempo libero siano l'unico modo per riuscirci. Il Paese ha bisogno di una città che possa diventare una nuova Londra, che possa controbilanciare una cultura sempre più centralizzata—e Leicester, con il suo essere aperta a tutto e ancora in costruzione, potrebbe essere la città giusta.

Sulla via del ritorno ci fermiamo da Sami Enver, che ci offre baklava e ci mostra la zona chill-out del locale, dove insieme a sua moglie ci mostra qualche foto di famiglia.

Questa settimana, il Leicester ha vinto di nuovo 1-0, tenendo tutta la città col fiato sospeso. La vittoria della Premier League si fa sempre più vicina, ma anche se succedesse il peggio, se il Leicester crollasse e il Tottenham no, ora la città sa quali sono le sue carte. E chiunque arrivi in città, da qualunque parte del mondo, vedrà che è molto di più dei Kasabian e di un mucchio d'ossa in un parcheggio. Vedrà che a Leicester c'è già quasi tutto il mondo.

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