Lincoln Clarkes ha fotografato le "Eroine" di Vancouver

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Lincoln Clarkes ha fotografato le "Eroine" di Vancouver

Dopo la prima pubblicazione di questi ritratti di tossicodipendenti, le reazioni furono opposte: da una parte chi la lodava per aver umanizzato una parte di società dimenticata, dall'altra chi condannava il punto di vista voyeuristico. Siamo tornati...

Nel 1997, Lincoln Clarkes ha iniziato a fotografare le protagoniste di quella che sarebbe poi diventata una serie di oltre 300 ritratti di eroinomani della zona orientale di Vancouver. Un anno dopo, quando la serie Heroines venne pubblicata ed esposta, il pubblico si divise: osannata per aver contribuito ad umanizzare un parte dimenticata della società, ma anche condannata come forma di sfruttamento e voyeurismo.Tuttavia non c'è dubbio che l'attenzione mediatica attirata da questi lavori abbia fatto opera di sensibilizzazione circa la condizione di queste donne, alcune delle quali sono poi scomparse (i resti di cinque di loro furono trovati nella fattoria del serial killer Robert Pikton), e abbia giocato un ruolo importante nell'aiutare una comunità che fino a quel momento era stata in gran parte ignorata dalla città e dalle forze dell'ordine.

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Al momento il lavoro di Lincoln è parte di una mostra sulla street photography al Museum of Vancouver, e il lancio del suo nuovo libro Cyclist è previsto per il 21 novembre. Per l'occasione Lincoln ci ha inviato un campione delle foto di Heroines, dal quale è nata una chiacchierata sul suo lavoro.

VICE: Come ebbe inizio il progetto?

Lincoln Clarkes: Leah, una mia cara amica che morì di overdose nel 1999, mi introdusse alla sottocultura dei tossicodipendenti. Ci siamo frequentati per una decina di anni, era sempre impicciata in situazioni bizzarre e surreali. Ma tutto ebbe inizio la mattina d'estate in cui incontrai Patricia Johnson, che poi scomparve assieme alle sue due compagne. Fotografammo questo trio, e la cosa divenne una specie di film noir. La foto di loro sui gradini dell'Evergreen Hotel di Columbia St mi lasciò spiazzato e fece piangere tutti i miei amici. A quel punto diventai ossessionato dalla storia e cominciai a documentare le ingiustizie sociali, sulla scia di Lewis Hine e Jacob Riis, cercando di attirare l'attenzione sulla piaga delle donne tossicodipendenti. Nel giro di pochi mesi l'intero paese era in lacrime, e la polizia finalmente se ne accorse.

È stato difficile avvicinarsi a queste donne?

Nel ghetto degli eroinomani e di quelli che si fanno di crack sono sempre tutti sulla difensiva, ma è anche un posto accogliente. Quando si cammina in quelle strade è un po' come farlo nel loro salotto, nella loro sala da pranzo, nella loro camera da letto. Durante queste uscite mi accompagnava una mia assistente che le Heroines trovavano divertente e simpatica, la vedevano come qualcuno che aveva veramente a cuore la loro situazione, gli portava delle mele, gli metteva i cerotti, gli accendeva le sigarette, ecc. Cercavamo sempre di farle ridere, o ci avrebbero raccontato qualche altra storia triste e sordida. Vivendo con loro la realtà del quartiere e facendoci raccontare quel che accadeva, le ragazze si sono aperte e sono diventate molto generose. Abbiamo fatto in modo di dare ad ognuna la propria foto, e promesso che non avremmo rivelato la loro identità a meno che non fossero morte.

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Com'era fotografarle una per una a quei tempi?

La loro solitudine era straziante, c'erano morti a destra e a manca, e non sapevano neanche se sarebbero state vive il giorno dopo. Molte delle loro amiche sparivano da una settimana all'altra. Penso che abbiano apprezzato molto l'attenzione verso di loro e che il fatto di partecipare a un progetto fotografico le divertisse; l'immagine era forse l'unico filo conduttore delle loro esistenze. Ogni donna aveva una storia, che io ho cercato di raccontare silenziosamente con il linguaggio della fotografia. Per la gente dei quartieri bene che non voleva avere niente a che fare con loro è stata una bella introduzione. Per la prima volta si sono guardati negli occhi.

Ti ricordi quante di loro facessero uso di eroina e quante di crack?
Le ragazze che facevano solo uso di eroina sembravano un po' meno incasinate. Finché avevano denaro, il loro era solo un modo alternativo di gestire debilitanti problemi emotivi. La ragazze dipendenti dall'eroina erano per lo più tipi solitari, e volevano solo starsene nell'ombra; al contrario, le ragazze che facevano uso di crack erano incontrollabili, inaffidabili. La cocaina e il crack rendono i soggetti psicotici, deliranti—tutti comportamenti che si possono ben osservare nel sindaco di Toronto. E poi c'erano quelle che facevano uso di entrambe le sostanze, sia di crack che di eroina. Cercavo sempre di convincerle a non abusarne. O di affrontare l'astinenza e disintossicarsi. Magari fare uso di erba.

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Alcune di loro erano tue amiche?
Prima di chiedere di poterle ritrarre non conoscevo nessuna di loro, ma erano persone che vedevo ogni giorno, vicino casa. Non ero completamente estraneo alla situazione. Frequentavo una donna delle Prime Nazioni, e girando per strada salutava dozzine di "cugine". Il cameratismo e il senso di familiarità fra i componenti delle Prime Nazioni è molto stretto, condividevano tutta una serie di storie e un senso dell'umorismo molto simili. Erano tutte sulla stessa barca, e gli uomini erano sempre una minaccia: poliziotti, sfruttatori, spacciatori, assassini. Quindi cercavano di fare gruppo, condividendo quello che avevano. Se una di loro aveva una stanza, condividevano il letto in cinque. Una delle cose peggiori era vederle azzuffarsi per 10 dollari di cocaina, e il giorno condividere una sigaretta.

Hai detto che la cosa di cui avevano veramente bisogno era amore incondizionato. 
La maggior parte di loro aveva subito abusi durante l'infanzia; quelle che non li avevano subiti erano le più fortunate. Erano prive di autostima, incapaci di rialzarsi. Avevano bisogno di terapie: istruzioni sulla salute e sulla nutrizione. Un'educazione e un impiego sarebbero stati di immenso aiuto.  Quando queste ragazze sono arrivate in città non avevano i vantaggi delle persone locali, né i contatti per sistemarsi in condizioni decenti. Non avevano le competenze sociali per poter vivere nel benessere e nella normalità. Non avevano modo di partecipare alle attività dei loro coetanei di Vancouver. Avevano bisogno di inserirsi e partecipare alla vita sociale con rispetto e uguaglianza.

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Quali storie hai sentito mentre scattavi questa serie? Mi è parso di capire che ci sia anche un documentario.
Una delle tante storie riguardava una donna che era arrivata in città con un'autobus della Greyhound per fuggire dalla zona rurale della Columbia Britannica; sua figlia era morta in un incidente stradale perché suo marito era ubriaco. Aveva perso il suo lavoro in una pasticceria, e successivamente la casa. Tutto quello che le rimaneva della sua vita passata era il cestino del pranzo di sua figlia. Quando le ho chiesto cosa fosse successo a suo marito mi rispose che era stato ucciso. Le ho chiesto come, e lei mi ha risposto "misteriosamente" e ha sorriso… ognuna aveva una storia miserabile e umiliante: ed erano entusiste di condividerla se gliene davi l'opportunità.

Quando hai deciso di trasferirti a Toronto? Hai mai avuto voglia di documentare anche il lato oscuro di questa città?
Lasciai Toronto per Vancouver quando ero un adolescente, nella metà degli anni Settanta. Mi sento un po' un forestiero adesso; la Columbia Britannica e l'Inghilterra sono una grossa parte della mia vita. Non sono interessato a fotografare il lato oscuro di Toronto perché non è niente a confronto con il selvaggio West. E poi il mio stile fotografico attuale è lontano anni luce da quelle immagini.

La situazione è cambiata molto? I tossici della zona est di Vancouver sono stati aiutati?
Insite è un'associazione fondata nel 2003 che offre siringhe pulite per i tossici, personale medico per il trattamento della tossicodipendenza, per la salute mentale e altri problemi collegati. Salvano delle vite. Ma per le donne con una vera e propria dipendenza le cose non sono cambiate. La situazione è più difficile che mai, con ben più di un miliardo di dollari spesi per "l'industria della povertà" a partire dal 2001 dai governi federali, provinciali e municipali che sono serviti soltanto ad arricchire i "consulenti". L'area è ancora molto malridotta e necessita di aiuto. Il numero dei senzatetto senza speranza sembra essere aumentato dagli anni Ottanta e Novanta. È la parte che versa nelle condizioni più drammatiche, anche se si sta assistendo anche qui a una certa gentrificazione. Solo la gente del posto la chiama ancora Downtown Eastside, il resto del mondo la chiama Vancouver.

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Sei ancora in contatto con qualcuna di loro?
Sì, ricevo qualche strana mail di tanto in tanto. Ad alcune piace ricordare i vecchi tempi, e sono orgogliose di essere ancora in piedi e di essere sopravvissute agli omicidi di Robert Pickton. Visto che all’epoca non si avevano dati sul tasso di mortalità, non so quante siano ancora vive. Molte di loro avevano delle figlie, e dopo 15 anni alcune vogliono sapere la storia delle loro madri. Le conoscevano appena, quindi vogliono sapere tutto il possibile per ricordarle.

Segui Nadja su Twitter: @nadjasayej

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