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Luis Venegas è il secchione della moda

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Dietro la sua patina elitaria, il mondo della moda è pieno di geek. Potrebbe significare poco per voi sapere quale piede di quale modella ha indossato quale scarpa in quale sfilata di quale stagione del 1986, ma l'industria della moda si basa su queste conoscenze. Luis Venegas si è fatto una carriera come custode di queste conoscenze. Dal 2004, pubblica di propria tasca la biennuale Fanzine137, che più o meno è l'Almanacco illustrato Panini della moda.

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Nel 2007, Luis ha messo in piedi la rivista per ragazzi Electric Youth! e in quello stesso anno ha lanciato la rivista Candy. In Fanzine137 ha pubblicato interviste con tutti quelli di Interview, da Bob Colacello alla supermodel degli anni Settanta Karen Graham, insieme a lavori di Richard Avedon, Irving Penn e Lillian Bassman. Sono apparsi anche dei portfolio esclusivi dei nostri ragazzi McGinley e Richardson, e anche di Jack Pierson e David Armstrong. Conoscete The Knowledge - l'esame sulle strade di Londra che tutti i tassisti devono passare prima di poter lavorare? Bene, il cervello di Luis lavora più o meno allo stesso modo, ma con i lustrini.

Luis vive in un piccolo appartamento a Madrid, dove produce le sue tre riviste. Siamo andati a fare una chiacchierata con lui.

Vice: Hai un sacco di riviste qui. Possiamo dirlo che sei un nerd delle riviste di moda?
Luis Venegas: Direi di sì. Colleziono riviste di moda da quando ho 12 anni. La prima rivista non-spagnola l'ho comprata nel Febbraio del 1992, un numero di Vanity Fair. In copertina c'era Goldie Hawn sulla proboscide di un elefante, fotografata da Annie Leibovitz. Non leggevo gli articoli, adoravo le immagini. Mi facevano sognare nuovi mondi e scoprire nuovi artisti. Però non è che passassi tutti i giorni a casa a leggere riviste. Avevo anche degli amici.

Le riviste sono state la prima cosa che hai collezionato? I bambini di solito collezionano stickers o macchinine.
No, non mi sono mai piaciuti gli stickers. Mi piacevano molto i fumetti quando avevo nove o dieci anni, in particolare quelli dei supereroi Marvel. Oh, e anche i giochi di He-Man: Skeletor, Man-at-arms, ce li avevo tutti.

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Anche io ce li avevo. Anzi, credo siano l'unica cosa che ho collezionato. Come hai fatto il salto dai fumetti alla moda?
Quando avevo dieci anni mi hanno dato il primo stereo e mio zio ha comprato a me e a mia sorella tre dischi. Uno era Geminis della cantante spagnola Ana Belén. Amavo la copertina e guardavo le note di copertina per sapere chi l'aveva fatta. Mi ricordo ancora che quella foto era di Javier Vallhonrat e la grafica di Juan Gatti. Da quel momento in poi mi sono focalizzato sulle persone che creavano le immagini che mi piacevano.

E quello è il momento in cui tutto è iniziato?
Sì, ho iniziato a collegare tutte le persone. Per esempio, ho scoperto che Juan Gatti ha fatto anche delle locandine per Almodòvar, nei cui film si usano spesso abiti di Sybilla, i cui cataloghi e pubblicità sono stati fotografati da Javier Vallhonrat, che ha fotografato la copertina del disco di Ana Belén. Vallhonrat ha fatto foto per Vogue España e Vogue Paris e grazie a queste riviste ho scoperto Annie Leibowitz. Così ho iniziato a comprare numeri vecchi e nuovi di Vanity Fair proprio per la Leibovitz, ed è così che ho iniziato la mia collezione.

Una delle cose che mi è piaciuta di più di Fanzine137 è che l'attenzione si concentrava sulle persone che lavorano dietro la macchina fotografica, e non solo sui grandi.
Credo che siano tutti uguali. Una cosa è avere talento, un'altra è sapersi vendere. Ci sono persone che non sono molto brave a gestire il proprio business, ma questo non significa che abbiano meno talento degli altri. Con Fanzine137 voglio mostrare tutti i passaggi che ci vogliono per arrivare all'immagine finale.

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Sei un nostalgico?
Credo sia importante conoscere ciò che c'è stato nel passato, ma la nostalgia è volere che le cose restino nello stesso modo per sempre e quello non mi interessa affatto. A me importa più quello che sta per accadere, più di quello che ci siamo lasciati alle spalle.

Parliamo di Electric Youth!, la tua rivista teen.
Qualcuno di cui non dirò il nome ha detto che EY! gli ricorda Interview nell'era Warhol. Hanno intervistato un barista dello Studio 54 o posto simile e alcune delle interviste che facciamo sono molto simili, mentre altre sono con grandi modelli. Penso che chiedendo a un ragazzino tra i 17 e 21 anni cosa fa, si possa conoscere quello che ci riserva il futuro.

Tutte le tue riviste mixano foto istantanee con produzioni dai costi molto alti.
Non la vedo come una dicotomia. La cosa importante è che si riesca a riconoscere immediatamente il lavoro di ciascun artista. A volte lo si fa con una super produzione per Annie Leibowitz, altre volte con una foto di fiori di Daniel Riera. Non si tratta dell'immagine in sè, quanto del mondo che questa immagine si porta dietro. Quando qualcuno critica, non so, una foto di Terry Richardson, e dice che tutti potrebbero fare foto così, ci resto male. Quello è un mondo che lui ha creato e che non appartiene a nessun altro.

Parlami della tua nuova rivista, Candy.
Candy non è semplicemente una rivista che parla di drag queen. Il fatto è questo, ci sono riviste per ragazze con dei bei capelli lunghi e riviste per ragazzi come GQ o Fantastic Man, ma ci sono un sacco di persone che non appartengono a queste categorie. Quando uso il temine "trasversale", significa che sono interessato a un ragazzo a cui piace indossare vestiti da donna e trasformarsi nella sua attrice preferita così come a un ragazzo che va a comprare il latte in gonna e tacchi alti, o un ragazzo che vede una camicetta che gli piace e vuole indossarla perché gli piace. Candy non parla di diritti, ma credo che la sua esistenza sia già d'aiuto. Così come Obama non è alla Casa Bianca per rappresentare i diritti degli afro-americani, ma il fatto che ci sia fa un'enorme differenza.

Yes we Candy?
Yes we Candy! Lo dico sempre. Altra cosa che mi piace è vedere quanti transessuali e travestiti occupano posizioni di potere. C'è una donna americana alla Casa Bianca, Amanda Simpson, che è la prima donna transessuale a lavorarci. I transessuali possono camminare tranquillamente per la strada. Ne vedo ogni giorno, ed esistono da che mondo è mondo. Sono parte della storia dell'umanità, quindi sono rimasto sorpreso dal fatto che non esistesse una rivista dedicata.

TESTO PAUL GEDDIS

FOTO CHUS ANTON