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Paolo Legrenzi: Perché è un modo di vivere, un collegamento col passato: quando uno dice "ah, i tempi della Lira" non dice solo "quando avevo in tasca quei pezzi di carta chiamati Lire" ma anche una cosa simile a "Ah, quando ancora avevo i capelli."Ho quasi 73 anni, e ogni tanto sento alcuni miei vecchi colleghi attribuire qualità fantastiche alla città nella quale abitavano da giovani. Ne rimpiangono il clima, il fermento culturale, spesso confondendo questo benessere geografico col fatto che loro stavano meglio quando erano più giovani. Qualcosa del genere succede anche con la Lira: se lei prende il lungo periodo di crescita economica, che va dagli anni Cinquanta fino al 2000, vede che corrisponde praticamente al periodo in cui abbiamo adottato la Lira. Sono stati i tempi della ricostruzione, del boom economico e demografico, e siccome in quegli anni si utilizzava la Lira, questa generale nostalgia positiva per quel periodo mette dentro anche la moneta, associandola a un ricordo piacevole alterato dalla mitologia del passato.Poi c'è un elemento più specifico, più tecnico. Il progresso italiano è stato animato dalla formuletta magica della "svalutazione". Avendo ancora sovranità monetaria eravamo in grado di svalutare la nostra moneta, e la vita delle persone poteva trarne giovamento. Un esempio concreto: se la Lira si svalutava quando compravi una casa, i tuoi debiti nel tempo finivano col valere di meno. Con questa formula abbiamo costruito il benessere nel dopoguerra, e con l'arrivo dell'Euro si è interrotta.
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Nel momento in cui una persona capisce che la sua condizione economica è peggiorata, così com'è generalmente accaduto, la prima domanda che si pone non può che essere "Cos'è cambiato di rilevante, rispetto a prima?". La risposta più immediata, ovviamente, è che siamo entrati in Europa e abbiamo adottato l'Euro.Proprio in questo preciso periodo storico, infatti, a questa realtà è coincisa una grave crisi: è il periodo nel quale non si trova un posto di lavoro facilmente e gli stipendi non sono stati adeguati al costo della vita. A quel punto l'Euro diventa la moneta "della Germania", dei "cattivi che ci fanno tirare la cinghia."Naturalmente il collegamento fra benessere economico e Lira, così come quello tra Euro e crisi, non è così ovvio. Semplicemente, la sensazione di nostalgia è data dal fatto che le persone di una certa età sono cresciute in uno scenario economico in espansione, e includono la moneta dell'epoca come parte integrante del loro vissuto. Oggi, invece, stanno peggio e senza Lira.Un spot di "La lira siamo noi" con Gerry ScottiCi vedo un controsenso, però: se adesso le persone stanno peggio di prima, che senso ha acquistare volumi sulla Lira che arrivano a costare anche migliaia di Euro, per celebrare qualcosa che non esiste più?
Tenga presente, innanzitutto, che i ricchi italiani sono molto vecchi e che l'Italia è l'unico paese OCSE che ha tassi di risparmio concentrati nella fascia d'età più anziana. Avendo messo al mondo pochissimi bambini nei tempi recenti e ritrovandoci a tassi di crescita demografica pari a zero, la porzione di popolazione anziana rispetto a quella giovane non può che aumentare a dismisura, facendo crescere una sproporzione generazionale.
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Certo, in modi diversi. In Italia è accentuato, ma c'è anche in Francia e in Spagna. Meno in Germania—perché pur essendo il Marco la moneta più forte e immaginifica, i tedeschi continuano a soffrire di meno la crisi e quindi a "detestare" meno l'Euro. Se la situazione economica italiana fosse simile a quella tedesca, per esempio per quanto riguarda i dati sulla disoccupazione, le assicuro che il discorso sarebbe totalmente diverso.La nostalgia per le vecchie monete è comunque un dato storico comune. Pensi per esempio a quelli che sono dovuti scappare in Svizzera nel '40 e che hanno comprato o portato con sé oggetti che mantenessero valore nel tempo e fossero facilmente trasportabili—l'oro della zia, i diamanti di famiglia, le monete del nonno. Da qui la nostalgia per il bene rifugio. Diventa un collegamento affettivo.Altro esempio: perché gli italiani hanno comprato molte case? Per la famiglia e i figli, ovviamente. Lo stesso anche in seguito, quando si è trattato di investire di nuovo prendendo la casa al mare e poi quella in montagna. Tutto questo alimenta forme di nostalgia: l'acquisto di beni mobili e immobili percepiti come protezione, sicurezza, fanno parte del vissuto delle famiglie e nelle infanzie dei giovani dell'epoca, che sono i nostri vecchi. E sono ovviamente nostalgici.
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No, è costretta a estinguersi perché le persone muoiono. Tra vent'anni coloro che detengono la gran parte della ricchezza italiana saranno tutti morti. I giovani non avranno gli stessi ricordi della ricchezza dei loro parenti più anziani e quindi questa nostalgia per la vecchia moneta non avrà più senso di esistere: non potranno provare nostalgia per qualcosa del genere, banalmente, perché saranno più poveri dei loro predecessori e non avranno gli stessi bei ricordi.In un certo senso, la nostalgia ha un tasso proporzionale rispetto all'indice demografico: dato che i vecchi sono vecchi e i giovani sono più poveri, il tasso di nostalgia per la Lira calerà inevitabilmente. La nostalgia è un lusso da persone che non hanno grane.Quindi i giovani di oggi sono fregati, però almeno saranno meno nostalgici dei loro nonni?
Fuor di dubbio. Un altro dato importante, infatti, è che le prospettive di chi aveva 25 o 30 anni ai tempi d'oro della Lira erano decisamente migliori rispetto ad oggi: era più facile fare carriera, comprare dei beni, chiedere un mutuo. Questo è un elemento fondante nella percezione del "benessere", e successivamente nella formazione di un sentimento nostalgico: la prospettiva di un futuro migliore.Per molti anni, per esempio, gli italiani non hanno mai visto scendere di valore la propria casa. Adesso invece accade il contrario, e i giovani di oggi, in questo, sono stati molto sfortunati: sono la prima generazione che vede deperire i risparmi dei propri genitori, intaccati per la prima volta nella storia recente solo in questo ultimo decennio. Anche per questo il futuro che si presenta davanti a un 20-30enne di oggi è tutto in salita: non si immagina neanche quanto fosse più facile affermarsi per un ragazzo negli anni Sessanta, rispetto ad oggi. Lei neanche se lo si immagina.Segui Vincenzo su Twitter