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Bring Back Our Leoni

Sono passati più di due anni dall’esplosione del caso marò, e nonostante fiocchi gialli, appelli e striscioni la situazione non è cambiata granché. Poi è arrivata la "parata di stelle" romana organizzata da Il Tempo e il Sindacato Autonomo di Polizia.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Foto di Federico Tribbioli.

Sono passati più di due anni dall’esplosione del caso dei due marò, e in questo lungo lasso di tempo è stato fatto davvero di tutto per tenere alta l’attenzione sul loro destino: fiocchi gialli, appelli, teorie del complotto destrorse, striscioni esposti sui municipi di mezza Italia, videoconferenze e manifestazioni nel centro di Roma.

Nonostante questi encomiabili sforzi, la situazione dei "nostri leoni" Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non è cambiata di una virgola. Per smuovere le acque, dunque, Il quotidiano Il Tempo e il Sindacato Autonomo di Polizia— che negli ultimi tempi si è distinto per gli applausi (prima confermati e poi smentiti) agli agenti condannati per l’omicidio di Aldrovandi e per aver denunciato pericoli sanitari (infondati) legati agli sbarchi—hanno organizzato il 1 luglio 2014 “una parata di stelle” alla discoteca Planet di Roma. "La speranza, ovviamente," spiega l'articolo, "è che queste iniziative favoriscono il veloce ritorno in patria dei nostri marò.”

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Nel comunicato di lancio dell’“evento-spettacolo” si specifica che sarà “un pomeriggio di festa, ma non di gioia, per ricordare e ricordarsi che i due fucilieri di marina sono ancora, ingiustamente, detenuti in India senza nemmeno uno straccio di capo di accusa.” Il segretario generale del SAP, Gianni Tonelli, ha spiegato che “si è sentita l’esigenza di organizzare questa manifestazione per mantenere alto il livello di guardia nei confronti di coloro che indossano una divisa, indumento che da tempo è stato gettato alle ortiche dalle istituzioni, sia fosse indossato dalle Forze dell’Ordine che dalle Forze Armate. È giunto il momento di dire basta.”

Le aspettative sono piuttosto alte, dal momento che—si legge sempre nel comunicato—“saranno presenti, in una gara di solidarietà, decine di artisti di fama nazionale e internazionale e rappresentati politici di vari schieramenti.” In più, promette il manifesto, la kermesse si chiuderà con l'imperdibile apericena.

È dunque con la speranza nel cuore e un sincero ardore patriottico che mi reco al Planet in un assolato pomeriggio romano. Appena oltrepasso la soglia del club non mi ci vuole molto a capire che il pomeriggio sarà lungo e completamente privo di “gioia.”

Verso le 17.30 non c’è moltissima gente. Dentro la discoteca fa un caldo infernale e si respira una certa aria di desolazione.

Come mi succede sempre in questo genere di manifestazioni, la prima cosa che controllo sono i prezzi dei drink al bancone. Anche questa volta sono per me proibitivi, e quindi sarò costretto a seguire l’evento senza toccare una goccia.

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Aggirandomi per la sala mi rincuoro comunque abbastanza in fretta. Oltre alla nutrita rappresentanza di poliziotti, ci sono infatti ricercatori in diritto della navigazione;

ed esperti di geopolitica e diritto internazionale.

Nella straziante attesa che Enzo Salvi (Er Cipolla è uno dei presentatori della serata) apra le danze di “Marò back home”, vengo letteralmente rapito da un cartellone-manifesto del SAP sistemato sul palco.

Rimango a fissare intensamente Er Pelliccia che lancia l’estintore e il poliziotto piegato dalla protervia della delinquenza politica, cercando al contempo di trovare una risposta all’angoscioso quesito. Ma non ci riesco, perché nel frattempo Er Cipolla—che recentemente si è buttato sulla comicità populista—irrompe sulla scena con battute fulminanti quali “speriamo che i marò non ritornino con il barcone di Schettino!”

Dopo interventi più o meno seri e stacchetti musicali alla rinfusa è il turno del comico Marco Capretti, stella romana della stand-up comedy di Made in Sud. Capretti attacca parlando di Facebook, del fatto che tutti ormai siamo su Facebook, che le coppie scoppiano e si ingelosiscono su Facebook, e che Facebook ti chiede di farti la “foto profilo”. “Io pensavo che la foto profilo si dovesse fare così,” dice Capretti mentre sposta il corpo di profilo, come se fosse una foto segnaletica. Lo sketch si conclude così: “Questa è l’ultima battuta che farà ridere, quindi ridete adesso!” La platea ridacchia di gusto. Io assumo un’espressione simile a quella di Keanu Reeves nel primo Matrix quando viene interrogato dall’agente Smith.

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Dal Momento Zelig si passa al Momento Impegnato. Finita l’esibizione, Capretti lascia il palco a Gianni Tonelli, al direttore de Il Tempo Gian Marco Chiocci e a Elio Vito, il presidente della Commissione Difesa. Il primo a parlare è Tonelli, che spiega le ragioni dell’evento: “L’iniziativa ha proprio questo scopo: di mantenere vivo il ricordo, di non dimenticare queste persone. E per fare questo, con i fondi che raccogliamo questa sera attaccheremo 10 manifesti per le strade di Roma per dire i marò li vogliamo a casa, i nostri li vogliamo a casa. Li vogliono le loro famiglie, li vuole la nazione Italia.”

Elio Vito prende la parola e parte subito in quarta: “Le forze armate rappresentano la parte migliore del paese, non sono io il primo a dirlo ma deve essere tutta la classe politica e le istituzioni a riconoscerlo nei fatti, concretamente.” Vito continua evocando il garantismo: “Loro [i due marò] si professano innocenti, e hanno diritto a essere considerati tali fino a quando un processo giusto non proverà il contrario.” Ovviamente, però, “questo processo giusto non può essere svolto in India,”. Perché? Semplice: “non è quello il processo giusto a cui hanno diritto i nostri militari.”

Finito l’intervento di Vito, il presentatore risale sul palco con il volto delle grandi occasioni. La tensione sale, le aspettative fanno vibrare la pista, le stelle per i marò danzano sul soffitto del Planet. “E ora ci sarà un big della musica italiana!” declama il presentatore. L’attimo di sospensione si dilata nel tempo e per poi deflagrare sonoramente: “ANGELO AVARELLO!

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Angelo Avarello durante l'esecuzione di "Piccolo fiore".

Mi guardo intorno e scorgo solo spaesamento—un centinaio di menti interconnesse e attraversate da un unico pensiero: chi è Angelo Avarello? Il big balza sullo stage e col suo swing trasforma l’evento in una specie di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto ambientato alla sagra della porchetta di Ariccia.

Dopo l’esibizione torna un barlume di serietà, e c’è spazio per un po’ di complottismo sulla vicenda dell’Enrica Lexie. Sul palco salgono gli “esperti”, di cui purtroppo mi sfugge il nome, e si critica la perizia balistica indiana “che ovviamente non corrisponde alla realtà.” Lo stravolgimento della famosa perizia è in realtà uno dei punti nevralgici della “narrazione tossica” costruita intorno alla vicenda e smontata da Matteo Miavaldi.

Ad ogni modo, l’esperto parla di “grossa mistificazione delle autorità indiane” che “hanno cercato di giustificare che i marò hanno usato armi del calibro 7,62 che è lo stesso calibro che usava il Patto di Varsavia, l’Unione Sovietica.” Un signore di fianco a me si infervora e interrompe l’intervento: “Che cazzo dici? Cazzo dici? È NATO, calibro NATO! Non diciamo fesserie perpiacere, ti prego.”

L’esperto finisce la sua orazione e scende dal palco per confrontarsi il contestatore. Quest’ultimo, di tutta risposta, estrae dalla giaccia un basco della Brigata San Marco e lo sventola in faccia all’“esperto”: “Lo vedi questo?” Segue risposta piccata: “Lei è un gran maleducato e non porta rispetto alla causa!” L'incidente rientra quando l'ex militare si allontana da sotto il palco.

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Un obolo per i marò.

A riportare un po’ di pace ci pensa l'attrice Adriana Russo, che ricorderete per la fiction Furore, il vento della speranza. "Potrei andare in India, con il cuore sono vicina a loro,” esordisce. “Sì, potrei andare in India. Un po’ come faceva Marylin, che andava a cantare davanti alle truppe.” Poi commenta: “Ma io non voglio certo paragonarmi a Marilyn.”

Sono ormai le sette passate e l’evento è ancora lontano dalla sua conclusione. Il colpo di grazia arriva con l’esibizione del comico Gabriele Marconi.

Come si può intuire dalla giacca, la specialità del comico è l’imitazione di giornalisti televisivi. Il primo a essere parodiato è Bruno Vespa, e la battuta recita all’incirca così: “Il giornalista Giuliano Ferrara è stato ucciso a colpi di armi da fuoco dalla moglie, che si è giustificata così: ‘era l’unico modo di farlo secco’.” Un lungo, imbarazzato silenzio avvolge mestamente la discoteca.

Il comico si mette a imitare Enrico Mentana: “Evasi dieci detenuti dal carcere di Rebibbia. L’undicesimo non è riuscito a scappare perché ha aspettato un secondino.” Nessuno ride, ad eccezione di un signore al mio fianco, visibilmente divertito. Cerco di stabilire un qualche tipo di connessione emotiva con lui, ma fallisco.

È proprio nel momento più buio della serata che si compie il miracolo: gli “artisti di fama nazionale e internazionale” finalmente fanno il loro trionfale ingresso al Planet.

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Di fronte a un pubblico in visibilio, Gianni Alemanno inizia così il suo intervento: “Io sono molto contento della vostra iniziativa perché penso che questa mobilitazione per i nostri marò sia qualcosa che deve pervadere tutto il popolo italiano. Bisogna creare un sentimento diffuso che pervada tutte le coscienze, che coinvolga tutti. È importante che ci sia un martellamento, perché non dobbiamo dimenticare questi ragazzi.”

Ad infiammare ulteriormente la platea ci pensa Maurizio Gasparri. Il senatore prima elogia il SAP e le sue battaglie, poi denuncia il “tentativo evidente di bloccare l’attività delle forze di polizia” e infine agita l’ascia di guerra contro i perfidi indiani: “Noi non chiediamo che si accerti la verità, chiediamo che questo accertamento sia affidato a sedi internazionali neutre, super partes che pongano fine a questa faida e ritorsione dell’India nei nostri confronti.”

È già l'ora dell’apericena. I carrelli sferragliano sulla pista e depositano sul tavolo i vettovagliamenti per le truppe, provate ma soddisfatte per aver realizzato l’ardua impresa di rinchiudersi un pomeriggio in discoteca per mettere pressione sul governo indiano e sulla comunità internazionale.

Sono ormai le otto passate quando esco dal locale e a fatica riconquisto la luce, imbambolato e confuso.

Quello che è successo il 1 luglio al Planet è la prova più evidente del fatto che la vicenda dei marò non appartiene più al campo della diplomazia, del giornalismo o della politica. È andato semplicemente oltre. Mi sento quindi di lanciare un sofferto appello alle autorità indiane: lasciate perdere indagini, perizie, controperizie, processi ed equilibri geopolitici. Rispedite indietro i due marò, e fatelo il prima possibile. È per il bene della sanità collettiva di questo paese.

Segui Leonardo su Twitter: @captblicero