Le foto di Mårten Lange parlano un'altra lingua

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Le foto di Mårten Lange parlano un'altra lingua

Quando fotografare diventa una forma di collezionismo della realtà.

Il fotografo svedese Mårten Lange è una di quelle rare persone a cui puoi dare una macchina fotografica e, qualunque sia il soggetto della fotografia—una tenda da doccia, una pozzanghera o una cavità in una roccia—è capace di renderla così bella da far venire la pelle d’oca. Potrei farvi una lunga lista di aggettivi per descrivere il suo lavoro, tipo “illuminante”, “universale”, “sentimentale”, “straordinario”, blah-blah-blah, da-da-da, ma a che scopo se potete semplicemente guardare le fotografie qui sopra e farvi un’idea?

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I lavori di Mårten sono stati esposti in tutto il mondo e pubblicati in vari libri, fanzine, riviste e blog. Il suo nuovo libro, Another Language, è appena uscito. Mi ha mandato alcune foto, e mi sono piaciute così tanto da costringermi a chiamarlo per parlarne.

VICE: Ciao Mårten. Il libro sembra fantastico.
Mårten Lange: Grazie. Ci ho lavorato per molto tempo e ora è finalmente pronto. Ho scattato centinaia di fotografie nel corso di un anno e mezzo, ma solo 59 sono finite nel libro. C’è stato un lungo processo di editing, di scelta dei materiali e della copertina e via dicendo.

Sfogliandolo mi chiedo come diavolo sei riuscito a fare molte di queste foto, quella del vortice, per esempio. Ti ci sei imbattuto per caso o l’avevate previsto?
La maggior parte dei soggetti li ho trovati per caso. Il vortice, invece, ha richiesto una pianificazione meticolosa. È stato immortalato da una centrale a energia mareomotrice nel nord della Francia e ho dovuto studiare i diagrammi temporali delle alte e basse maree e le immagini dai satelliti per calcolare esattamente dove mettermi e a che ora per ottenere lo scatto migliore.

A parte il vortice, quale foto è stata la più difficile da fare?
Quella del pipistrello, perché i pipistrelli si muovono molto velocemente ed escono solo quando è buio, quindi sono difficili da immortalare.

Come ti vengono certe idee tipo, “Voglio fotografare un vortice e un pipistrello?”
Non saprei. Scrivo liste di cose che vorrei fotografare. Penso si possa dire che sono un collezionista. Scattare fotografie è la mia maniera di raccogliere campioni e fenomeni, di ordinare il mondo in una sorta di sistema visivo. Fotografo una cosa alla volta e mi avvicino al soggetto come se fosse sotto una teca in un museo. Il libro stesso è una sorta di lista; foto delle cose che ho trovato. Avevo un lungo elenco di cose che volevo fotografare, tipo un fulmine, una medusa e un vortice. Sono uscito a cercarle, e una volta fotografate le spuntavo dalla lista. Anche se non ho trovato tutto.

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Cosa non hai trovato?
Non ci sono rane nel libro, e la cosa mi ha un po’ deluso. Nel senso, sono abbastanza facili da trovare, ma non ho mai avuto il tempo di fotografarne una. E non ci sono neanche comete, né polipi. Forse potrò aggiungerli alla seconda edizione.

Come sei arrivato al tuo stile di fotografia?
Il gesto di guardare nella macchina fotografica e il vedere una cornice con una croce al centro, che ti permette di mettere a fuoco, ha sempre incoraggiato un certo tipo di estetica in me—incorniciare un oggetto al centro dell’immagine. È come se raccogliessi qualcosa di reale e lo mettessi in tasca. Ho lavorato così per un bel po’. Le foto di Another Language sono state scattate in maniera diversa rispetto ai miei progetti precedenti, che prevedevano macchine fotografiche grosse e pesanti. Alla fine mi ero stufato e ho comprato una piccola digitale da portare in viaggio e ho finito per usarla per un sacco di foto. All’inizio non sapevo bene perché lo facessi, ma poi ho iniziato a mostrarle e molte persone mi hanno fatto notare che c’erano vari temi naturalistici ricorrenti a cui io non avevo fatto caso.

Qual è stata la prima fotografia che hai fatto? 
Penso fosse la foto di una lumaca. Ripensandoci, quando ho ricevuto la mia prima macchina fotografica ero sempre in giardino a fare fotografie. Ora, con questo libro, ho finalmente potuto assecondare il mio interesse per la natura.

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Come ti sei avvicinato alla fotografia?
Mio nonno era un fotografo amatoriale e aveva una camera oscura nel garage. Passavo molto tempo con lui e ho imparato a usare tutte le sue grosse macchine fotografiche. Inizialmente ero prevalentemente interessato agli aspetti tecnici della fotografia, e solo molto più tardi ho iniziato a preoccuparmi dell’effettivo contenuto.