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Cosa si muove dietro al meeting di Comunione e Liberazione

Con sette milioni di euro e 800mila presenze il Meeting di Rimini è arrivato alla sua 35esima edizione, e nonostante da più parti si parli di crisi, in realtà non sembra essere cambiato proprio un bel niente.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

La messa al Meeting di Rimini 2014. Foto via Flickr.

Ogni anno preti, vescovi, cardinali, ministri, deputati, banchieri, affaristi, intellettuali e migliaia di giovani volontari si rinchiudono dentro gli sconfinati padiglioni della Fiera di Rimini per dare vita al Meeting di Comunione e Liberazione—una macchina da 7 milioni di euro e 800mila presenze che è arrivata alla 35esima edizione e incarna la perfetta esibizione del potere ciellino.

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Quest’anno il tema è “Verso le periferie del mondo e dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo”, qualsiasi cosa questa frase voglia dire. Come da consuetudine, la lista di membri dell’esecutivo, grossi manager di Stato (e non) e aziende di un certo peso che affolleranno gli stand è piuttosto lunga. Ci sono diversi ministri e i sindaci di Milano e Verona, a cui si aggiungono Oscar Farinetti, il fondatore di Eataly molto vicino a Renzi, Sergio Marchionne (che torna dopo anni di assenza), Giorgio Squinzi, presidente di Confidustria, e Mauro Moretti, nuovo AD di Finmeccanica.

I principali sponsor, tra imprese private e partecipate statali, sono più o meno gli stessi delle edizioni precedenti. E la Regione Lombardia, come vuole il protocollo, anche quest’anno ha versato 60mila euro (a partire dal 2002 il Pirellone ha dato più di due milioni di euro al Meeting). Teoricamente, insomma, non dovrebbe esserci nulla di nuovo: le frequentazioni altolocate sono al loro posto, i salotti buoni pure, i propositi per un radioso futuro di "Fioretti & Fatture" si preannunciano eccelsi e i balli dei volontari "con gli occhi limpidi" sono avvicenti come al loro solito.

L’unica novità, se così la si può definire, è che questa edizione sta passando come il Meeting della “crisi” di Comunione e Liberazione, che nell’arco di qualche mese avrebbe perso quasi tutta l’influenza sulla politica e non conterebbe più come un tempo. Il motivo principale di questo declino andrebbe ricercato nel "gran rifiuto" di Matteo Renzi a partecipare al Meeting.

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I media italiani hanno formulato ogni genere di ipotesi sul motivo di questa mancata partecipazione. Oltre ai semplici e scontati "problemi di agenda," si dice che Renzi non sarebbe esattamente un fan del “movimento”, e che alla creatura di don Giussani preferirebbe gli scout dell’Agesci. Il rifiuto, inoltre, denoterebbe l’intenzione di “marcare le distanze da CL” per gli scandali e le inchieste che hanno travolto la regione Lombardia di Roberto Formigoni.

Tuttavia, i rapporti tra Matteo Renzi e Comunione e Liberazione sono piuttosto risalenti e per nulla conflittuali, tant’è che l’attuale premier partecipò al Meeting sia nel 2007 che nel 2008. Nel 2009, in base a quanto scritto nel libro-inchiesta La lobby di Dio, il voto di CL “è finito in massa” a Matteo Renzi, all’epoca in corsa per primarie e le elezioni comunali di Firenze. In un’intervista all’Espresso dello stesso anno, Renzi risposte così alla domanda sul supporto di CL nei suoi confronti: “Io pensavo e speravo di più. […] Trovo stravagante l’atteggiamento della sinistra verso la Compagnia. L’unico politico che ha chiuso il Meeting di Rimini si chiama Pierluigi Bersani.” Giusto per non dimenticare, Bersani quella volta (era il 2003) arrivò a dire alla platea ciellina che “tra noi e voi le radici sono le stesse.”

La riprova di questa vicinanza è che, nonostante il rifiuto, il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini ha sostenuto il premier con il fervore di una cheerleader: “Guardiamo con speranza alla sua azione. Facciamo il tifo affinché Renzi riesca nell’impresa, sarebbe una tragedia se fallisse.”

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Se da un lato i media hanno dato un enorme risalto ai presunti problemi di cuore tra Renzi, politica e Comunione e Liberazione, dall’altro hanno praticamente ignorato quello che si muove realmente dietro il luccicante palcoscenico ciellino, inclusi alcuni fatti di cronaca.

Foto via Flickr.

Tanto per cominciare, gli stessi vertici del Meeting sono alle prese con una grossa grana giudiziaria. Lo scorso marzo, infatti, tre dirigenti della “Fondazione Meeting per l’amicizia dei popoli” sono stati rinviati a giudizio (compariranno davanti al giudice il prossimo 18 novembre) per ipotesi di truffa aggravata ai danni di ente pubblico. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Rimini, era partita nel 2012 e aveva anche portato al sequestro di beni per un milione di euro.

Secondo le indagini della Guardia di Finanza, i dirigenti “avrebbero fatto figurare nei bilanci perdite fittizie […] per richiedere e ottenere contributi pubblici a cui altrimenti non avrebbe avuto diritto.” In totale si parla di 310mila euro di fondi pubblici, relativi alle edizioni 2009 e 2010, ottenuti da vari enti. La Fondazione Meeting ha detto che “l’ipotesi di reato è per noi infondata,” aggiungendo di aver sempre “operato con la massima correttezza.” Nel frattempo la Fondazione si è impegnata a restituire i contributi sia alla Regione Emilia-Romagna che all’Agenzia di marketing turistico della provincia di Rimini.

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Questo luglio, a seguito dello scandalo sulle tangenti per il Mose, è arrivata la notizia del forte “ridimensionamento” della Fondazione “Marcianum”, ente cattolico d’eccellenza voluto dal cardinale ciellino Angelo Scola. Nel 2009 e nel 2010, la Fondazione è stata beneficiaria di due finanziamenti (regolari) da 100mila euro l'uno da parte della cooperativa Co.ve.Co, rimasta coinvolta nelle indagini. La decisione di ridurre la Fondazione ai minimi termini è stata presa dall’attuale patriarca di Venezia, monsignore Francesco Moraglia. Il provvedimento si sarebbe reso necessario “a causa del buco economico creato dal ‘Marcianum” nei bilanci della diocesi lagunare.” Lo stesso patriarca non ha nascosto, però, che sulla decisione ha pesato molto l’inchiesta sul Mose: “Le notizie di cronaca giudiziaria hanno influito in senso negativo.”

A queste notizie si accompagnano le voci di un crescente dissenso interno su diverse questioni e—stando a un articolo del giornalista Ernesto Milanesi—l’invocazione di una sorta di “ritorno alle origini per evitare imbarazzanti commistioni con poteri forti, interessi obliqui e ricchezze incompatibili.”

Sempre secondo Milanesi, inoltre, il business ciellino “non fattura più come ai bei tempi e nemmeno garantisce occupazione ai fedelissimi.” A questo si aggiungerebbero anche le prime crepe nella “gratinitica macchina della sussidiarietà” ciellina, principio cardine di un network economico-confessionale che raggruppa, si legge ne La Lobby di Dio, “imprese, banche, parrocchie consultori, scuole, università, agenzie di servizi, strutture sanitarie e decine di altre realtà che operano sul territorio.” Ed è proprio la ferra applicazione ciellina della sussidiarietà ad aver permesso al “movimento” di penetrare così a fondo nella vita pubblica ed economica del paese ed esercitare un enorme potere di condizionamento politico.

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A queste notizie si aggiunge la delicata vicenda che recentemente ha coinvolto don Mauro Inzoli. Si tratta di una vera e propria bomba calata su CL—ed è una bomba sganciata direttamente dal Vaticano, non dalla solita giustizia italiana. Soprannominato il “prete in Mercedes” (l’altro soprannome era “Marcinkus”), Inzoli è stato descritto come un "boss di Comunione e Liberazione." All’interno di CL Inzoli aveva rivestito cariche importanti: è stato il fondatore del Banco Alimentare, il vicepresidente della Compagnia delle Opere, l’animatore dell'onlus “Fraternità” (associata alla Compagnia delle Opere) e il confessore privato di Roberto Formigoni.

Nel 2012, con una decisione che aveva sorpreso più o meno tutti, la Congregazione per la dottrina della fede aveva disposto la riduzione allo stato laicale per “gravissimi comportamenti personali.” Secondo quanto riferito da alcune fonti a CremaOggi, don Inzoli “sarebbe stato accusato da alcuni genitori della parrocchia [la Santissima Trinità a Crema] di aver avvicinato sessualmente i loro figli.” I genitori, continuava l’articolo, avrebbero preferito rivolgersi direttamente al vescovo (e non alla magistratura) per chiedere la rimozione del sacerdote.

Sulla decisione delle autorità ecclesiastiche la Curia e CL mantengono il più stretto riserbo. La notizia cade velocemente nel dimenticatoio, anche perché Inzoli, che aveva presentato ricorso, sparisce. Poi, il 27 giugno del 2014, La Provincia di Crema rende pubblica la condanna definitiva comminata dalla Congregazione. A differenza del primo grado, Inzoli non viene spretato. Ma questa volta l’accusa è scritta nera su bianco. “In considerazione della gravità dei comportamenti,” si legge nel documento firmato dal cardinale Muller, “e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori, don Inzoli è invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza.”

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Dopo il (brevissimo) clamore suscitato dalla condanna vaticana, si viene a sapere che la giustizia italiana non ha mai aperto un procedimento penale su don Inzoli. Il deputato di Sel Franco Bordo e la Rete L’Abuso decidono dunque di presentare un esposto alla Procura di Cremona con cui si chiede l’apertura di un’indagine penale e la restituzione di “verità e giustizia” alla città.

Foto via Flickr.

Dal mondo ciellino, intanto, sul caso Inzoli non è mai arrivata una singola parola—né di condanna, né di sostegno. È come se, semplicemente, il prete che per vent’anni è stato “uno dei maggiori punti di riferimento di Comunione e liberazione in Lombardia” non fosse mai esistito.

Nel corso di questo Meeting il silenzio su Inzoli (che tra l’altro ha partecipato a diverse edizioni) è rimasto tale. E si capisce perfettamente come il fiume di inchiostro speso sul “rifiuto” di Renzi e (l’inesistente) abbandono della politica alla fine vada benissimo a Comunione e Liberazione, che in questi giorni è troppo impegnata a celebrare se stessa e a dire che "il Meeting è un'altra cosa rispetto alla politica" per fare realmente i conti con i suoi lati più scabrosi.

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