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L’inferno senza fine in cui ti ritrovi quando usi i mezzi pubblici a Roma

Spostarsi a Roma è un inferno, lo dicono tutti. Ma non te ne rendi davvero conto finché non devi programmare la tua vita in base ai mezzi. Dopo qualche anno di frequentazione quotidiana dell'Atac, ho provato a fare un bilancio
Termini. Foto via Flickr.

Quando ti trasferisci in una grande città come Roma e sei una diciannovenne di buone speranze, le aspettative sul tuo futuro metropolitano sono altissime. Immagini che davanti a te si prospettino anni di stimolante vita accademica, nuove amicizie, esperienze uniche e irripetibili. Poi però scopri che esiste una cosa di cui tutti ti hanno parlato ma alla quale hai sempre pensato come una leggenda: l'Atac, l'azienda dei trasporti cittadina.

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Un mostro a decine di teste che, nel giro di qualche settimana, ti pone davanti a un bivio esistenziale: scegliere di affrontarlo e sacrificare una buona percentuale della tua giornata, oltre che della tua pazienza, oppure semplicemente optare per la via della contemplazione distaccata. Le lezioni all'università? In fondo posso pure dare le materie da non frequentante. Uscire con gli amici? Ma sì, una volta al mese magari si può fare.

Ogni viaggio con l'Atac è un percorso fantastico in un mondo sorprendente di scandali, frodi di biglietti clonati dall'azienda stessa, debiti miliardari, parentopoli, mezzi che soffrono di autocombustione, e scioperi di vario tipo indetti con cadenza regolare. Su tutto questo incide poi l'enorme difficoltà di collegare una città come Roma, che negli ultimi trent'anni si è espansa in maniera incontrollata in ogni direzione.

In questa sua imprevedibile e selvaggia natura, dunque, l'Atac offre ai suoi abitanti moltissime possibilità di scelta. Dopo qualche anno di frequentazione quotidiana dei mezzi di trasporto città di Roma, ho provato a riassumerle in questo post.

METRO

Potrei quasi dire che, tra tutte le mie esperienze a contatto con l'azienda, quella legata alla metro è la meno disastrosa. Sono stata abbastanza fortunata da vivere vicino a una fermata e non dover prendere un altro mezzo per raggiungerla, e di conseguenza sfidare ulteriormente la sorte raddoppiando le variabili del percorso.

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Il piccolo problema della metro di Roma però risiede in un dettaglio: sono solo due linee. Anzi, la terza (la C) esiste, e in cinque anni ho visto aprire diversi cantieri, ma si ferma fuori dal centro e non c'è l'interscambio con le altre due linee—quindi, in pratica, la C serve solo ad avvicinare un pochino di più alla meta coloro i quali vivono nella periferia estrema.

La rassicurante scritta dei lavori della metro C. Foto via

Flickr.

Questa croce che si estende su Roma non tiene poi conto di tutto quello spazio all'interno dei quadranti tracciati dai piani cartesiani "linea A" e "linea B". Già Fellini nel suo Roma del 1972 aveva trattato lo spinosissimo tema del "eh ma se scavi a Roma trovi solo tesori, come la fai la metro?", quindi non ha senso addentrarsi nell'analisi del sottosuolo della capitale e delle conseguenze sui trasporti.

Vale la pena piuttosto soffermarsi sulle varie difficoltà che ho incontrato negli anni, partendo con l'apprezzare il magnifico e spudorato divario che esiste tra le due linee, la rossa e la blu. La linea rossa, ovvero la linea A, è tendenzialmente quella più turistica, avendo fermate come Piazza di Spagna e San Pietro. Questo porta in un certo senso a una maggiore efficienza, che si manifesta in vetture un po' meno vecchie. E basta. Mi è successo in diverse occasioni di rimanere bloccata a Termini in un orario di punta perché non sono riuscita fisicamente a entrare in due treni di fila, ad esempio. La linea blu, invece, è la linea sfigata, quella coi treni costruiti durante il Risorgimento.

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Entrambe le linee poi, condividono un punto di contatto. Uno solo, in tutta la città. Ho assistito più volte a scene in cui qualcuno rinunciava ai propri impegni in vista del cosiddetto "cambio a Termini", poiché Termini è un buco nero che raccoglie ogni incubo metropolitano, come tutte le grandi stazioni del resto. Solo che a Termini, per passare da una linea a un'altra, sei obbligato a fare un tuffo nella materia oscura. Non ho mai percorso lo stesso passaggio per più di due volte, c'è sempre una nuova deviazione, un nuovo tunnel, un nuovo cartello che dice a caratteri cubitali "STIAMO LAVORANDO PER VOI".

Prendere la metro a — Micaela Migliore (@MiglioreMicaela)June 13, 2016

L'atteggiamento del romano nei confronti della metro, però, è velatamente rispettoso: il biglietto per entrare lo devi fare per forza (a meno di non essere esperti di salto del tornello) e questo conferisce un vago sentimento di esclusività ai suoi passeggeri. A questo punto, si potrebbe quasi dire che la metro di Roma in fondo non è poi così pessima, che non è tanto diversa dalle altre metro delle altre grandi città. Potrebbe quasi essere relativamente vero, se non fosse che questa chiude i suoi battenti alle 23.30, lasciando un buco di sei ore nei trasporti—graziandoti però con una chiusura all'1.30 del fine settimana, che ha più o meno lo stesso effetto del coprifuoco che mi davano i miei genitori a sedici anni.

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AUTOBUS

Con gli autobus entriamo nel vivo della questione Atac. Rimango sempre stupita dalla totale imprevedibilità di questo mezzo di trasporto, che coi suoi 3.500 km di linee e le 7.000 fermate fa di Roma una delle reti su gomma più estese (e alienanti) d'Europa. Nonostante questi numeri, l'effetto paradossale che si crea è quello di avere mezzi sovraffollati in certe zone e orari, e il deserto totale in altre.

Mi capita molto spesso di aspettare un autobus per un'ora intera e di vederlo spuntare all'orizzonte talmente tanto pieno da non poterci entrare. Innumerevoli volte poi, mi sono passati davanti file di autobus con cartelli scritti a mano su fogli protocollo di "guasto" o "deposito".

Il fatto che gli autobus coprano distanze lunghe, siano così lenti e, quando in funzione, ambitissimi, fa inoltre sì che alcuni scelgano di stabilirvisi a tempo indeterminato: per un anno circa ho avuto l'onore di condividere il viaggio sul 714, autobus che porta da Termini all'Eur, con un signore di nome Piero che per l'intera durata del tragitto intratteneva tutti con lunghissimi monologhi autobiografici recitati con sorprendente pathos, conclusi sempre con una proposta di matrimonio ad una fortunata dal pubblico.Categoria umana altrettanto importante è ovviamente quella dei conducenti, oggetti di tributi video come il seguente:

All'autobus dunque, essendo considerato più un carro bestiame che un mezzo di trasporto, ci si approccia con scettico distacco senza tenere minimamente in considerazione l'opzione di timbrare il biglietto o di trattenersi dall'attacco al conducente, magari anche per spirito di rivalsa nei confronti dello stato di frustrazione in cui ci si ritrova dopo anni di rapporti forzati con Atac.

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NOTTURNO

Dunque, come risolviamo il problema della metro che chiude alle 23.30? Come si torna a casa dopo una serata a Roma nord se vivi a Roma sud e non hai la Smart? Semplice, il notturno. Se per l'autobus normale devi tenere in conto, oltre al tempo che impiega a trasportarti da un luogo a un altro, almeno una mezz'ora abbondante di attesa (per essere ottimisti), con il notturno si gioca in tutt'altra categoria. Non esiste un tempo di attesa massimo, esiste solo l'attesa. Un'attesa che mi ha spesso portata a interrogarmi sull'esistenza stessa del notturno.

Una volta che riesci a trovarne uno, poco importa che sia il tuo, sali. Altra bizzarra caratteristica di questa versione oscura dell'Atac è l'atteggiamento di totale spericolatezza dei suoi autisti: passata la mezzanotte, ho visto conducenti adottare lo stile "guida di un fuoristrada nel deserto," con l'aggiunta dei sampietrini (che nel caso in cui non fosse chiaro sono estremamente determinanti dell'andamento di un mezzo) e dei colli romani.

TRAM

Dopo i primi anni passati a snobbarlo, a un certo punto mi sono ritrovata sopra un tram. Molto romantico, molto carino, il tram può illuderti per qualche minuto di aver scovato il mezzo che veramente ti appartiene per spostarti nella capitale. Inutile dirlo, mi è bastato poco per tornare coi piedi a terra e rendermi conto di essere al Verano ad aspettare da mezz'ora il tram che non arriva—ma in compenso arriva una navetta che mi porta poco più avanti e poi mi fa scendere a metà strada per farmi salire su uno dei tre tram che nel frattempo sono arrivati spingendosi l'uno sull'altro, direzionati sulle rotaie dalle nude mani degli autisti che si sono reinventati tecnici all'occorrenza smontando e rimontando pezzi di ferro dal manto stradale con strani attrezzi.

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Suore sul tram. Foto via

Flickr.

Attenzione però, sono tutti con corsa limitata. Raramente ho preso un tram che rispettasse effettivamente le sue fermate: c'è sempre una variabile nel percorso da tenere in conto che ti viene imposta contro la tua volontà, e non poche volte me ne sono resa conto quando ormai era troppo tardi.

Al suo interno si crea un meraviglioso habitat ibrido con il calore umano dell'autobus e i suoni della metro B. Ci sarebbe anche da sfatare il mito secondo il quale sui tram i controllori non salgono: non è vero, salgono e, dopo aver fatto la multa a una ragazza, li ho sentiti dire "Me fai vede' er nome di quella pischella? Stasera l'aggiungo su Facebook."

TRENI

Una piccola parentesi nella mia esperienza con l'Atac è quella dei treni. Fortunatamente non ho mai avuto casa fuori città, dunque non ho mai veramente vissuto l'esperienza del pendolare. Eppure, quelle poche volte in cui mi sono ritrovata nel famoso treno Roma-Lido ho avuto modo di tastare con mano la condizione di tutte quelle persone che ogni giorno si stipano dentro un treno privo di ossigeno, che aspettano fiduciosi per ore, che hanno imparato a convivere con gli innumerevoli guasti.

La — il treno roma lido (@iltrenoromalido)16 settembre 2016

A testimonianza di quanto possa essere drammatico il rapporto tra questo mezzo e i suoi utenti, esiste un account twitter che raccoglie tutte le disavventure di chi ne fa uso. La peculiarità di questo treno è che raccoglie al suo interno lavoratori, studenti, ma anche molti passeggeri che stanno semplicemente andando al mare, creando così coi loro ombrelloni una strana atmosfera di villeggiatura.

La linea FL1, invece, è notoriamente oggetto di stupore per tutti quei turisti che hanno scelto di risparmiare sul biglietto per l'aeroporto e di non prendere il lussuoso treno Leonardo. Chi ne fa uso regolarmente è rassegnato a tutte le caratteristiche che accomunano ogni mezzo di trasporto romano: ritardi, sporcizia, guasti. Solo che a queste si aggiungono anche giganteschi trolley che bloccano ogni passaggio o che precipitano in testa ad ogni frenata.

TRENINO TERMINI-GIARDINETTI

È lui l'unica vera oasi di felicità del trasporto pubblico romano. Con i suoi vagoni gialli anni Ottanta, il trenino della speranza riesce quasi sempre a passare con una discreta puntualità, non è così spesso talmente affollato da non riuscire nemmeno a entrarci, al contrario di metro, autobus e tram, e ha una certa stabilità nel modo in cui trasporta i suoi passeggeri che sebbene sballottati al suo interno riescono a trovare un sedile che li accolga.

Unico problema: percorre un tratto brevissimo di città ed è, ahimè, anche lui soggetto agli effetti di quella sottile linea che collega tutti i tentacoli dell'Atac: gli scioperi. Eppure, in questi anni di mezzi pubblici romani, il trenino è stato l'unico a infondere in me e negli altri abitanti della capitale quel briciolo di speranza in un mondo di mobilità più giusto che ci permette di andare avanti, verso Termini. Tranne nelle ore di punta, ovviamente.