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Siamo stati alla manifestazione "Nessuno tocchi Milano"

Dopo il corteo del primo maggio, molti milanesi sono scesi in strada per ripulire i muri del centro dalle scritte. Siamo andati a vedere chi ha partecipato all'evento e capire quanto questa nuova "coesione" sia reale.

Come tutti sappiamo, il primo maggio, durante la manifestazione in concomitanza con l'apertura dell'Expo, Milano è stata sfondo dei disordini causati da una minoranza del corteo No Expo che, tra macchine bruciate e vetrine sfondate, ha lasciato una grande quantità di scritte sui muri di alcune vie del centro.

Mentre la politica italiana si scatenava in prese di distanza, condanne, strumentalizzazioni e solidarietà, la narrativa di "Milano resiste contro i vandali" ha iniziato a dilagare su social e giornali, e già sabato in molti annunciavano di essere scesi in strada per pulire le strade insieme all'Amsa e i vigili del fuoco.

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Così, se sul Corriere della Sera Beppe Severgnini equiparava la pulizia stradale a una forma di "pulizia mentale"—scrivendo che "i milanesi, e con loro tutti gli italiani perbene, hanno deciso in fretta: non si può darla vinta a certa gente"—la giunta milanese invitava i cittadini a riunirsi sotto il glorioso hashtag #nessunotocchimilano.

Sull'evento Facebook appositamente creato per il 3 maggio 2015 si legge: "Scenderemo in strada 'armati' di spugne e detersivo, per dare un contributo e ripulire dalle scritte e dai danni quanto ancora rimane da sistemare." Ma a riprova del fatto che l'iniziativa era sostanzialmente calata dall'alto, anche il Partito Democratico di Milano lanciava la chiamata alle armi su Facebook, chiedendo una "mobilitazione civica per restituire la città ai milanesi."

Il premier Matteo Renzi, parlando alla festa dell'Unità a Bologna, aveva dato il suo placet alla manifestazione: "Mentre quelli coi rolex distruggono le vetrine, i cittadini puliscono la città."

L'appuntamento dunque era stato fissato per le 16 in piazza Cadorna, e io ho deciso di andare a vedere per cercare di capire se la retorica si sarebbe trasformata in azione e quanto di questo entusiasmo avrebbe riguardato anche Expo.

Alle 15:30 in piazza c'è già qualche centinaio di persone. L'età media è piuttosto alta, ma anche l'umore lo è. Alcuni sono arrivati muniti di guanti e spugne, altri hanno preso metaforicamente la pulizia, e per loro c'è un camioncino della giunta che fornisce le varie attrezzature—anche se in qualche minuto sono già terminate.

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L'arrivo di Pisapia è programmato per le 16, così approfitto dell'attesa per fare qualche domanda ai presenti. La prima persona con cui parlo è una ragazza del gruppo "Bella Ciao Milano", che ha aderito alla manifestazione.

"Non sono qua per Expo, sono qua per la città di Milano. Io non sono contro Expo e non ho niente contro la manifestazione di ieri, ma di certo non credo che affossare l'iniziativa con della violenza sia il modo per far risaltare questi temi," mi dice. "Anzi, la violenza ha fatto passare in secondo piano i contenuti che sono anche condivisibili e parte della realtà di Expo, meritano una riflessione."

Continuo a girare per la folla, che nel frattempo si fa più numerosa. "Le violenze sono sbagliate, come modo di protestare. Protestare contro Expo può essere condivisibile. Oggi non si sta difendendo Expo, al limite il modo di manifestare, e Milano come milanesi," mi dice deciso un signore. La sua sembra l'opinione dominante, e viene confermata da altre persone a cui pongo delle domande.

Qualche minuto dopo le 16 appare Pisapia e si dirige verso il piccolo palco dal quale parlerà, dando ufficialmente il via al corteo.

Mentre la gente sgomita e si accalca intorno al palchetto trovo un uomo con la maglietta NO EXPO, una delle poche note di spicco tra la moderazione che sembra farla da padrona, e folgorata dalla visione mi avvicino per fargli qualche domanda.

"[ Questa maglietta], credo sia un segno dovuto per la città, per affermare che c'è un mondo diverso dai partiti come PD e Sel, che non ha preso posizione rispetto a quello che è successo l'altro ieri, diverso da chi non riesce a fare altro che buttare giù tutto. È un modo per dissociarmi da quello che è successo, mi sembra importante."

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Pisapia parla per circa dieci minuti, usando un megafono su cui sicuramente la giunta non ha investito molto, e alla fine del suo discorso—di cui non riesco a cogliere neanche una parola—riceve applausi contenuti ma convinti.

Il corteo comincia a sfilare in via Carducci, nel percorso che prevede di ripercorrere a ritroso le strade del centro battute dal corteo del primo maggio, e con il procedere si fa più affollato—i numeri parleranno di 20.000 manifestanti.

Davanti, capeggiati da Pisapia, sfilano persone ben vestite e di mezza età. Mi sembra il classico elettorato di Renzi, ma alla domanda diretta non fanno outing e non si lasciano andare a nessuna dichiarazione sulle varie appartenenze politiche.

Ancora regna la coesione, e le risposte sono tutte simili a quella che mi dà una signora a cui chiedo il motivo della sua presenza: "Per un gesto di civiltà, per amore di Milano, niente a che vedere con Expo."

La pulizia dei muri avviene in coda al corteo, ed è affidata soprattutto ai giovani. Quelli che si sono riforniti da un camioncino del comune strofinano i muri con tute da apicoltori passate dalla giunta, spugnette e secchi.

Poi c'è anche chi si organizza con modi un po' più caserecci. Chi usa lo sgrassatore liquido al sapone di Marsiglia, chi indossa guanti di pelle, e chi ha deciso di porre fine al problema con un secchio di vernice grigia. Le A cerchiate, le scritte "No Expo," "autonomia diffusa," "debito, cemento, precarietà," e "Carlo vive" scompaiono difficilmente.

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In una strada laterale avvisto degli scout. Anche loro sono a ripulire per "aiutare la nostra città," mi spiega una ragazza. "Ed è anche un contributo per aiutare i cittadini, otre a essere un discorso di rispetto. Io sono pro Expo ma non mi interessa tutto il trambusto che c'è dietro: a me l'idea piace."

Questa frase viene interrotta da un'altra ragazza, che chiarisce: "Non parla a nome di tutto il gruppo, ognuno ha la sua idea. Io personalmente sono contraria a Expo, ed ero alla manifestazione ieri con i pacifici. Proprio per questo sono scesa in piazza oggi: sono due cose separate le persone che hanno fatto questo schifo e la gente che manifesta pacificamente."

Tra le persone con molta voglia di parlare c'è anche uno studente. "L'Expo ha portato dei problemi tipo i black bloc e la paura dell'ISIS, però da la possibilità di far girare l'economia, almeno a Milano che è la capitale dell'economia italiana. Poi lavorando nel ristorante ho visto che in questo periodo sto lavorando il doppio di quello che si fa normalmente, e sono a Novate Milanese. Ha dato anche possibilità alle persone che non stavano lavorando. Io sono qua per difendere Milano, ma Expo e Milano sono correlate, dal mio punto di vista la manifestazione è una stronzata, ecco mi è uscita proprio dal cuore." Anche lui si dichiara apolitico, e apertamente expottimista.

Quest'unità di pensiero è talmente forte che, appena un'attivista No Expo non mostra troppo zelo sull'iniziativa, viene contestata dai cittadini-pulitori a suon di "prendi la spugna e vai a lavorare," "l'Expo dà da mangiare alle persone" e "sei una merda."

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Dal canto mio, provo a fare qualche domanda incalzante, e mi considero soddisfatta dopo che una distinta signora, alla domanda: "Sarebbe stata presente lo stesso se fosse stato Salvini a organizzare questa manifestazione?", mi risponde candidamente "col cazzo."

Intento a pulire incontro anche un rappresentante del movimento ReTake Milano, i nemici giurati dei writer. "Siamo qua per ripulire il casino che hanno fatto alcuni idioti. Siamo favorevolissimi a Expo ma non c'entra niente, è una questione civile. Io abito a Milano e sono venuto a dare una mano."

Alle 17 e 30 imbocchiamo corso di Porta Ticinese. Il corteo è quasi arrivato alla fine, il clima è ancora benevolo e di decisa condanna, e alcuni ragazzi dei negozi—alla vista di spugnette e sgrassatori—escono preoccupati a difendere le scritte sui loro muri, che stavano lì prima del corteo di venerdì.

Il corteo si conclude qualche minuto dopo in piazza XXIV Maggio. Pisapia, ormai diventato un eroe, dal palco ringrazia i cittadini e parla di risorgimento di Milano, questa volta con apposito microfono che lo rende quasi comprensibile.

Si innalzano altri cori che invocano il suo nome e gli chiedono di ripensare a un'altra candidatura. Dopo di lui è il turno sul palco di Roberto Vecchioni, inneggiato e proposto come nuovo sindaco, e, tra gli altri, di Claudio Bisio.

Tra le ultime persone con cui parlo c'è una ragazza il cui commento, nel momento stesso in cui scrivo, torna con una certa frequenza sul profilo Facebook dell'evento: "Io ero qua perché speravo di fare qualcosa, però non abbiamo fatto niente: abbiamo solo sfilato. Sembrava un comizio per le prossime elezioni comunali. Ci han dato questi strumenti per pulire, noi eravamo con la protezione civile, però nessuno sapeva che fare. Siamo arrivati qua aspettandoci di trovare camioncini dell'AMSA che ci dessero indicazioni, e invece è diventato un comizio."

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La piazza, nel frattempo, si svuota velocemente.

L'ultima dichiarazione che raccolgo è di una sentinella antidegrado, e il suo commento riassume e rispecchia la stragrande maggioranza di quelli raccolti in giornata: "Volevamo dare una risposta chiara al fatto che Milano non si tocca, non può essere deturpata da quattro pirla che si nascondono dietro a un cappuccio e una maschera, quindi la risposta è stata bellissima. Ognuno è libero di manifestare, in maniera pacifica. Questo di oggi è un gesto di civiltà per Milano."

La manifestazione è ormai conclusa, ed è tempo di andare. Se i muri di Milano appaiano meglio con le scritte o con le patacche di chi ha provato a pulirle, non lo so. Probabilmente ci sarà da rimetterci le mani. A qualcuno, comunque, l'iniziativa #NessunoTocchiMilano è sembrata addirittura "l'atto di nascita dell'Italia che sceglie Renzi."

Le conclusioni che traggo io da questa giornata, invece, sono che Vecchioni tra le signore tira sempre, Pisapia è il vincitore morale, i milanesi sono apolitici, e le discussioni su Expo sembrano essere già passate in secondo piano.