Già da un po' di tempo in ufficio ha preso corpo un dibattito sui miei capelli. Di che colore sono? Di mio, li ho sempre chiamati “biondo cenere”; alcuni dicono rossi, ma sarebbe troppo bello per essere vero; altri mi passano il termine inglese, “strawberry blond” o “Venetian blond”, ma non è vero; io sapevo anche “brond”, cioè una crasi tra brown e blond che suggerisce un azzeccatissimo “biondo merda”.
E insomma, volente o nolente, ho dovuto riconoscere ai capelli una certa rilevanza. I capelli sono importanti, anche perché lo diceva Nicolò Fabi—artista che ammiro moltissimo, in primis per il suo impegno in campo tricologico. A questo punto, dunque, nella scala dei miei valori esistenziali, hanno acquistato una posizione di estremo prestigio i parrucchieri, gli esperti dei capelli. Devo ammettere che—soprattutto lA parrucchierA—non è una tipologia umana con cui mi sento a mio agio: il loro mestiere è tagliare la parte di me di cui sono più fiera, ma che ogni tanto, per igiene e necessità, deve essere tosata. La cosa peggiore è che per alleviare il dolore di cotanta perdita, i parrucchieri parlano. Tantissimo.
Ma i barbieri no. I barbieri sono una tipologia umana in estinzione, e proprio per questo, preziosissima. Un pomeriggio sono andata a fare un giro per vedere se qualcuno di loro aveva voglia di comunicarmi la propria eccezionalità: così ho scoperto che i barbieri sono anche vagamente sospettosi, e tra uno che dormiva, uno che voleva essere pagato, un altro che mi ha sbattuto la porta in faccia, due hanno accettato di rispondere alle mie domande.Il signor Benito (ho preferito non indagare sulle origini del suo nome) passa un sacco di tempo al bar. Ha sistemato il negozio con le sue cose. C'è tutto: Karol Wojtyla, le stalattiti, un mappamondo, il tricolore, una foto di Elvis Presley, una foto di Ricky Martin, una specie di cucù peruviano. È nato nel 1936 a Fabriano, ma ormai è una vita che sta a Milano. E ha passato la sua vita a tagliare i capelli alla gente.Buongiorno signor Benito. Da quanto tempo fa questo mestiere e perché?
Io volevo fare il meccanico, mi piacevano le moto, ma mia madre non voleva perché è un lavoro sporco. Dopo la guerra ho fatto l'apprendista, avevo 12 anni, e a quei tempi s'insaponava e si tagliava e basta. Ho iniziato tagliando i capelli ai contadini, così, in giro, in campagna. E all'inizio è difficile, fanno male le dita perché bisogna usare le forbici veloce veloce, per tagliare in fretta e con precisione. Questo lavoro mi piace, perché passi la giornata e parli con le persone. Ti raccontano le loro storie. Si parla sempre di tutto, di sport, delle ferie, della campagna, di donne. Eh, siamo tra uomini. Senza le donne siamo rovinati! Da quando ha iniziato, come sono cambiati i suoi strumenti di lavoro?
No, no, non sono mai cambiati! La gente vuole le macchinette, zac, tutto via subito. Ma non va bene! Non si può gestire il taglio, è pericoloso, se ti scappa non sai cosa può venirti fuori!Cosa succede alle forbici usate?
Io le affilo, ma sono all'antica! Gli altri le buttano, ne prendono di nuove. Ma a me non piace buttar vie le cose. Il suo lavoro mi fa un po' paura: con le sue mani ha a che fare con lame e teste di persone.
Ahah! Una volta che si prende la mano è semplice. Però bisogna stare attenti, con le mani bagnate scivola tutto.Purtroppo il barbiere con la vetrina più estrema (poster degli *Nsync + lozioni contro l'alopecia) stava dormendo nel retrobottega, e non sembrava carino svegliarlo. Alla fine mi sono imbattuta nel signor Nicola. Ha un negozio fantastico, con una porta a striscioline pelose con sopra disegnati pettine e forbici.Salve signor Nicola. Il suo è un mestiere particolare. Come ha vissuto il cambiare delle mode, da quando ha iniziato?
Il mio taglio preferito è quello all'italiana: all'indietro con la riga di lato. Come Rodolfo Valentino! La mia, poi, è una clientela meravigliosa, non mi chiede mai niente di strano, verde, blu, rosso. Sono trent'anni che mi sopportano! È gente di fiducia, di quartiere, capita anche che mi chiamino la domenica. Alcuni clienti me li porto dietro anche dal paese in cui sono nato, vicino a Caserta, San Felice a Cancello, dove si ammazzano tre volte al giorno. Vale la regola “dimmi che capelli hai e ti dirò chi sei”?
È chiaro, per strada noto i capelli delle persone, se sono tagliati bene, se si curano. Ma non giudico le persone in base al mio mestiere.Tutti i parrucchieri in cui sono stata sono calvi. Come si spiega questo fenomeno?
Ma quelli sono i parrucchieri! Io sono un barbiere. Non abbiamo di questi problemi, noi. E comunque, io sono ben messo! In questi tempi che si dicono “di crisi” come stanno andando i suoi affari?
Il nostro lavoro non interessa più a nessuno, è l'artigianato in generale che ha sempre meno spazio. Ma comunque la crisi non ci tocca: finché crescono i capelli, non c'è crisi!
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Io volevo fare il meccanico, mi piacevano le moto, ma mia madre non voleva perché è un lavoro sporco. Dopo la guerra ho fatto l'apprendista, avevo 12 anni, e a quei tempi s'insaponava e si tagliava e basta. Ho iniziato tagliando i capelli ai contadini, così, in giro, in campagna. E all'inizio è difficile, fanno male le dita perché bisogna usare le forbici veloce veloce, per tagliare in fretta e con precisione. Questo lavoro mi piace, perché passi la giornata e parli con le persone. Ti raccontano le loro storie. Si parla sempre di tutto, di sport, delle ferie, della campagna, di donne. Eh, siamo tra uomini. Senza le donne siamo rovinati! Da quando ha iniziato, come sono cambiati i suoi strumenti di lavoro?
No, no, non sono mai cambiati! La gente vuole le macchinette, zac, tutto via subito. Ma non va bene! Non si può gestire il taglio, è pericoloso, se ti scappa non sai cosa può venirti fuori!Cosa succede alle forbici usate?
Io le affilo, ma sono all'antica! Gli altri le buttano, ne prendono di nuove. Ma a me non piace buttar vie le cose. Il suo lavoro mi fa un po' paura: con le sue mani ha a che fare con lame e teste di persone.
Ahah! Una volta che si prende la mano è semplice. Però bisogna stare attenti, con le mani bagnate scivola tutto.
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Il mio taglio preferito è quello all'italiana: all'indietro con la riga di lato. Come Rodolfo Valentino! La mia, poi, è una clientela meravigliosa, non mi chiede mai niente di strano, verde, blu, rosso. Sono trent'anni che mi sopportano! È gente di fiducia, di quartiere, capita anche che mi chiamino la domenica. Alcuni clienti me li porto dietro anche dal paese in cui sono nato, vicino a Caserta, San Felice a Cancello, dove si ammazzano tre volte al giorno. Vale la regola “dimmi che capelli hai e ti dirò chi sei”?
È chiaro, per strada noto i capelli delle persone, se sono tagliati bene, se si curano. Ma non giudico le persone in base al mio mestiere.Tutti i parrucchieri in cui sono stata sono calvi. Come si spiega questo fenomeno?
Ma quelli sono i parrucchieri! Io sono un barbiere. Non abbiamo di questi problemi, noi. E comunque, io sono ben messo! In questi tempi che si dicono “di crisi” come stanno andando i suoi affari?
Il nostro lavoro non interessa più a nessuno, è l'artigianato in generale che ha sempre meno spazio. Ma comunque la crisi non ci tocca: finché crescono i capelli, non c'è crisi!