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vita vera

Come te Muccino mai - Occupare a scuola nel 2014

Il Tasso, il liceo romano occupato dagli studenti il primo dicembre, è diventato uno dei simboli della protesta di questi giorni. Abbiamo fatto un giro nella scuola per vedere che aria si respira in un'occupazione dell'anno 2014.

​Foto di 

​Niccolò Berretta.

Qualche giorno fa Davide Faraone, sottosegretario all'Istruzione del governo Renzi, ha inviato una ​lettera alla Stampa in cui le occupazioni scolastiche che si stanno svolgendo in questi giorni un po' ovunque vengono definite "una lotta all'apatia." "Non basta il suono di una campanella per fermare l'energia che si crea, cresce e muove in una scuola per poi contagiare il mondo fuori," spiega Faraone in un lessico che pare la media aritmetica tra Steve Jobs e Federico Moccia. "Ho partecipato anche io ad occupazioni ed autogestioni scolastiche. Esperienze di grande partecipazione democratica che ricordo con piacere." Anche perché, ci spiega poi: "Chissà quanti sono diventati leader in un'azienda, dopo essere stati leader durante un'occupazione studentesca." Eh già, chissà.

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Il paradosso di un esponente di governo che a parole elogia una forma di protesta come l'occupazione, dimenticandosi incidentalmente che quelle occupazioni sono contro il suo stesso governo, può probabilmente essere interpretato in due modi distinti:

​a) Come grottesco ultimo stadio della retorica renziana, quella della rottamazione senza se e senza ma contro qualsiasi entità o soggetto che puzzi di "vecchio", perché noi siamo i giovani e siamo creativi e un sacco vitali e voi c'avete rotto er cazzo e quindi cambia verso, break the rules, think different, stay hungry, I'm lovin'it, just do it;

​b) Come involontario esito del pantheon culturale caro al nuovo PD, che come il suo líder máximo  ​ci ha spiegato va da De Gasperi agli U2 passando da quel che capisco per Gabriele Muccino; leggete per bene la lettera di Faraone, e ditemi se non sembra la trama di Come te nessuno mai: "Quanti amori si sono consumati in quei sacchi a pelo e quante ragazze o ragazzi hanno trovato la propria anima gemella," sospira il sottosegretario. Certo, già che c'era poteva pure spendere due parole sulle canne.

Le parole di Faraone non hanno comunque fatto piacere a Maria Letizia Terrinoni, preside del liceo Tasso di Roma, che ha reagito alle "gravissime dichiarazioni" del sottosegretario organizzando un sit in davanti al Ministero dell'Istruzione. Di conseguenza il Tasso, il prestigioso istituto della Capitale occupato dagli studenti lo scorso primo dicembre, è suo malgrado diventato uno dei simboli della protesta di questi giorni. Decidiamo quindi di fare un salto nella scuola in cui a suo tempo studiarono Andreotti, Veltroni, i figli di Mussolini e pure Gasparri, per vedere che aria si respira in un'occupazione dell'anno 2014.

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Quando arriviamo, troviamo una piccola folla (si fa per dire: diciamo una quindicina di persone) composta da professori e genitori che protestano contro l'incontro previsto in mattinata all'interno del liceo: un'assemblea degli studenti assieme a Pippo Civati, per discutere di Jobs Act e La buona scuola, l'iniziativa lanciata dal governo con una grafica che pare presa da un menù di Eataly.

E in effetti Civati è lì, a lato del portone, indeciso sul da farsi: "Pippo," gli facciamo, "che intenzioni hai?" E lui ci spiega che vorrebbe tanto confrontarsi con gli studenti, ma che il niet dei professori anti-occupazione l'ha spiazzato. "Sono pure parecchio antipatici," si lascia scappare a un certo punto, e in effetti il capannello guidato dalla preside Terrinoni trasmette un che di isterico, più che di irritato; a confronto, gli studenti che tentano di mediare sperando che la cosa non conduca a un quattro in condotta a fine anno, sembrano dei composti spettatori di uno psicodramma autunnale.

Il fatto, ci spiegano con pazienza i professori, è che l'occupazione è un atto illegale; e loro, in quanto rappresentanti delle istituzioni, non possono permettere che la scuola di cui tengono le redini venga profanata da un branco di minorenni senza permesso dei genitori.

Chiedo a una professoressa particolarmente infervorata se lei, da studentessa, non abbia mai partecipato a un'esperienza del genere, e lei mi risponde che "sì, quando ero giovane di occupazioni ne ho fatte anch'io, figuriamoci." Ovviamente a questo punto c'è un però: quando le occupazioni le faceva lei, erano una cosa seria. Non come adesso, che gli studenti non sanno manco di cosa parlano, e che tutto è diventato "un mélange." Un mélange? "Un mélange, dai. Destra e sinistra." Destra e sinistra che? "Che non esistono più! È tutto un mélange!" Forse era la professoressa di francese.

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Alla fine comunque Civati se ne va, la preside entra di imperio nell'istituto, gli studenti ribadiscono che non hanno intenzione di disoccupare, la preside se ne va pure lei, il corpo insegnante confabula commentando sconsolato il grave episodio, e noi contrattiamo con gli occupanti un giretto all'interno per scambiare due chiacchiere e tornare coi ricordi ai tempi belli dell'adolescenza.

In fondo le occupazioni le abbiamo fatte anche noi, anche se forse era già tutto un mélange e accidenti, per qualche fortuito caso della vita non siamo nemmeno diventati leader d'azienda. (Però il nostro fotografo già torna con sguardo languido a quando, in un'occupazione svoltasi in quello stesso istituto anni prima, trascorse non meglio precisate notti di passione: un punto per Faraone, bisogna dirlo).

All'interno del Tasso, l'atmosfera è concitata; ci sono ragazzi che corrono da un'aula all'altra, corsi da programmare, assemblee last minute, una manifestazione annunciata assieme agli studenti del vicino liceo Righi che forse si fa e forse no, e poi c'è anche un altro elemento che in casi del genere non manca mai: i plumcake fatti in casa dalla mamma di uno degli occupanti. Vengono venduti a un euro l'uno per finanziare le spese di autogestione: sosteniamo la causa acquistandone uno al cioccolato. Restiamo anche d'accordo che non faremo foto di volti o persone, e che soprattutto nel pezzo che state leggendo non faremo nomi: mica siamo spie, noi.

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Comunque: tra sacchi a pelo sparsi e campanelle che suonano perché "sono programmate e non c'è modo di spegnerle," è quel tipo di caos organizzato che quasi per miracolo tiene in piedi qualsiasi occupazione scolastica degna di questo nome.

I ragazzi ci mettono al corrente degli impegni previsti in giornata, e il programma è di tutto rispetto: mentre noi parliamo, un paio di aule oltre c'è Francesco Bei della Repubblica a illustrare i dettagli del Jobs Act. Più in là è previsto un dibattito sulle carceri in Italia, e un altro ancora sul femminicidio. Si sta trattando per la presentazione della rivista Contropiano e anche per un incontro con Ilaria Cucchi, a cui è evidente che gli studenti tengono moltissimo. Poi sì, in serata è prevista la proiezione di X Factor, ma insomma, uno dovrà pur riposarsi.

Altri ospiti previsti sono dei rappresentanti FAO. Si tratta con giornalisti, esperti di vario genere, esponenti di associazioni… I ragazzi, bisogna dirlo, hanno gli agganci giusti: il Tasso è un liceo di prestigio, anche se gli occupanti respingono qualsiasi sospetto di scuola d'élite; una delle studentesse con cui parliamo ci informa che viene da Colli Aniene, piena periferia Est a due passi da Centocelle. Ma c'è anche gente che viene da Ostia, o persino da fuori Roma. Le differenze di censo si fanno ovviamente sentire, ma tendono a essere stemperate; e l'occupazione, è uno di quei momenti in cui idealmente all'interno della scuola si azzerano gerarchie e divari di classe (sociale, non scolastica).

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L'età media ci pare di capire sia dai 16 ai 18 anni, equamente divisi tra maschi e femmine; c'è pure qualche quattordicenne che ci viene indicato con un certo orgoglio. Dal punto di vista politico, i ragazzi con cui parliamo occupano uno spettro che idealmente va dai coordinamenti di base ai simpatizzanti di SEL, ma sono riferimenti che lasciano il tempo che trovano e che non si concretizzano in aree di appartenenza precise.

Ci informano che all'interno della scuola l'attività di formazioni neofasciste come Blocco Studentesco è nulla, perché il Tasso è storicamente di sinistra: "mica siamo il Giulio Cesare," puntualizzano risentiti, anche perché il Giulio Cesare, oltre che di destra, è la scuola-rivale per antonomasia (lì ci hanno studiato Venditti, Pannella e pure il Piotta. E Moccia, giusto).

Il che non toglie che, appena un paio di giorni prima, uno degli occupanti sia stato vittima dell'immancabile aggressione fascista, avvenuta per mano di due militanti di estrema destra ultraventenni, nei confronti di un biondo minorenne che aveva cercato di impedirne l'entrata nella scuola. Ma anche qui, la stessa vittima dell'aggressione tende a minimizzare: più che militanti neofascisti, erano "teppisti e basta," una curiosa coincidenza che chissà perché si perpetua da decenni.

Le occupazioni degli studenti medi vengono di solito trattate con una certa accondiscendenza, non solo dagli insegnanti per i quali "ai miei tempi era diverso," ma anche da stampa e commentatori. Un diciassettenne che si interroga sui temi della politica e del rapporto tra generazioni viene perlopiù interpretato come una caricatura di figure d'altri tempi, e persino la lettera di Faraone non può fare a meno di ritornare sul cliché del giovincello viziato che in famiglia ha sentito troppi aneddoti sul '68: "Quando non sono la moda del liceo dei fighetti, non sono fatte per scimmiottare i loro padri e i loro nonni, quando non sono la ripetizione stanca di un rito d'altri tempi; quando non sono caricature, le occupazioni e le autogestioni sono fenomeni spontanei e vanno prese sul serio."

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Resta da capire chi è che decide quale sia l'occupazione giusta e quale no: forse, azzardiamo noi, gli studenti stessi? Ad ogni modo il documento preparato dagli occupanti del Tasso elenca i vari punti alla base della protesta: "dissenso verso l'attuale governo, presieduto da Matteo Renzi, soprattutto per quanto riguarda le misure attuate per il mondo del lavoro e della scuola"; rifiuto dell'entrata "di aziende e cittadini privati" in contesti in cui non verrebbe garantito "un apprendimento disinteressato"; critica al Jobs Act, perché "non è lontano il momento in cui entreremo nel mondo del lavoro," e mentre il governo assicura che "un licenziamento più facile favorirebbe l'occupazione," è altrettanto certo che "questa politica di flessibilità rispetto ai diritti dei lavoratori va avanti dal 2007 [ qui forse entra in gioco la giovane età: in fondo, nel 1995 del pacchetto Treu questi studenti ancora non erano nati], e la disoccupazione è solamente aumentata."

"Riusciremo ad abbattere ogni muro dando voce alle nostre idee," si conclude il documento del Tasso. Ma quello che più inebria gli occupanti è la sensazione di essersi "ripresi la scuola", uno spazio che in teoria agli studenti appartiene di diritto, e che nella prassi quotidiana può assomigliare a una forma più o meno morbida di carcere (una metafora alla quale i ragazzi annuiscono entusiasti), con tanto di spazi di costrizione, tempi contingentati, sanzioni implicite ed esplicite, e persino permessi premio. Quando occupi scuola, spiega uno dei ragazzi, "impari prima di tutto a conoscere il posto. Lo scopri. E poi conosci gente, altri ragazzi che nell'orario di lezione non incontreresti mai, e che invece frequentano la tua stessa scuola, come te, tutti i giorni, per anni."

Il bizzarro endorsement del sottosegretario Faraone, che letto superficialmente sembrerebbe echeggiare proprio questo sentimento "di partecipazione", strappa com'è ovvio qualche risata, per il banalissimo motivo che "è contro il suo governo che occupiamo. Renzi e gli altri sono tutti molto bravi a parlare, la loro retorica è bellissima. Ma all'atto pratico non si distinguono in quasi niente da Monti e Letta." Però è soprattutto l'immagine delle occupazioni quali incubatrici di leader d'azienda e imprenditori della politica, a tradire il malinteso su cui regge tutta la lettera del sottosegretario.

Cioè, immagino che lui, quando a suo tempo occupò scuola, già la vedesse così: sui giovani proto-PD che tra i banchi si preparano all'assalto ai piani alti della politica, mi sono in effetti ​dilungato altrove. Ma assieme alla scoperta degli spazi, al contatto coi coetanei, al livellamento delle differenze di classe, ai plumcake a un euro, ai corsi su Stanley Kubrick e alle esplosioni ormonali tra i sacchi a pelo sui banchi, un'occupazione significa anche la sospensione di un altro dei caratteri su cui fonda l'istituzione-scuola: la competizione. Non voglio dire che sia il caso di ritirare fuori l'Avviso agli studenti di ​Raoul Vaneigem (anche se poi, che ci sarebbe di male? L'ho riletto prima e l'ho trovato persino più bello di quando lo spulciavo a ricreazione); però di sicuro il libro di testo di riferimento non l'ha firmato Muccino.

Segui Valerio su Twitter: ​@thalideide