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Il Partito Democratico romano è dentro fino al collo a Mafia Capitale

Se fino a qualche giorno fa il problema principale del PD romano erano le brutte figure e la Pa​nda di Ignazio Marino, l'inchiesta Mafia Capitale ha dimostrato che il centrosinistra ha guai molto più grossi.

​Comizio conclusivo di Ignazio Marino in piazza San Giovanni, 24 maggio 2013. Foto di ​Federico Tribbioli.

Da quando Roma si è risvegliata invischiata nel M​ondo di mezzo, una delle parole che ho sentito di più in giro è stata fasciomafia. In effetti, nell'ordinanza di custodia cautelare per l'inchiesta Mafia Capitale, il gruppo criminale guidato da Massimo Carmi​nati viene def​inito "punto d'arrivo di organizzazioni che hanno preso le mosse dall'eversione nera."

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Nonostante questo alone nero originario, sembra però che nella Mafia Capitale ci sia posto per tutti—specialmente nel mondo di sopra, quello "dei vivi" e dei potenti. E il Partito Democratico romano, il cui problema principale fino a pochissimo tempo fa erano le brutte figure e la Pa​nda di Ignazio Marino, c'è dentro fino al collo.

Già dal primo giorno, infatti, oltre a quello di Alemanno— indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso—e del consigliere regionale di Forza Italia Luca Gramazio—la cui posizione è parecchio delicata, visto che ora si parla pure di brogli​ elettorali—sono iniziati a circolare altri nomi, appartenenti al PD: l'assessore alle Politiche abitative del Comune di Roma Daniele Ozzimo, il presidente dell'Assemblea capitolina Mirko Coratti e il consigliere regionale Eugenio Patanè.

Il terremoto non si è fermato qui: a mettere in imbarazzo tutti è Salvatore Buzzi, sodale del Cecato, presidente della Cooperativa 29 Giugno e punto di riferimento degli affari della "cupola." Di ora in ora spuntano foto, conversazioni e contatti tra esponenti PD e Buzzi, che tutti dicono di non conoscere e non aver mai visto, ma con cui alla fine tutti hanno avuto a che fare.

Andrea Colombo sul Manifesto ha riepilogato la storia della 29 Giugno, che nasce quando, uscito di galera, l'ex detenuto modello Buzzi decide di buttarsi nel mondo delle cooperative. Il suo sponsor principale è Angiolo Marroni, assessore al Bilancio della provincia di Roma e oggi garante dei detenuti nel Lazio.

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"A un certo punto," scrive Colombo, "parte nell'amministrazione Rutelli, parte in quella Veltroni, la 29 Giugno si allarga. Si fa consorzio, si trasforma in una potenza a Roma e non solo a Roma, diventando uno dei principali punti di riferimento della cooperazione sociale e della Lega delle cooperative nella capitale."

La reale portata della "cooperazione sociale" della 29 Giugno, però, tra appalti, mazzette e nomine, l'ha esplicitata lo stesso Buzzi in un' intercettazione: "Tu c'hai idea quantoce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno."

C'è una foto del 2010 che rende perfettamente l'idea dell'appoggio raccolto a destra e sinistra da Buzzi: l'hanno pubblicata tutti i giornali e vede seduti allo stesso tavolo l'allora sindaco Alemanno, l'ex capo dell'Ama Franco Panzironi (arrestato con Buzzi), l'assessore alla Casa Daniele Ozzimo (al tempo consigliere PD), Umberto Marroni (parlamentare PD e all'epoca capogruppo in Campidoglio) con il padre Angiolo, e infine l'attuale ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che allora era a capo della Legacoop. Poco più in là c'è anche un esponente del clan dei Casamonica.

Foto via ​Facebook.

E c'è un'altra cena a cui Buzzi, secondo il ​Fatto Quotidiano, avrebbe partecipato sborsando 10mila euro per ottenere un tavolo: quella di ​autofinanziamento del PD organizzata lo scorso 7 novembre da Matteo Renzi, che il presidente della 29 giugno—lo riferisce un suo collaboratore—ha sempre apprezzato "per il suo piglio decisionista."

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A ogni modo, i ​migliori affari Er Cecato e Buzzi li fanno con la giunta Alemanno. Le cose vanno così bene che alle amministrative del 2013, con Marino in vantaggio al primo turno, Carminati è preoccupato per una "sit​uazione irredimibile". Con la vittoria definitiva di Ignazio, per Mafia Capitale arriva il momento di riorganizzarsi. Così Buzzi "si mette la minigonna" e "va​ a battere" in Campidoglio, finché la "scuderia è pronta."

Il primo a finire nell'inchiesta è Mirko Coratti, indagato per corruzione aggravata e illecito finanziamento, che si è dimesso da presidente dell'Assemblea capitolina e autosospeso dal PD. Viene nominato più volte da Buzzi, che lamenta di avergli dovuto consegnare 10mila euro "solo per metterme a sedé a parlà." Centocinquanta mila euro, invece, per sbloccare un pagamento di 3 milioni di euro sul sociale. E alla fine Buzzi è contento: "Oh ma che… me sò comprato Coratti." In mezzo c'è anche l'aggiudicazione di un bando di gara riguardante la raccolta rifiuti e la nomina del capo del Dipartimento Politiche sociali di Roma.

Con la stessa accusa è indagato anche Franco Figurelli, capo segreteria dell'Assemblea capitolina, che avrebbe percepito mille euro al mese dalla cupola. Anzi, secondo l'ordinanza, sulla questione Politiche sociali "Figurelli è letteralmente a disposizione del gruppo di Buzzi per assicurare la nomina di una figura professionale a lui gradita" e "esprime eloquentemente l'immediatezza dei rendimenti dei nuovi investimenti in capitale istituzionale di mafia capitale."

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Buzzi si rivolge a Figurelli perché la neoincaricata Gabriella Acerbi non gli piace e al posto suo vorrebbe Italo Politano—che finirà direttore alla Trasparenza del Segretariato Generale e indagato. Il tutto non va in porto per colpa dell'opposizione dell'assessore alle Politiche sociali Rita Cutini, fino a ieri stranamente uno dei nomi che dovevano necessariamente saltare dalla giunta Marino. Buzzi scrive addirittura un messaggio al vicesindaco Luigi Nieri (SEL) a cui chiede aiuto: "Dacce una mano perché stamo veramente messi male con la Cutini."

Poi ci sono Eugenio Patanè—autosospeso dal PD—indagato per turbativa d'asta e illecito finanziamento che avrebbe preso soldi (10 mila euro) per pilotare appalti alla Regione a favore del gruppo; e Daniele Ozzimo— dimesso dall'incarico di assessore alla Casa e, anche lui, autosospeso dal PD—più volte definito da Buzzi nelle intercettazioni "un amico." Tanto che, al telefono con Alemanno, il capo della 29 Giugno co​nfessa di essere pronto a dare voto disgiunto alle amministrative del 2013: Gianni sindaco (che si dichiara "onorato") e Ozzimo consigliere.

Indagati a parte, tra le carte dell'inchiesta compaiono a vario titolo tanti nomi di esponenti del Partito Democratico. Ad esempio quello di Umberto Marroni, che la cricca di Mafia Capitale avreb​be voluto candidato sindaco, o quello di Micaela Campana, responsabile Welfare del PD ed ex compagna di Ozzimo.

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Lo scorso marzo, Buzzi aveva chiesto a lei e a Marroni—definiti "amici miei"—di presentare un'interrogazione parlamentare contro una decisione del Tar. Risale a quell'occasione il messaggio, riportato nelle carte, inviato dalla deputata a Buzzi: "Parlato con segretario ministro. Mi ha buttato giù due righe per evitare il fatto che mi bloccano l'interrogazione […]. Domani mattina ti chiamo e ti dico." Il testo si conclude con "Bacio grande capo." Campana poi si è ​difesa contro quello che ha chiamato un "linciaggio mediatico" ai suoi danni, dicendo che l'interrogazione ​non è mai stata presentata e che quello è un saluto che "io uso abitualmente."

Poi c'è Lionello Cosentino, segretario del PD di Roma, definito da Buzzi in un'intercettazione "proprio amico nostro" e sostenuto—insieme a Tommaso Giuntella—alle primarie, o "l'importanza di votare Enrico Gasbarra alle elezioni europee." O le chi​amate del presidente del Municipio di Ostia Andrea Tassone a Buzzi per risolvere un problema del cugino. Viene tirato in ballo anche l'eurodeputato PD Goffredo Bettini, cita​to come sponsor da Buzzi, e il capo segreteria di Marino, Mattia Stella.

L'ordinanza di custodia cautelare dedica inoltre un capitolo apposito a Luc​a Odevaine, membro del Coordinamento nazionale sull'accoglienza profughi, ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni, consigliere del Ministro per i Beni e le Attività Culturali Giovanna Melandri ed ex capo della polizia provinciale sotto Nicola Zingaretti. Uno di fiducia nel PD, insomma.

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Odevaine—che per non compromettere le sue possibilità di carriera ​ si era fatto cambiare una lettera del cognome dopo una condanna per droga—faceva ​soldi a palate con centri d'accoglienza e disperati e prendeva, secondo un'intercettazione, 5 mila euro al mese da Buzzi. Nel PD non si danno pace per l'abbaglio preso, e il suo coinvolgimento nell'inchiesta Mafia Capitale—anzi, il suo essere uno dei perni—è stato definito da Veltroni in una lett​era a Repubblica "uno choc angoscioso e sconcertante."

Alla luce di questo, il redivivo Movimento 5 Stelle ha iniziato a chiedere a gran voce lo scioglimento del Comune, inscenando una pro​testa in Campidoglio con occupazione e lancio di monetine verso Ignazio Marino al grido "Fuori la mafia dallo stato." Roberta Lombardi ha poi spiegato all'Espre​sso che la richiesta di scioglimento è in realtà "un modo per suggerire al sindaco Marino la via dignitosa delle dimissioni." Sul carro delle dimissioni stanno salendo anche altri, insospettabili, come Silvio Berl​usconi.

Salvatore Buzzi, Luciano Casamonica e Gianni Alemanno. ​Vi​a.

Nonostante rientri tra le ipotesi paventate, lo scioglimento non sembra però vicino. Il prefetto di Roma si è dato del tempo per "valutare le carte" e, incaricato dal Viminale, con una commissione d'indagine vaglierà gli atti amministrativi del Campidoglio per vedere se ci sono i presupposti. Nel frattempo, vorrebbe che Marino accettass​e la scorta.

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In questo contesto di caos totale, Matteo Renzi ha definito "un​o schifo" ciò che emerge dalle indagini e ha ordinato il commis​sariamento del PD romano, incaricando Matteo Orfini, presidente nazionale del partito, di fare pulizia. Quest'ultimo, come prima cosa, ha incontrato Marino garantendogli pieno sostegno da parte del partito poiché "la giunta Marino è stata un argine ai poteri criminali." Sostegno di cui non c'era alcuna traccia prima che esplodesse l'inchiesta, visto che il sindaco veniva caldamente invitato ad azzerare la giunta.

Una circostanza curiosa, infatti, è che chi fino a una settimana fa si stracciava le vesti per multe e pedonalizzazioni e invocava la risoluzione del "problema Marino" sembra sparito nel nulla. Gli stessi esponenti del PD romano che si erano riuniti a metà novembre al Nazareno chied​endo la testa del sindaco tacciono o si professano allibiti per ciò che sta emergendo—oppure, nella più inquietante delle ipotesi, sono indagati.

Anzi, Marino—che insieme al suo entourage è estraneo all'inchiesta—sembra essere passato da "inetto" a eroe dell'antimafia e può addirittura permettersi di pensare a un ​ secondo mandato. "L'unica possibilità per continuare con quel metodo era togliermi di mezzo," ha de​tto in un'intervista.

Anche Matteo Renzi, che più​ volte aveva mandato il suo vice Lorenzo Guerini in Campidoglio per pressare Marino, ora punta sul sindaco, mentre si prepara a cogliere l'occasione di fare piazza pulita del PD romano e infilarci finalmente i suoi.

A livello nazionale, intanto, tutti gli esponenti del Partito Democratico si uniscono allo "schifo" espresso dal premier, auspicano che la magistratura chiarisca e non riescono a capacitarsi di come una cosa del genere sia potuta accadere proprio a loro.

E mentre pubblica video spot su nuove misure in tema di corruzione per cercare di ridare un minimo di credibilità al suo partito, Renzi si affretta anche a dire che non lascerà "Roma in mano ai ladri," perché "la Capitale è troppo bella per lasciarla in mano a della gentaccia. Camminate a testa alta perché questo è il tempo della giustizia . Noi facciamo pulizia al nostro interno".

È la solita teoria delle mele marce—non si sa per quanto ancora destinata a reggere.

Segui Claudia su Twitter: ​@clatorrisi