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Una festa dall'altra parte della città

È ampiamente dimostrato che basta veramente poco per tirare su le feste più epiche della storia. Per sicurezza, ce lo siamo fatti spiegare da un organizzatore di rave.

Un manto erboso, un generatore e siamo a posto

Se vuoi conoscere le migliori feste, segui Desperados e condividi i tuoi migliori momenti con #partyinstinct.

Ok, quel detto secondo cui l’erba del vicino è sempre più verde risulta il più delle volte una superstizione che passa quando raggiungi una certa consapevolezza e stima di te stesso. Ci sono volte, però, in cui davvero basta andare a curiosare nei prati dei vicini per trovarsi di fronte a vere sorprese. Stiamo parlando di quando i tuoi vicini organizzano un rave.

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È ampiamente dimostrato che basta veramente poco per tirare su le feste più epiche della storia: quello che serve è un posto dimenticato da Google Maps, possibilmente in prossimità di un cavalcavia, per dare quella svolta industriale che non guasta mai, un generatore, un po’ di birre e stai iniziando a pensare da raver.

Chiaramente chi tira su una festa del genere non sempre è ben disposto a fornire nome e cognome alla stampa, dato che non tutti sono d’accordo con la loro idea di gestione dello spazio urbano. Quindi non vi diciamo chi è il guru dei rave che abbiamo intervistato, ma tanto i nomi sono purissimi accidenti, e a noi non interessano; quello che ci interessa è scucire da questo maestro di cerimonie qualche dritta su come imbastire un party indimenticabile. Non c’è bisogno di specificare che la prima regola del creatore di rave è essere dotati di un #partyinstinct non indifferente, che permetta di scovare il posto perfetto, di tirar su una lineup da battaglia e di trovare il modo per diffondere il verbo senza che arrivi qualcuno a interrompere il divertimento sul più bello.

Come sei entrato nel giro dei rave?
Per caso. Con un gruppo d'amici abbiamo fatto una festa. Eravamo in dieci, li avevo conosciuti quasi tutti in un giro di feste techno. Attraverso il passaparola siamo entrati in contatto con un gruppo di squatter che occupava una vecchia scuola. Ci è sembrata la location ideale.

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Perché un edificio disabitato ha di più da offrire di un normale club? 
Eravamo giovani e avevamo l'urgenza di creare qualcosa di nuovo, di strabiliante. Avevo sentito parlare dei rave, ma non ci ero mai stato. E poi volevamo semplicemente organizzare una festa su misura per noi, senza costrizioni esterne. Tirarla su da zero in un posto così ci sembrava la cosa più semplice, immediata ed economica. E la location era di per sé una figata.

Ce la puoi descrivere?
C'era uno scantinato vuoto e umido, e cemento dappertutto. Era parte di un cortile che si trovava nel centro dell'edificio.

Come hai fatto a spargere la voce?
Nell’unico modo che avevamo: abbiamo mandato una mail a tutti quelli che conoscevamo.

E poi?
Abbiamo ripetuto quella festa quattro volte. Poi ho smesso perché stava diventando una scocciatura. Qualche anno dopo ho pensato di rifarlo, perché mi piaceva l'idea di organizzare qualcosa senza avere nessun permesso. Allora ho pensato a un setup più semplice: un prato, un generatore, e via.

Come trovavi gli spazi ideali?
Giravamo in macchina e prendevamo spunto da altre feste. Ora c'è Google Maps. Trovare uno spazio al chiuso è più difficile, devi utilizzare il tuo network. Non c'è più tanta gente che ha a disposizione begli spazi interni.

Adesso comunicate le vostre feste in modo diverso?
Ora facciamo tutto attraverso Facebook. La prima edizione di Emma è stata organizzata esclusivamente attraverso il passaparola. Abbiamo distribuito 150 biglietti da visita con solo un numero di telefono: chiamavi e rispondeva una segreteria telefonica, dandoti tutte le informazioni necessarie. Molto vecchio stile, ma alla gente piaceva perché era un po’ come una caccia al tesoro. Alla fine sono arrivate cinquecento persone.

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Perché l'hai chiamato Emma?
Volevamo un nome femminile in modo tale che lo si potesse usare in conversazioni casuali senza far capire agli altri che stavi parlando di un rave. “Vieni anche tu da Emma?” sembra una frase per una festa di compleanno. E poi così facendo abbiamo creato un bel personaggio immaginario. Molti pensavano che fosse veramente una certa Emma ad organizzare il rave.

Hanno mai scoperto che eri tu?
No, solo i miei amici lo sanno. Preferisco così.

Stai lavorando ad altri rave?
Non vedo l’ora di ricominciare! Spero di organizzare qualcos'altro di clamorosamente epico, altrimenti non vale la pena e il rischio.

Ad esempio?
Il mio lavoro mi tiene abbastanza impegnato, quindi trovare un'altra location non è facile. L'anno prossimo è il decimo anniversario del mio primo rave. Dovremmo veramente trovare un modo per celebrare. In uno scantinato. O sotto un viadotto, un posto inedito, mai usato prima. Un capannone. Qualsiasi posto… mi basta che ci possano stare cinquecento persone. Non di più, perché potrebbero creare problemi.

Qual è la tua location da sogno?
Mi piacerebbe organizzare un rave in una fermata della metropolitana in costruzione. Ci ho provato, una volta, ma all'improvviso è comparsa la security. Prima non c'era mai nessuno. Ho dovuto annullare l'evento all'ultimo momento.

Pensi di riuscirci un giorno?
Probabilmente no, ma non mollo!