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Perché l'FBI sta ancora cercando la Pantera Nera Assata Shakur?

Ancora oggi, 40 anni dopo essere stata dichiarata una fuggitiva, la 67enne afroamericana e madrina di Tupac Shakur si nasconde dall'FBI e dalla lista nera dei terroristi in cui è stata inserita a maggio dell'anno scorso.

Immagine via New Jersey Department of Corrections

L'attivista Assata Shakur sta tenendo un profilo più che mai basso. Ancora oggi, 40 anni dopo essere stata dichiarata una fuggitiva, la 67enne afroamericana nata come JoAnne Chesimard si nasconde dall'FBI a Cuba. Shakur era un membro di primo piano dei gruppi Pantere Nere e Black Liberation Army, e fu oggetto di una vera e propria caccia all'uomo dopo essere stata indicata come principale indiziata per una serie di rapine e di omicidi di agenti della polizia di New York nei primi anni Settanta.

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Nel 1973 Shakur venne fermata sull'autostrada del New Jersey grazie a un posto di blocco degli agenti Werner Foester e James Harper. Non ci volle molto perché la situazione precipitasse, culminando in un conflitto a fuoco che fece due morti su cinque e lasciò numerosi quesiti irrisolti. Accompagnata dai due attivisti Zayd Shakur (nato James Coston) e Sundiata Acoli (Clark Squire), Assata si ritrovò con tre proiettili in corpo e un braccio praticamente paralizzato. Questo è quanto sostengono Vibe magazine, l'NPR e la stessa Shakur nella sua recente autobiografia. Ma l'FBI e la stampa mainstream (comprese Fox News, lo Star-Ledger del New Jersey e la Associated Press) raccontano una storia diversa.

Secondo i federali Shakur sparò e uccise a sangue freddo l'agente Foester, e successivamente cercò di scappare. Fu dichiarata colpevole dell'omicidio di Foester nel 1977, ma scontò solo due anni in prigione grazie all'evasione del 1979 e alla successiva fuga a Cuba nell'84.

La sua vicenda è passatta tuttavia alla storia soltanto a maggio del 2013, quando Shakur è diventata la prima donna a essere inserita nella lista nera dei terroristi dell'FBI—la stessa in cui compaiono il dirottatore di aeroplani Mohammed Ali Hammadi e il saudita Saliih Mohammed al Yacoub. “JoAnne Chesimard è una terrorista americana che ha ucciso un agente secondo le dinamiche proprie di un'esecuzione,” ha dichiarato l'agente speciale dell'FBI Aaron T.Ford in un comunicato stampa del maggio 2013 riferendosi all'inserimento di Shakur nella lista. “Oggi è l'anniversario della morte dell'agente Werner Foester, e voglio che gli americani sappiano che non ci fermeremo finché la fuggitiva non sarà consegnata alla giustizia.” Perché dunque, all'improvviso, Shakur è tornata a essere una minaccia, a distanza di decenni dalla sua fuga?

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Per capire perché questa piccola donna del Queens sia considerata pericolosa tanto quanto nomi apparentemente legati a Hezbollah o Al Qaeda, è necessario tornare un po' indietro. Per farlo bisogna unire i puntini tra le citazioni fatte nei testi di rapper come Common e Chuck D, il movimento del black power e le tensioni tra gli attivisti di colore e il governo americano. Solo così è possibile farsi un'idea su Shakur: è un amico o un nemico? Una criminale fuggitiva o un'eroina per i figli del black power e del movimento per i diritti civili?

“Alle elementari, durante il mese della storia nera, tra le immagini di Rosa Parks o M.L.King, non si fanno lezioni su Assata Shakur,” ha affermato con una risata lo scrittore e blogger Michael Denzel Smith. “La sua non è una storia di cui si parlava. Ma nella mia adolescenza ho cominciato ad ascoltare hip hop e diversi artisti della scena underground. È così che ho sentito il nome di Assata.” Nato nel 1986, Smith non ha fatto parte della generazione dell'East Coast venuta a contatto con i manifesti del New York Daily News  presenti ad ogni angolo della città e indicanti Assata Shakur come ricercata per una serie di crimini commessi a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta.

Furono invece i rapper prodotti dalla Rawkus Records—Mos Def, Talin Kweli, Pharoahe Monch—così come "A Song for Assata" di Common e Cee Lo-Green a stimolare l'interesse di Smith per la storia di Shakur. Tupac, che era figlioccio di Assata e figliastro del fratello Mutulu Shakur, la cita in "Words of Wisdom". Afeni Shakur, la madre di Tupac, faceva parte della Black Liberation Army come Assata. I suoi rapporti con la musica vanno oltre, tanto che la ritroviamo anche nei testi del rapper e poeta Saul Williams, che la cita a destra e a manca. “Se vuoi capire Tupac devi leggere l'autobiografia di Assata Shakur,” scriveva qualche settimana fa Drew Millard su Noisey. “Quella è sua zia. È stata inserita nei terroristi più ricercati d'America… per qualcosa che è successo nel 1976, e secondo la versione della vicenda data dal COINTELPRO.”

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Il COINTELPRO è il programma dell'FBI che dal 1956 al 1971 raccolse informazioni su anti-terrorismo e controspionaggio. Il programma raggruppava il Black Liberation Movement, le Pantere Nere e altre organizzazioni nere insieme al Partito Comunista degli Stati Uniti, al partito socialista dei Lavoratori e al Ku Klux Klan—tutti terroristi, secondo il Bureau. In poche parole, non era il massimo della costituzionalità, e come disse l'FBI stesso, “seppur con obiettivi limitati… il programma fu giustamente criticato dal Congresso e dal popolo americano per aver violato il Primo Emendamento.”

Il COINTELPRO sfumò quando un'irruzione nel marzo del '71 negli uffici dell'FBI rivelò centinaia di documenti che testimoniavano la stretta sorveglianza posta dall'agenzia governativa su vari gruppi di attivisti. Come:

Via FBI

Il governo, insieme alle forze dell'ordine locali, ha segretamente monitorato, contattato in forma anonima e arrestato senza sosta membri del black power. Hanno anche fatto deliberatamente uso di giornali ed emittenti radio per influenzare l'opinione pubblica. Strategie come queste danno un'idea del livello di minaccia alla coesione nazionale rappresentato da Assata e altri nazionalisti di colore—un livello sufficientemente alto da richiedere l'implementazione di un programma come il COINTELPRO.

Secondo il rapper Akala, è il fatto che Assata sia una donna di colore e radicale in sé ad averle assicurato un posto sulla lista dei più ricercati d'America. “È una minaccia,” mi ha spiegato. “Ma non nel senso che il governo e l'FBI vogliono farci credere. È una minaccia in quanto è riuscita a scappare. Quasi tutti i rivoluzionari neri di quell'epoca sono stati uccisi, imprigionati o esiliati.” Akala elenca una lunga serie di nomi, da Huey Newton a Malcolm X, Geronimo Pratt e, chiaramente, Martin Luther King Jr. Con un tono stanco e impaziente, come se fossero cose che ha già detto troppe volte, Akala ha continuato, “Quando il governo americano dice che Assata Shakur è una minaccia, si riferisce a ciò che rappresenta—una donna di colore che non ha accettato nessun compromesso con la supremazia bianca, e che è scappata verso il campo degli 'schiavi fuggiaschi' di Cuba (così come lo definisce)."

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Akala tocca un punto cruciale, evidenziato anche dalla storica americana del ventesimo secolo Anna Hartnell: la presenza di Assata Shakur sulla lista è allo stesso tempo ridicola e perfettamente logica. “Il perché oggi il governo degli Stati Uniti voglia rivangare la questione rimane misterioso e inquietante,” mi ha scritto Hartnell via mail. Quando abbiamo parlato al telefono ha dichiarato: “se davvero la stanno cercando per le ragioni rese note, non ha alcun senso. In passato è stata una grossa minaccia, e oggi gli Stati Uniti ammettono di essere ancora interessati a lei.”

Ne sono ancora interessati perché le idee di Assata Shakur vanno contro tutta la logica del progresso americano. Ha vissuto in un'America diversa dall'eccezionale centro di gravità post-razziale che oggi tutti decantano. Dal suo punto di vista, la storia di una nazione costruita sulla supremazia bianca e sulla schiavitù afroamericana non può essere così semplice. “L'America è convinta di essere la più grande nazione sulla faccia della Terra, la migliore. E per questo ha bisogno di una storia che le calzi a pennello. Raccontano questa storia, così l'impressione è che le cose non siano così cupe come nella realtà," ha concluso Smith sottolineando la logica che Shakur ha contribuito a smascherare.

Shakur mette in discussione una logica perfettamente funzionante. Per l'FBI, molto semplicemente, quel livello di dissenso non è accettabile. La sua sopravvivenza nel corso di decenni che hanno visto altri radicali imprigionati, uccisi e incarcerati va contro il piano del Bureau per "neutralizzare" e "scoraggiare" le attività dei nazionalisti neri. E in questo senso, forse, è legittimo che siano ancora sulle sue tracce. E che lei continui a tenere un profilo più che basso.

Assata: An Autobiography di Assata Shakur, con prefazione di Angela Davis e Lennox Hinds, è edito da Zed Books.

_Tshepo è una giornalista del _Guardian—seguila su Twitter.