Le magnifiche ville degli emigrati rumeni

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Le magnifiche ville degli emigrati rumeni

Foto delle case di campagna a cui i lavoratori rumeni all'estero sperano, un giorno, di tornare.

Ehi, xenofobi! Vi siete mai chiesti dov’è che tutti quegli immigrati rumeni che vi hanno rubato il lavoro hanno speso i vostri soldi? A quanto pare, nella costruzione di strane, enormi magioni in cui nessuno vive, e nell’organizzazione di funerali stravaganti nelle loro città natali. Il fotografo rumeno Petrut Calinescu ha viaggiato per il nord della Romania per scoprire come la cultura dell’emigrazione abbia cambiato il volto dei tradizionali villaggi rumeni.

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L’ho chiamato per parlare del suo progetto, Pride and Concrete.

VICE: Com’è nato Pride and Concrete? Qual è l'idea da cui trae origine?
Petrut Calinescu: Ho visitato più e più volte la Transilvania del nord, dove le foto sono state scattate, negli ultimi 10-15 anni. All’inizio ero affascinato da come le zone rurali di quest’area avessero conservato le loro tradizioni e il loro legame con l'agricoltura di sussistenza, una forma piuttosto arretrata. Ma lentamente è cambiato tutto—la gente è andata a lavorare all'estero e i villaggi sono rimasti deserti.

Ho iniziato a sentirmi frustrato, perché cercavo quel tipo di immagine romantica degli ultimi contadini, ma trovavo sempre più ville moderne e auto straniere a rovinare il mio idillio. Ho realizzato a quel punto che tutta una storia si stava sviluppando attraverso le mie foto, la storia del modo in cui il mondo tradizionale e quello moderno coesistono a causa di chi lavora all’estero e invia denaro a casa.

Qual è la storia di cui hai immortalato il corso con le tue foto?
Durante l’anno, alcuni villaggi in Romania rimangono deserti. Sono completamente silenziosi e l’unico rumore è quello delle betoniere e dei passi degli anziani che camminano per i cantieri come fossero ispettori. Questi luoghi riprendono vita ad agosto, quando tutti tornano a casa per partecipare ai matrimoni, che tradizionalmente avvengono tra emigrati rumeni. Ci possono essere più di 60 matrimoni nel giro di un paio di settimane.

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Qual è l’alternativa, per chi vuole restare in Romania?
Non ci sono molte opportunità da quando agricoltura e industria sono collassate. Stanno tutti cercando una via di fuga. Solo pochissimi giovani vanno a studiare nelle città vicine. Ma studiare non è un'occupazione diffusa, perché si tratta di un investimento a lungo termine e perché una laurea non garantisce un buono stipendio, se paragonato a quello che si ottiene facendo lavori manuali all’estero.

Perché la gente costruisce queste case, se vuole vivere all’estero?
Quasi tutti quelli che se ne vanno hanno in mente di tornare, a un certo punto. Fino a quel momento lavorano sodo e investono i soldi per avere un bel posto dove vivere, una volta tornati a casa.

Sai quanti dei soldi provengono alle famiglie da quelli che lavorano all'estero?
Penso che ogni famiglia abbia almeno un membro che lavora all’estero. Prima della crisi globale, l’economia rumena era in crescita. Non per un qualche motivo speciale, ma soltanto grazie al denaro spedito a casa dagli emigrati, che veniva investito in patria.

Sul tuo sito parli del fatto che chi resta in patria guarda gli emigrati dall’alto in basso. Perché?
Non credo ci sia un vero motivo. Penso che spesso chi lavora all’estero sia gente semplice, che, una volta tornata in patria con più soldi di quanti ne potrebbe guadagnare un professore in Romania in tutta la sua vita, può comportarsi in modo stupido, per ostentare la ricchezza acquisita. I “professori” non apprezzano.

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Ci sono molte persone che poi, effettivamente, ritornano a vivere in queste grandi case?
In realtà no, la maggioranza rimane all’estero. Pochi hanno un lavoro in regola, il che significa che non c’è una pensione ad aspettarli, poi, in Romania.

Non credi sia dura tornare indietro, dati i cambiamenti enormi avvenuti durante la loro assenza?
È difficile da dire, perché ogni villaggio, ogni comunità, ha il suo modo peculiare di relazionarsi all’Europa occidentale. Ci sono posti che gli abitanti lasciano solo temporaneamente, per tre o sei mesi, il che significa che vivono più a casa che all’estero. Per chi però vive all’estero tutto l’anno, invece, sarà molto difficile convincere le nuove generazioni, che stanno frequentando scuole europee, a tornare in Romania e rifarsi una vita lì.

Petrut ha organizzato una raccolta fondi per pubblicare il suo libro. Per sostenere il suo progetto, clicca qui.

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