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Attualità

Siamo andati alla prima del film sulla vita di Fabrizio Corona

Siamo stati alla prima del nuovo documentario su Fabrizio Corona, per capire quanto e com'è cambiato l'uomo che per anni ha dominato la cronache scandalistiche italiane.
Niccolò Carradori
Florence, IT

A quasi tre anni dalla fine di quella breve epopea suppurante ego e camicie stretch che è stata la sua vicenda giudiziaria e mediatica—con annessi lanci di mutande, claim scopiazzati da film sulla malavita, e dissertazioni semantiche sul cazzo di Adriano—ieri sera Fabrizio Corona ha finalmente fatto la sua ricomparsa per presentare un documentario sul suo presunto percorso spirituale, scritto e diretto da Jacopo Giacomini e Roberto Gentile: Metamorfosi.

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Metamorfosi è stato girato subito prima della condanna per estorsione a David Trezeguet, alla fuga in Portogallo, e al conseguente pentimento che l'ha portato a costituirsi e a passare prima dal carcere e adesso a quella specie di incubatrice per personaggi devianti sotto l'attenzione dell'opinione pubblica che è la comunità di Don Mazzi.

Secondo quanto traspariva dal trailer pubblicato sulla pagina Facebook di Corona, sarebbe dovuta essere una specie di cronistoria della conversione di Fabrizio, attraverso l'intervento di—e cito direttamente dalla sinossi—"psicologi, psicoterapeuti, trainer di crescita personale, maestri di vita."

Questo percorso Corona lo ha intrapreso grazie a Jacopo Giacomini, un ex imprenditore che proprio come Fabrizio aveva deciso di redimersi dal capitalismo egotico e di scoprire il significato della vita. A quanto pare Giacomini è un aspirante counselor, e Metamorfosi Srl è appunto il progetto di counseling per la crescita spirituale che porta avanti con Roberto Gentile, coautore del documentario.

È abbastanza pacifico giungere alla conclusione che l'idea iniziale fosse un colpo di biliardo di pubbliche relazioni per far conoscere l'ennesimo sistema di empowering grazie a un personaggio famoso, e al contempo sfruttare la storia per sistemarne l'immagine. D'altra parte stiamo attraversando un'era geologica in cui la riformattazione dei personaggi pubblici è pervasiva.

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Però ovviamente era anche la prima uscita pubblica di un personaggio appena uscito dal carcere che ha saturato l'opinione pubblica per diverso tempo, tanto da diventare uno degli esempi principali di malagiustizia per il gentismo: "In Italia c'è gente a piede libero che ha [inserire reato] e Fabrizio Corona sta in carcere per le foto."

Visto che negli anni ho sempre seguito con interesse lo sviluppo della questione Corona, e che mi sono anche letto il memoriale che scrisse dal carcere durante il suo primo arresto, ieri sera mi sono presentato davanti al cinema Odeon di Milano, per vedere con i miei occhi lo stato in cui versa il personaggio di Corona. A cui il giudice di sorveglianza ha concesso di presenziare alla prima del documentario.

Arrivo davanti al cinema alle 18, e una piccola folla è già raggrumata attorno al loggiato sotto cui si muovono i cameraman e i fotografi che hanno risposto al richiamo dell'ufficio stampa dell'evento.

I presenti sono perlopiù amici di Corona: quel genere di personaggi che nonostante affondino fino alla cintola nell'anonimato si mettono continuamente a favore di fotocamera. La restante percentuale dei presenti è composta da giornalisti.

I curiosi arrivati senza invito sono pochissimi, segno del fatto che o la campagna stampa non è stata troppo incisiva, o l'appeal di Corona è ormai svanito in questi tre anni in cui l'ecosistema culturale di cui faceva parte ha subito un crollo decisivo.

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Molti dei personaggi che si aggirano all'interno del perimetro del cinema, infatti, sembrano residuati bellici della fauna da evento tipica del ventennio berlusconiano, anche se non c'è nessun nome degno di particolare nota.

Uno dei pochi che riconosco è un ragazzo massiccio con una giacca a righe verdi e bianche, che ha fatto la comparsa in una scena fondamentale di The Lady. E che credo possa riuscire più di tutti a trasmettere il genoma del pubblico della prima di Metamorfosi.

Quasi tutte le persone con cui parlo per ammazzare il tempo prima della proiezione non vogliono esporsi né sulle aspettative che nutrono per il film, né sul ritorno di Corona dal carcere.

L'unico che si sbilancia in dichiarazioni degne di nota è il legale di Fabrizio, Ivano Chiesa, che si impegna soprattutto a chiarire che la presenza di Corona fa parte di un percorso di risocializzazione. "Sta dimostrando di essere un uomo migliore, che viene trattato come tutti i detenuti."

Finalmente le porte della zona stampa si aprono, e gli incaricati per il rilascio degli accrediti ci fanno accomodare in sala per l'inizio della proiezione. Corona ancora non è arrivato, ma dopo un po' sale sul palco Jacopo Giacomini e inizia a introdurre il suo lavoro.

Spiega che ha conosciuto Fabrizio quando ancora era un imprenditore nel ramo dell'advertising online, e che ha deciso di coinvolgerlo nel suo percorso di crescita spirituale dopo che si è accorto della sofferenza interiore che Corona stava provando: del suo atavico attaccamento al denaro e alla notorietà. Dopodiché lascia che sia il documentario a spiegare come e soprattutto perché Corona abbia deciso di intraprenderlo insieme a lui.

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Dopo circa un quarto d'ora, nella sala già buia, arriva finalmente Fabrizio, scortato da un trenino di guardie del corpo e luci al sodio.

Per i successivi 84 minuti, il pubblico della sala è sottoposto a una serie di scene in cui viene sviscerata l'essenza del personaggio Fabrizio Corona, decostruita e analizzata attraverso una miscellanea astrusa di tecniche di respirazione, teorie di psicologia positiva d'accatto, e carrellate di meditazione di gruppo.

Fin dalle prime scene, è subito chiaro che Jacopo Giacomini è l'accollo che tutto il genere umano vorrebbe evitare: un convertito alle teorie di Eckhart Tolle e Osho con un'impresentabile coda di cavallo che si insinua nella vita di Fabrizio e tenta di portarlo alla felicità attraverso le esperienze a cui si dedicano i cinquantenni con i pantaloni di juta in crisi di mezza età inframmezzate da frasi tipo "siamo miracoli viventi che camminano."

Obbliga Corona a urlare con lui in un campo, a respirare forte nello studio di una terapeuta del Rebirthing Transpersonale, a farsi massaggiare il petto da uno psicoterapeuta esperto di una roba chiamata Integrazione Posturale, e affidarsi ai consigli di un clown professionista che non si capisce per quale motivo è anche una guida spirituale. In realtà non si capisce bene nemmeno perché dovrebbe esserlo Giacomini.

Fabrizio, infatti, mostra una repressa insofferenza praticamente per tutte le attività liberatorie a cui viene sottoposto, ed è lodevole l'impegno con cui tenta di controllarsi dal mandare a fanculo tutti.

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La sequenza più bella è quella in cui una ragazza sudamericana spiega commossa come durante una sessione di visualizzazione creativa abbia visto l'immagine di suo padre e subito dopo Corona racconta che dopo aver respirato a fondo per cinque minuti si è addormentato.

I pochi momenti in cui il pubblico in sala applaude di getto sono quelli dove Fabrizio lascia trasparire la sua essenza da scugnizzo in tutto quel filare di orientalismi triti e pessime acconciature.

L'unica scena veramente degna di nota è quella in cui la madre di Corona fa un cazziatone al figlio di fronte a Giacomini, con il povero Fabrizio seduto in silenzio sul bracciolo della sedia su cui lei sta seduta. Probabilmente un professionista con un'abilitazione seria in terapia relazionale si concentrerebbe solo su questo.

Pian piano il documentario sembrerebbe voler svoltare verso una comprensione profonda da parte di Corona, ma proprio quando sembra che Fabrizio cominci ad acclimatarsi un minimo alle sedute di meditazione comune e ad abbracciare spontaneamente degli sconosciuti, viene arrestato.

Si scopre così che proprio durante le riprese del documentario è arrivata la condanna di Corona, la sua fuga in Portogallo, e tutta quella sequela di eventi che lo hanno portato al gabbio.

Quindi niente catarsi, niente espiazione, niente rinascita spirituale: solo qualche massaggio ed esempi di iperventilazione. L'ultima scena tracima in un nonsense che si lega perfettamente all'utilità della terapia: Jacopo Giacomini, al culmine della sua scesa spirituale, si ritrova nel campo dove urlava con Fabrizio e un piano sequenza si allontana sempre più da lui, fino a inquadrare l'Italia, quindi l'Europa, quindi la Terra, quindi lo spazio. Fino a che tutto termina nella microparticella dell'occhio di una mosca, che viene schiacciata senza pietà da due mani che applaudono. E parte un coro gospel.

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Finita la proiezione Giacomini e Corona salgono sul palco per qualche dichiarazione. Fabrizio informa gli spettatori che non è disponibile a rilasciare interviste, perché il giudice di sorveglianza gliel'ha vietato: dice soltanto che il carcere era il grande dolore di cui aveva bisogno per destare la sua coscienza e riprendere la retta via. Dove non ce l'ha fatta il risveglio transpersonale, quindi, è riuscito il gabbio.

L'addetta stampa chiede ai giornalisti se ci sono domande, ma in sala cala il silenzio. Così dopo poco Corona scende dal palco, e si dilegua senza mostrarsi più tanto ai fotografi. Che infatti si lamentano accanitamente con i responsabili stampa.

Fondamentalmente tutti erano qui per vedere e capire quanto e come fosse cambiato lo scugnizzo del giornalismo scandalistico italiano, ma né il film, né lui sono riusciti a fornire una risposta alla domanda "Corona adesso perdona?"

Il mio sospetto è che questa proiezione più che un rilancio sia stato il suo canto del cigno. D'altra parte, il popolo non salvò Barabba perché si desse all'Ayurveda.

Uscendo dal cinema ho l'occasione di testare il disinteresse per la tentata conversione di Corona attraverso il confronto con un altro capitello dell'immaginario trash italiano: Daniele Interrante.

Gli chiedo cosa pensa del film, e lui liquida la questione fra una sbuffata e una considerazione sull'introspezione di Corona, per poi dileguarsi rapidamente con un gruppo di ragazze sorridenti.

E se neanche il barometro dell'interesse di Daniele Interrante registra alcuna reazione, allora vuol dire che è proprio finita.

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